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(30 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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Iran: Prodi arruola navi e marinai italiani nella marina USA

(5 Novembre 2006)

Una leggenda indiana, riportata da Jung, sostiene che, quando un popolo occupa la terra di un’altra etnia, le anime dei guerrieri vinti e uccisi si reincarnano nei discendenti dei vincitori. Forse la stessa cosa accade per i governi: Prodi ha strappato il comando dalle mani di Berlusconi, ma una parte non indifferente del “popolo della sinistra” deve prendere atto che lo spirito è rimasto lo stesso. Forse il cavaliere è davvero alla fine della sua carriera politica, ma il berlusconismo si perpetua attraverso i suoi presunti avversari.

La cartina di tornasole è data dalla politica militare, che aveva fatto scoppiare forti proteste finché era gestita da Berlusconi. Riscontriamo lo stesso livello di irresponsabilità nelle decisioni dell’attuale governo, prova ne sia la partecipazione alla provocatoria manovra navale, condotta a breve distanza dalle coste iraniane. Per farsene un’idea, pensiamo come reagirebbero parlamento e governo se ci fosse un’esercitazione di navi russe, cinesi, iraniane e nordcoreane di fronte a Livorno o a Napoli.

Abbiamo criticato in tanti, dall’estrema sinistra fino a molti settori del centrosinistra, la vergognosa cortigianeria del governo Berlusconi verso Bush e il governo israeliano. Molti hanno favoleggiato di un’Italia europeista guidata da Prodi, che conducesse una politica di pace, seguendo le orme dell’asse franco tedesco. Noi, invece, non abbiamo mai creduto che l’Europa borghese potesse condurre una politica estranea ad ogni imperialismo e alternativa a quella americana, e abbiamo pubblicato diversi articoli che dimostravano il carattere illusorio di tale prospettiva. Oggi c’è la prova, perché contro l’Iran si sono coalizzati tutti i paesi d’occidente, è scomparsa la fronda franco-tedesca contro l’aggressione all’Iraq.

La base per le manovre nel Golfo è nel Bahrain, l’ammiraglia è la portaerei Eisenhower, con una squadra di incrociatori lanciamissili, una nave spia elettronica, una da sbarco e dragamine. L' Italia e gli altri partecipanti hanno fornito unità d' appoggio e motovedette. Gli USA stanno pensando ad un blocco navale, con la scusa d’impedire alla Corea del Nord di inviare materiali e tecnologie atomiche a Teheran. Non mancano, come in tutte le azioni provocatorie, le dichiarazioni sulle minacce di Al Qaeda contro le piattaforme petrolifere, un pretesto in più per restare in zona.

Manlio Dinucci informa che, dal 10 settembre, nel quadro dell'operazione Enduring Freedom, gli aerei della Enterprise hanno effettuato circa 200 missioni in Afghanistan, in appoggio alle forze Isaf, ormai sotto comando Nato: “In questa macchina da guerra è inserita l'Italia. Il contrammiraglio italiano, cui è affidata la Ctf 152, è agli ordini del vice-ammiraglio Walsh, capo del Comando centrale delle forze navali Usa; questo dipende dal Comando centrale Usa, il cui quartier generale è a Tampa in Florida; a sua volta il Comando centrale dipende dal segretario alla difesa Rumsfeld e questi dal presidente Bush. Il contrammiraglio italiano è quindi inserito nella catena di comando statunitense. La Ctf 152, infatti, non fa parte della Nato ma della marina Usa impegnata nell'operazione Enduring Freedom lanciata dal Pentagono nel 001.” (1)

Bravo Prodi! E’ riuscito ad arruolare i nostri marinai nella marina USA. Berlusconi non avrebbe saputo far meglio.

Vediamo anche le dichiarazioni del comandante della marina militare iraniana. La traduzione lascia a desiderare, ma il contenuto è interessante. Sostiene che le manovre hanno uno scopo propagandistico, perché introducono “90 unità marine nel Golfo Persico che è come un sacco con un unica entrata ed uscita... la possibilità di eseguire manovre particolari per le navi, sia di superficie che di profondità, è ridotta perché la profondità delle acque del Golfo non permettono azioni al di fuori delle acque con una certa profondità e queste acque sono tutte sotto il totale controllo della nostra marina.” “Queste manovre, come azione militare, costituiscono le manovre militari più stupide mai viste nel mondo, far entrare 90 unità in un sacco quando si sa che la strategia militare iraniana, nel caso di un attacco... si basa sulla immediata chiusura dello stretto di Hormoz...” (Hormoz è il nostro Ormuz n.d.r.)
“Abbiamo monitorato ogni nave, sia di superficie che di profondità, che è entrata nel Golfo Persico, tutte le unità si trovano nella rete di controllo delle nostre unità, sia di superficie che di profondità, estesa lungo tutto il Golfo Persico, siamo informati su ogni unità, le loro posizioni e le loro capacità, i loro armamenti e la loro tipologia di azione e il numero di militari a bordo come anche il nome del comandante.”
“Sono profondamente preoccupato dalla stupidità del nostro nemico più che dalle loro capacità militari, si sono messi in una situazione pericolosa, dopo pochi minuti dal primo attacco contro di noi, saranno annientati ma forse credono di usare la bomba atomica per fermarci!”
“Infilando 90 unità tra cui molti a propulsione nucleare, stanno causando danni incalcolabili alla natura e vita naturale delle acque in cui noi abbiamo interessi importanti.”
(2)

Occorre prendere con cautela queste affermazioni - in molti alti ufficiali d’ogni paese si scopre il propagandista e il “miles gloriosus”- ma c’è una parte di verità nelle sue affermazioni: un attacco all’Iran non sarebbe certo indolore né per i “liberatori” né per Israele.

Queste e altre provocazioni fanno parte di un piano, il cui scopo è mettere l’Iran con le spalle al muro, o la resa incondizionata o un attacco disastroso, peggiore di quello all’Iraq, perché qui verrebbero impiegate armi atomiche.

Questi problemi sono stati affrontati ampiamente in anticipo da studiosi e giornalisti di valore.

Nell’articolo, “Guerra atomica contro l’Iran”, Michel Chossudovsky scriveva, quasi un anno fa:

“I media hanno inequivocabilmente indicato in coro l’Iran come una “minaccia per la Pace Mondiale”. Il movimento anti-guerra si è bevuto le menzogne della stampa. Il fatto che gli USA e Israele stiano pianificando un olocausto nucleare in Medio Oriente non fa parte dell’agenda anti-guerra e anti-globalizzazione. Gli “attacchi chirurgici” vengono presentati all’opinione pubblica come mezzo per impedire all’Iran di sviluppare armi nucleari.”

La vecchia storia degli attacchi chirurgici, che centrano gli obiettivi senza colpire i civili, smentita dalle continue stragi, viene continuamente riprodotta. Evidentemente il governo degli Stati Uniti e tanti giornalisti compiacenti pensano che il pubblico sia composto da idioti.

Chi ha stabilito che l’esplosione delle nuove armi tattiche nucleari, “mini bombe” “a basso potenziale” sono sicure per i civili? Il Senato USA nel 2003. E’ vero che tra loro ci sono anche ex militari, ma la maggior parte non sa assolutamente nulla di armi atomiche. Hanno accettato acriticamente le dichiarazioni interessate del Pentagono, secondo il quale le “mini-bombe” (con una potenza inferiore a 5 kilotoni) sono innocue per i civili perché le esplosioni “hanno luogo sottoterra”. Scienziati mercenari si sono prestati ad avallare tale conclusioni.

Chossudovsky distrugge tali argomentazioni: se gettate da 12mila metri, le bombe penetrano nel terreno per sei metri, col terreno asciutto. Anche al limite inferiore di potenza di 0.3-300 kilotoni l’esplosione nucleare produce un cratere di materiale radioattivo, e un campo letale di radiazioni gamma su vasta scala. E aggiunge: “Ognuna di queste mini-bombe ...costituisce – in termini di esplosione e potenziale pioggia radioattiva – una frazione significativa della bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945. Stime della potenza per le bombe di Nagasaki e Hiroshima indicano che furono rispettivamente di 21 e 15 kilotoni. In altre parole le mini-bombe a basso potenziale posseggono una capacità esplosiva pari a un terzo della bomba di Hiroshima.” (3)

Sull’uso di queste armi Mordechai Vanunu ha detto, in un’intervista del dicembre 2005:

“Il governo israeliano si sta preparando ad usare armi nucleari nella sua prossima guerra col mondo islamico. Qui, dove io vivo, la gente parla spesso di olocausto. Ma ogni singola bomba nucleare costituisce da sola un olocausto. Può uccidere, devastare città, distruggere popolazioni intere.”

In questi giorni, in America si sviluppa un’alleanza che comprende militari, repubblicani conservatori e una parte dei democratici, per cercare di impedire a Bush e a Cheney di gettarsi nell’avventura iraniana. Nell’articolo “La rivolta dei generali alla vigilia del voto USA”, Jeff Steinberg, riporta una dichiarazione del colonnello dell’Air Force in congedo Karen Kwiatkowski: “L’amministrazione Bush ha piani di contingenza per bombardare i siti nucleari dell’Iran che non hanno l’approvazione dell’ONU. Qualche ufficiale sfaccendato della Marina o dell’Air Force fa pressioni per colpire l’Iran, ma le forze di combattimento di terra già sotto stress per i dispiegamenti eccessivi sono decisamente contrari ritenendola la peggiore delle guerre possibili”. Cita anche l’ex vice segretario di Stato Richard Armitage, ex ufficiale di marina, che ha detto: “Se la principale forza della regione — le Forze di Difesa Israeliane — non riesce a pacificare un paese come il Libano, che conta una popolazione di quattro milioni, occorre pensarci bene prima di riproporre lo stesso dispiegamento in Iran, che dispone di una profondità strategica e di una popolazione di settanta milioni ... L’unica cosa che i bombardamenti sono riusciti ad ottenere è unire la popolazione libanese contro gli israeliani”. (4)

Come si vede dalle parole appena lette, non si tratta di avversari dell’imperialismo, ma di un’altra corrente, interna al sistema, che si rende conto del pericolo che un’estensione della guerra all’Iran creerebbe per il predominio mondiale degli Stati Uniti.

Contrariamente a quanto sostiene l’articolo, non si tratta di “Votare contro il partito della guerra”. L’imperialismo non può permettersi di essere pacifico, se non a parole, e non c’è da sperare in un cambiamento totale di rotta in caso di vittoria dei democratici. I contrasti all’interno della classe dirigente, tuttavia, possono essere utilizzati se si sviluppa un movimento radicalmente antimilitarista, il che è più probabile in America che qui da noi.

L’Italia è in una situazione estremamente contraddittoria, perché partecipa alle provocatorie azioni militari degli USA e continua tranquillamente la collaborazione in campo petrolifero e il traffico d’armi col Medio Oriente, Iran compreso. A dimostrarlo, bastano poche citazioni trovate in Internet.

Il quotidiano iraniano Teheran Times intitola “Le compagnie petrolifere italiane continuano le operazioni in Iran ignorando lo stallo nucleare” e riporta le dichiarazione del presidente dell'Eni secondo il quale “la sua azienda continuerà le operazioni in Iran, senza considerare lo stallo sul nucleare tra Teheran e l'Occidente e le possibili sanzioni”. Lo stesso giornale ricorda che le operazioni dell'Eni sono in contrasto con la legge statunitense D'Amato, che prevede sanzioni le aziende che investono più di 20 milioni di dollari nelle industrie petrolifere iraniane.

L'Italia, tra il 2000 e il 2004, è stata tra i maggiori esportatori di materiali bellici in Medio Oriente e la prima fornitrice di armi al Libano. Chissà che le forze italiane, incaricate di bloccare il traffico di armi verso gli Hezbollah, non incappino in propri connazionali! I paesi occidentali, “portatori di pace”, hanno avuto, in questi stessi anni, un traffico d'armi e munizioni verso Iran, Sudan, Libia, Siria e Libano del valore di 327 milioni di dollari. L'Italia ha una fetta di 34,1 milioni di dollari, di cui 20 milioni di dollari con la Siria, e 13,8 milioni col Libano. “Le esportazioni italiane a Damasco hanno riguardato parti e accessori di mirini telescopici per carri armati, prodotte da Galileo Avionica, la società controllata da Selex Sensors and Airborne Systems (Finmeccanica 75%, Bae Systems 25%); nel caso del Libano, invece, le vendite sono state di armi leggere e munizioni... Secondo l'ONU, nel quadriennio 2000-2004 l'Italia ha portato a casa contratti per 303 mila dollari per la fornitura di componenti nucleari all'Iran…”.(5)

Nel periodo 2000-2004, tra il governo di centrosinistra e quello di Berlusconi c’è stata una sostanziale continuità. Il cavaliere potrà fare sfoggio di americanismo, andare a braccetto con l’amico Bush, guadagnarsi una “standing ovation” al Congresso degli Stati Uniti, ma quando si tratta di affari non guarda in faccia nessuno, proprio come gli “avversari” di centrosinistra.

Quello che fa specie, non è il silenzio del governo o della destra, ma quello di tanti “pacifisti”, dei propagandisti della non violenza, che, regnante Silvio, avrebbero invaso le piazze denunciando la tracotante provocazione bellicista nel Golfo Persico, e ora parlano d’altro, esattamente come il cavalier Berlusconi. Siamo giunti a una union sacrée non dichiarata, che non si ammanta di toni militareschi o roboanti, ma si consuma nel silenzio e nell’omertà.

Durante una visita ad Alghero, Carlo V°, infastidito dalle continue richieste di favori e di titoli nobiliari, uscì sul balcone, si rivolse alla folla e nominò “Todos caballeros”. Se, redivivo, assistesse a una seduta parlamentare, dovrebbe verificare che dalla destra fino alla cosiddetta sinistra radicale, sono “Todos Berluscones”.

3 novembre 2006

Note:

1) “War game nel Golfo persico, marina italiana in prima fila”. Manlio Dinucci, Fonte: http://www.ilmanifesto.it/ 1.11.06

2) Il Comandante della Marina Militare Iraniana Ammiraglio Kuchiaki: 01 novembre 2006 http://www.iran.splinder.com

3) “Guerra atomica contro l’Iran” di Michel Chossudovsky da Indymedia, 27 gennaio 2006-11-01

4) “La rivolta dei generali alla vigilia del voto USA”, di Jeff Steinberg (EIR del 3 novembre 2006) Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

5) Le citazioni sono prese da due articoli: ”Gli strani rapporti tra Italia ed Iran”e “Italia, export armi -- 34,1MLN dollari in 2000-2004, http://blog.blogosfere.it.

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