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Riflettere per giudicare

(15 Agosto 2006)

La decisione del governo di centrosinistra di far partecipare l'Italia con sue truppe alla forza internazionale di interposizione, che dovrebbe garantire la “tregua” tra Israele e Libano, sta per scatenare, all'interno della cosiddetta “sinistra radicale”, la solita discussione sul giudizio da dare e sull'atteggiamento (parlamentare) da assumere.

La discussione verterà, ovviamente, sulla natura della missione (quando c'è l'ONU di mezzo è possibile sottrarsi, senza violare le regole fondamentali di appartenenza a quell'organizzazione? Ecco uno dei temi, tanto per fare un esempio) e sulle “regole d'ingaggio”, a partire da quelle che potrebbero prevedere, da parte delle forze di interposizione, la garanzia dell'esecuzione dell'ordine di disarmo per gli Hezbollah.

Si dirà che i rischi sono altissimi (lo ha già affermato Andreotti): l'esercito libanese non ha la forza per assumersi da solo il peso di questa operazione e conta, in una dimensione assolutamente decisiva sul contributo esterno (questo vuol dire: mezzi, uomini, danaro. Esiste, quindi, un problema di finanziamento della missione che, in sede parlamentare, già rifinanziate tutte le altre missioni, rappresenterà un particolare non trascurabile).

Quindi la forza di interposizione dell'ONU (Unifil) dovrà schierarsi lungo le colline libanesi cercando di puntellare proprio l'autorità dello stesso esercito libanese: questo può portare a frizioni serie con Hezbollah (un dato del tutto sottovalutato, ad esempio, nelle trionfalistiche dichiarazioni rilasciate da D'Alema nel corso del suo ultimo viaggio a Beirut), visto che dovrebbe essere previsto un passaggio di sovranità delle postazioni, dei posti di blocco, dei bunker (scavati un po' dappertutto) verso l'Unifil, prima, e l'esercito libanese dopo.

Questo, soltanto per fare un esempio: l'altro, che viene subito alla mente, riguarda il ritiro delle truppe israeliane (con quali modalità, quali tempi, chi garantisce).

Ecco, pronto, un primo tema di dibattito nella sinistra radicale.

Un secondo punto potrebbe essere rappresentato dalla composizione del contingente: nostalgie terzomondiste potrebbero far sorgere l'obiezione relativa alla presenza di truppe ex-coloniali e,quindi, far avanzare la proposta di un contingente formato, ad, esempio, da truppe africane oppure dell'Est europeo.

Ho svolto soltanto due semplici esemplificazioni per cercare di far comprendere un dato fondamentale: quanto sia arretrato, cioè, il dibattito nel corso di questi ultimi anni all'interno di quello che si è voluto definire movimento pacifista, nell'abbandono dell'analisi e della definizione delle categorie fondamentali, attraverso le quali verificare la situazione internazionale.

Spunti molto interessanti, sotto questo aspetto, ci vengono dall'intervista rilasciata al “Manifesto” dall'analista politico israeliano Michel Warschawski, laddove senza mezzi termini si dicono due cose fondamentali:
questa guerra sta dentro, completamente, al quadro della “Guerra preventiva” e dello “scontro di civiltà”. Si legge in quell'intervista: “Israele è una villa nel cuore della jungla, ha detto anni fa Ehud Barak. Si può mai intrattenere rapporti con la jungla?” Ecco, aggiunge Warschawski: questa è la guida della politica israeliana. Israele si crede l'avamposto della civilizzazione del mondo, nel cuore del mondo arabo, l'ultimo baluardo in seno alle barbarie. Questo il discorso che è passato e che allinea, perfettamente come si sapeva, Israele agli USA nella logica della guerra in Afghanistan ed in Iraq;
appare, inoltre, completamente ignorato dai più come questa guerra rappresenti anche un laboratorio, in termini di strategia, tattica, sperimentazioni di armi che Israele ha ricevuto in questi anni dagli USA: anche armi sconosciute.

In queste condizioni, allora, è giusto che cosiddetta sinistra radicale discuta nei termini indicati all'inizio : una discussione alla fine che consentirà il via libera alla missione, allineando di fatto il contingente Unifil ad Israele e agli USA?
Oppure non dovrebbero essere assunti i termini concreti indicati dal tipo di guerra che Israele ha scatenato, esprimendo una condanna netta e rifiutando qualsiasi appoggio a qualsivoglia tipo di missione, al di là del mandato ricevuto e delle regole d'ingaggio?
Mi pare non ci siano dubbi sulla risposta: ho tentato semplicemente di esprimere, nel modo più piano possibile, i termini della questione cercando, in tutta modestia, di far riflettere chi avesse qualche dubbio, dettato magari dall'emotività del momento.

Quanto al ruolo dell'ONU, ci sarà tempo per discuterne e potrebbe trattarsi anche di un dibattito non ozioso.

Savona, li 15 Agosto 2006

Franco Astengo

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