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(26 Settembre 2011) Enzo Apicella

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Contro la guerra il desiderio di pace non basta

(16 Novembre 2006)

Con il rifinanziamento della missione in Afghanistan (e di tutte le numerose missioni di guerra italiane all’estero), nonché con l’approvazione della missione “di pace” in Libano, il nuovo governo si è collocato oggettivamente in continuità con quello precedente. Del resto, dichiarazioni in tal senso sono state fatte esplicitamente dal Ministro della Difesa, Arturo Parisi, in occasione del “passaggio delle consegne” in Iraq (passaggio, tra l’altro, visto che l’Italia continua a dare supporto logistico e politico al governo fantoccio iracheno).

È fin troppo semplice constatare come il ritiro delle truppe dall’Iraq (dove la guerra e l’occupazione hanno prodotto, secondo l’autorevole rivista scientifica americana The Lancet, qualcosa come 650.000 morti) coincida stranamente – ma molto opportunamente per gli interessi occidentali - con la loro ridislocazione in un’altra area calda del Medio Oriente (il confine israelo-libanese) “a difesa” dei confini di Israele (ma non del Libano che vengono violati quotidianamente dai voli dall’aviazione di Tel Aviv) come se fosse Israele ad essere in pericolo e non invece le popolazioni libanese (migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, centinaia di migliaia di sfollati… sotto l’uso, riconosciuto, di fosforo bianco e di milioni di bombe a grappolo) e palestinese (centinaia di morti nella Striscia di Gaza solo dall’inizio dell’estate e decine anche in questi ultimi giorni).

Mentre la guerra globale continua, purtroppo molti settori del movimento contro la guerra si sono fermati. Alcuni, per sostenere il “governo amico” e le sue politiche filo-USA, altri annichiliti dal senso di impotenza. Ai primi non abbiamo molto da dire. Evidentemente, la loro mobilitazione del 2003 non era contro la guerra, ma contro Berlusconi. Agli altri, invece, chiediamo lo sforzo di uscire dallo stato di difficoltà e di collegarsi a noi per continuare la battaglia contro la guerra imperialista e a sostegno dei popoli aggrediti. Ogni singola persona e ogni più piccola disponibilità è indispensabile per portare avanti questo impegno difficilissimo che non è solo politico, ma di civiltà. Restare inerti di fronte al quotidiano massacro è proprio ciò che vogliono i massacratori che siedono a Washington e nelle capitali alleate.

La ricaduta a livello locale della politica internazionale filo-USA è che invece di procedere, come si dovrebbe, allo smantellamento della basi americane e della NATO in Italia, si procede incredibilmente nel verso opposto, ovvero, nel senso dell’allargamento della presenza militare americana nel nostro paese con la costruzione di nuove installazioni di morte. È l’esempio della proposta di trasformazione dell’aeroporto civile Dal Molin di Vicenza in aeroporto militare.

Non c’è neppure bisogno di spiegare perché gli USA vogliano un tale aeroporto e con quali finalità. Sono militari e i loro aerei trasportano truppe e armamenti per la guerra.

Una gran parte della popolazione di Vicenza si è opposta e sta continuando ad opporsi al Dal Molin militare con un ventaglio di posizioni che vanno dalla difesa dell’ambiente e della qualità della vita, pesantemente messe in discussione dalla costruzione e dalla gestione dell’aeroporto, fino alla contestazione dell’uso di morte che di tale base verrà fatta. È importante che la città di ribelli e dica a no, in tutte le forme, a questa ennesima dimostrazione di viltà e di servilismo nei confronti del padrone USA.

È importante che lavoratori, giovani, pensionati, cittadini in genere… mettano in opera tutta la loro forza per far capire chiaramente alle istituzioni locali (come il Comune di Vicenza) e nazionali (come il Ministero della Difesa) che i vicentini non vogliono nuove basi e che anzi gradirebbero molto se anche quelle attuali (come la Caserma Ederle) si togliessero di torno in modo che ognuno faccia le proprie basi militari a casa propria. Vicenza ha bisogno di lavoro, certo, ma non a qualsiasi prezzo e non qualsiasi tipo di lavoro.

La guerra imperialista globale non è finita e non finirà; dunque il nostro impegno contro la guerra non è finito e non finirà.

Diciamo no alle missioni di guerra (come in Afghanistan o in Libano) e alla costruzione di impianti di morte come l’aeroporto militare Dal Molin.

Sosteniamo la resistenza dei popoli e il loro diritto all’auto-determinazione.

Per ottenere la pace c’è una sola strada: combattere contro chi vuol fare la guerra. Arrendersi, alzare le braccia, non serve: loro vanno avanti comunque.

Alto Vicentino, novembre 2006

Venerdì 24 novembre, ore 21
SCHIO
c/o Centro Culturale e di Documentazione "Bertolt Brecht"
Piazzetta San Gaetano

ASSEMBLEA PUBBLICA
Contro le missioni di guerra (come in Afghanistan o in Libano)
e la costruzione di impianti di morte come l’aeroporto militare Dal Molin

Verrà proiettato il filmato di Paolo Barnard
PERCHÈ CI ODIANO ?
Sullo scontro tra mondo arabo-islamico e occidente
«Bush appena dopo l'11 settembre si chiede "Perché ci odiano?". Su quella domanda tutto il mondo occidentale si è interrogato per capire le ragioni del risentimento arabo verso l'Occidente. Medio Oriente: dalla Palestina a Israele, passando per Giordania, Iran, Iraq, Arabia Saudita, Egitto.Qui l'Occidente ha infilato una serie di interferenze politiche, partizioni di popoli, interventi militari.
Le immagini di questo documento video di Paolo Barnard e trasmesso in una puntata di Report del 06/04/2003, mostrano un Islam militante, profondamente risentito verso le potenze occidentali. In questo viaggio, che parte dal 1917 e si chiude il giorno che precede la guerra all'Iraq, Paolo Barnard ha ricostruito le ragioni storiche che hanno portato due mondi in conflitto fra loro»


A seguire dibattito e buffet

Gruppo promotore per un Coordinamento antimperialista antifascista dell’Alto Vicentino

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