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(24 Novembre 2010) Enzo Apicella
Crisi irlandese. La finanza specula sul debito pubblico. La politica chiede sacrifici.

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Una finanziaria con l’anima… liberista!

Per lo sciopero generale del 17 novembre

(13 Novembre 2006)

Tra le tante critiche alla legge finanziaria del governo Prodi che provengono dai più diversi ambiti ce n’è una, ricorrente, che rimprovera l’assenza di un’anima. E’ una critica ingiusta e sbagliata perché, invece, questa Finanziaria un’anima ce l’ha ed è chiaramente liberista.

E, al di là della grave portata dei singoli provvedimenti, è proprio su questo che deve concentrarsi l’opposizione e la lotta dei settori di classe e dei ceti popolari. La natura e la filosofia che la ispira, gli interessi che assume a riferimento, sono quelli del nucleo duro (Confindustria, Banche, Assicurazioni) che ha sostenuto e consentito a Prodi di vincere le elezioni e tornare a governare.

Assistiamo così ad una accelerazione del processo di finanziarizzazione dell’economia attraverso una ulteriore gigantesca redistribuzione di ricchezza dal lavoro al capitale.

Per giustificare queste scelte come ineludibili, Prodi si fa scudo degli obblighi che derivano dall’appartenenza all’Europa. In realtà va ben oltre, per rientrare nei parametri di Maastricht basterebbero 15 MLD di euro mentre la manovra ammonta a circa 40!

In effetti con questa manovra il governo Prodi vuole contribuire ad accelerare il processo di costruzione di una Europa dominata dal capitale finanziario e dalla vocazione neoimperialista. A che scopo sennò gli ulteriori stanziamenti per spese militari che ammontano già a 18 MLD annui? Questo è il senso dei miliardi di euro dati alle imprese, banche e assicurazioni con il taglio del cuneo fiscale, riduzione dell’Irap, crediti d’imposta, transazioni bancarie per importi sopra i 100 euro, l’assicurazione obbligatoria per gli immobili, ecc.

La Finanziaria ed altri provvedimenti di legge ad essa collegati prevedono, invece, tagli ed aumenti d’imposta per lavoratori, precari e pensionati. Si va così verso una riduzione dei trasferimenti agli Enti Locali accordando loro, però, la possibilità di aumentare la tassazione locale e la privatizzazione o dismissione dei servizi erogati, si introducono i ticket sanitari, si taglia indiscriminatamente nei settori della Scuola, Università e Ricerca, si stanziano risorse inadeguate per il rinnovo dei contratti nel Pubblico Impiego, si aumenta con bolli e tariffe la tassazione indiretta che pesa allo stesso modo sui più diversi redditi annullando cosi gli effetti di un pur timido ripristino della progressività del prelievo fiscale, si abbandona a se stesso, nonostante gli impegni solenni della vigilia elettorale, il mondo del precariato.

Ma l’attacco più feroce sta avvenendo sul sistema previdenziale. Con il memorandum già sottoscritto con Cgil, Cisl e UIL si rimanda all’inizio dell’anno prossimo ( tanto per diluire la purga!) l’ennesima controriforma delle pensioni che punta ad elevare l’età pensionabile e una riduzione delle rendite pensionistiche. Con il decreto già approvato si punta a scippare, con il mostruoso, antidemocratico meccanismo del silenzio/assenso, il TFR, una tortona di 21 MLD di euro secondo le stime della Banca d’Italia, dalla disponibilità dei lavoratori per dirottarlo alla previdenza complementare, ovvero alla speculazione finanziaria.

Se solo una parte di queste cose l’avesse fatte il governo Berlusconi avremmo assistito agli strepiti della nostra sinistra, tanto di governo quanto poco di lotta, e alle adunate oceaniche dei sindacati concertativi, Cgil in testa.
INVECE ADESSO NIENTE

Rifondazione Comunista affida al ministro Ferrero il compito di astenersi o addirittura votare contro alcuni provvedimenti, salvo precipitarsi a chiarire che non è in discussione la propria partecipazione al governo, del PDCI e dei Verdi non si vede traccia, la Cgil parla addirittura di “finanziaria di svolta”.

Si conferma così che non è possibile l’esistenza di una vera sinistra e un ruolo reale dei comunisti se non si adotta una prospettiva compiutamente indipendente, fondata sull’autonomia e sugli interessi di classe.

In alternativa c’è solo la complicità con politiche antipopolari, con l’effetto paradossale di spingere ampi settori popolari nelle braccia della destra più becera e di quell’odiato Berlusconi che si dice di voler combattere.

E’ DUNQUE NECESSARIA UNA SVOLTA!

E’ necessaria una risposta generale di lotta che abbandoni la logica del “meno peggio” perché è proprio questa politica il “peggio” per lavoratori, precari e pensionati.

La Rete dei Comunisti intravede nello SCIOPERO GENERALE del 17 novembre indetto dalle sigle del sindacalismo di base una prima occasione e lo sostiene appieno invitando i compagni e le strutture di movimento a propagandarlo e promuoverlo in ogni ambito e a partecipare alle manifestazioni di piazza previste in tutte le regioni.

RETE dei COMUNISTI

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