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Domanda sociale e domanda politica

(5 Novembre 2006)

Quale interrogativo rivolge, fuori di sé, la manifestazione romana di sabato 4 Novembre contro la precarietà, al di là delle contraddizioni “verbali” che ne hanno contraddistinto la preparazione?

Il “Manifesto” interpreta questa domanda in due direzioni, a mio giudizio contraddittorie fra loro: da un lato si titola che il governo dovrà dare risposte diverse nella Finanziaria; dall'altra parte si scrive (Loris Campetti) che ha poco senso dividersi tra chi legge la grande manifestazione di sabato come un attacco al governo e chi vorrebbe girarla a suo sostegno. E, giustamente, si aggiunge che il corteo (ben staccato, anche fisicamente, dalla sparuta rappresentanza della “politica politicante, n.d.r) rappresentava una idea di società “altra”.

Ecco: esclusa la possibilità di una risposta “diversa” nella Finanziaria ai temi proposti dal corteo (una possibilità esclusa dal totalizzante impianto liberista che rappresenta il punto di sostanza vera dell'esistenza di questo governo), cercherei di concentrarmi brevissimamente sul secondo elemento, quello relativo alla rappresentazione di una “società altra”.

Ebbene, la manifestazione di sabato 4 Novembre mi pare ci indichi come sia giunto a maturazione un processo – per l'appunto – di “domanda sociale” al riguardo del quale è necessario cominciare a definire elementi di identità e di richiesta più direttamente politica.

Emergono almeno tre punti sui quali avviare una riflessione ad ampio raggio:

Sale una richiesta di “organizzazione sociale”. Abbiamo vissuto la fase del “post – fordismo” come fase di disgregazione della costruzione sociale fondata attorno alla classe operaia ed al presentarsi di un intreccio tra richieste legate ai grandi temi epocali e l'espressione di marginalità “diffuse” (come al G8 di Genova, per esempio). Adesso quelle “marginalità sociali” sono arrivate al cuore del sistema, ne reggono la possibilità di produzione economica, e chiedono di farsi “soggetto”. Naturalmente il quadro è molto diverso da quello della capacità di espressione soggettiva, caratteristica della lunga fase della fabbrica fordista, ma il processo presenta analogie interessanti, sulle quali l'intellettualità e la cultura di sinistra dovrebbero riuscire ad interrogarsi. Quindi, il primo punto è quello della costruzione di punti di riferimento culturale rivolti proprio alla ricerca di modelli proponibili di “nuova organizzazione sociale”;

Si propone, nuovamente, una visione di eguaglianza e solidarietà di tipo universalistico. Si tratta di un tema da sviluppare con grande attenzione, dopo la sbornia individualistica che ha caratterizzato i decenni dal '90 in avanti. Questo significa l'esistenza di uno spazio per un rivisitazione ben diversa della storia del movimento operaio e delle idee di trasformazione sociale, rispetto alla vulgata corrente espressione del pesantissimo revisionismo storico succedutosi nel dopo – caduta dei socialismi reali. Insomma: ci sono esperienze nel movimento socialista e comunista internazionale del '900 che possono essere riprese e recuperate, proprio nella direzione che cercavo di indicare all'inizio;

L'ultimo tema rimane quello, più volte affrontato, della domanda politica. E' evidente che una idea di riorganizzazione sociale ed una ipotesi di prospettiva di eguaglianza e solidarietà da proporre in una dimensione universalistica richiedano una forte proposizione politica. Se pensiamo (come scrive,ancora, il Manifesto) alla potenzialità di un nuovo blocco sociale, allora non possiamo non pensare ad una diversa espressione politica, collocata al di fuori dal quadro liberista di cui parlavo all'inizio.

Insomma: senza tema di esagerare in ottimismo, anzi usando tutte le cautele del caso, forse c'è materiale per aprire una diversa stagione della politica: in tutto questo il governo c'entra poco o nulla, se non per dire che è necessario uscire fuori dalla spirale della”governabilità” quale fine ultimo dell'agire politico.

Savona, li 5 Novembre 2006

Franco Astengo

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