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Ascoltate il maggiore Stern

(12 Novembre 2006)

Relativamente ad una azione in cui è in corso un bagno di sangue a Beit Hanun, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) infieriscono con violenza, uccidendo almeno 37 persone in quattro giorni e l'opinione pubblica israeliana sbadiglia, indifferente.
Un comandante di brigata dice ai suoi soldati, che hanno ucciso 12 persone in un giorno: "Avete vinto 12 a 0", i soldati rispondono con uno smagliante sorriso.

Questo il nadir morale da noi raggiunto, dopo una lunga e scivolosa discesa: la vita umana ora non vale alcunché.
Ne abbiamo avuto la prova alla fine della settimana, per bocca di un chiacchierone che talvolta dice il vero, il maggiore Elazar Stern, comandante del Comitato Direttivo del Personale dell'IDF.

"L'eccessivo preoccuparsi per la vita umana, proprio dell'IDF, ha portato ad alcuni dei fallimenti della guerra nel Libano: questo non dovrebbe accadere", ha commentato Stern a Canale 7.

Andrebbe lodato per essere stato schietto: chi ha l'intollerabile leggerezza di imbarcarsi in una futile guerra di sua scelta non può permettersi il lusso di mostrare preoccupazione per la vita dei soldati.

In guerra i soldati non solo uccidono, ma sono pure uccisi.
Questo avrebbe dovuto essere dichiarato in anticipo.
Ma le osservazioni del generale sono pure corrotte dall'ipocrisia: chi uccide in pochi mesi più di 1.000 libanesi e di 300 palestinesi, per dubbi motivi, non ha il diritto di parlare di preoccupazione per la vita umana.
Il fatto che la protesta pubblica contro la guerra non sia decollata dimostra che, dopo aver smesso di preoccuparci per la vita degli altri, stiamo anche gradualmente smettendo di preoccuparci per quella dei nostri figli, inutilmente uccisi.

Il disprezzo per la vita umana inizia da quella degli arabi, e finisce con quella degli ebrei.
Che lunga strada abbiamo percorso da quando, per quanto con ipocrisia, parlavamo di "purezza delle armi".
Questo concetto è stato totalmente cancellato dal vocabolario.

Che lunga strada abbiamo percorso da quando eravamo orgogliosi del fatto che, diversamente dagli arabi, cercavamo di non uccidere civili innocenti.
E adesso siamo arrivati allo choc della realtà della seconda guerra nel Libano.

Per esempio, il numero di persone uccise da Israele non solo è 10 volte superiore a quelle uccise da Hezbollah, ma il numero di soldati uccisi da Hezbollah è tre volte superiore a quello dei civili, mentre il numero di civili libanesi uccisi da Israele è circa tre volte superiore al numero di combattenti di Hezbollah.

Allora, quali armi sono più pure? Un giornalista di The Guardian, attualmente in Israele, è rimasto scosso nell'udire che questi numeri non sono stati oggetto di discussione pubblica, qui.

Lo stadio attuale di declino etico è iniziato con gli assassinii mirati nei territori.
Quando sono cominciati, si discuteva ancora se fossero legali e giusti.
Chi ricorda che gli assassinii erano un tempo limitati (per lo meno a parole), alle bombe ad orologeria? L'Alta Corte di Giustizia, nella sua codardia, ha evitato per anni di prendere posizione sul problema, malgrado le petizioni che le erano presentate.
E il progetto di assassinii è cresciuto e si è dilatato, fino a raggiungere dimensioni mostruose.
Negli ultimi mesi, quasi nessun giorno è trascorso senza che si uccidessero palestinesi a Gaza.
Invece di chiedercene il motivo, abbiamo un primo ministro che si vanta, al Comitato Parlamentare per gli Affari Esteri e la Difesa, di circa 300 terroristi morti in quattro mesi come se le uccisioni fossero in sè un grandioso risultato.

Questo quanto apprendiamo da Ehud Olmert: qualcosa di incommensurabilmente più grave di tutta la corruzione che gli si attribuisce.
Nessuno ha chiesto chi erano le vittime, se tutti meritavano di morire, quale beneficio ottenga Israele da tutte queste uccisioni all'ingrosso.
Oltre allo spaventoso numero di civili ammazzati, fra cui decine di donne e bambini, dovremmo anche domandare se ogni persona armata a Gaza (ve ne sono decine di migliaia) meriti di essere condannata a morte, senza processo.
Il giorno in cui l'IDF ha dato inizio agli assassinii mirati, ha condannato a scomparire le nostre preoccupazioni per la vita umana.

L'IDF opera nella cittadina di Beit Hanun ormai da diversi giorni.
L'Operazione Nubi d'Autunno ha apparentemente lo scopo di mirare a chi lancia razzi Qassam, ma nel frattempo ha solo portato più missili su Sderot oltre alle morti, alla distruzione ed al terrore che si impianta nel cuore dei 30.000 abitanti della cittadina.

Di recente, sono stato due volte nella casa della famiglia di Abu Ouda, a Beit Hanun: la prima quando una bomba ha distrutto la loro abitazione; la seconda quando dei soldati hanno ucciso padre, figlio e figlia, innocenti di ogni delitto.
E questo era prima dell'Operazione Nubi d'Autunno.

E come presenta la stampa israeliana Nubi d'Autunno? Su Maariv, martedì, c'era bisogno di una lente d'ingrandimento per trovare una nota estemporanea sull'uccisione di 10 palestinesi in un solo giorno; lo stesso vale per Yediot Ahronot.
I due giornali più diffusi del Paese mostrano un livello di disumanizzazione disgustoso.

Che il commentatore militare di Yediot Ahronot, Alex Fishman, asserisca che uno degli scopi di Nubi d'Autunno è di far esercitare le truppe per "la grande operazione" non evoca alcuna protesta.

Se l'IDF s'imbarca in esercitazioni in una zona densamente popolata, seminando morte e distruzione, non dimostra forse uno spaventoso disprezzo per la vita umana? Le uccisioni quotidiane a Gaza sono menzionate a malapena.
Operazioni futili, che hanno lo scopo di restituire all'IDF l'onore perduto, non evocano alcun dibattito circa lo scopo, l'eticità, le probabilità di successo.

Nessuno si meraviglia del rapporto fra il danno causato dai Qassam e quello delle morti e delle distruzioni fra cui il bombardamento della centrale elettrica a Gaza, dove un milione e mezzo di persone sono in gabbia, in miseria ed alla fame.
Queste futili operazioni non fermeranno i Qassam, che hanno lo scopo di far ricordare con dolore, a noi e al resto del mondo, la pena degli abitanti di Gaza, in prigione e boicottati: nessuno la noterebbe, se non fosse per i missili.

Il sistema per combattere i Qassam è quello di por fine al boicottaggio, di sedersi al tavolo dei negoziati e di raggiungere un accordo.
Altrimenti continueremo a scivolare nel baratro, diventando indifferenti alle loro morti, e presto anche alle nostre.

Ascoltate il maggiore Stern.

Mon., November 06, 2006 Cheshvan 15, 5767

dal sitoweb del quotidiano israeliano Haaretz (http://www.haaretz.com/hasen/spages/783711.html)
(traduzione di Paola Canarutto)

Gideon Levy (levy@haaretz.co.il)

Fonte

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