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(24 Novembre 2010) Enzo Apicella
Crisi irlandese. La finanza specula sul debito pubblico. La politica chiede sacrifici.

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La finanziaria del governo amico!

(8 Ottobre 2006)

La Finanziaria 2007 appena varata dal governo di centro sinistra costituisce l’ennesima stangata nei confronti dei lavoratori.
Si tratta di una finanziaria di oltre 33 miliardi di euro, addirittura superiore alla cifra paventata nel DPEF (30 miliardi) e si pone in perfetta continuità con le politiche di tagli alla spesa sociale già perpetrate in cinque anni dal governo Berlusconi.
Ancora una volta l’attacco è diretto nei confronti di pensioni, salari, e stato sociale (vedi i tagli agli enti locali ed alla sanità) distribuendo solo qualche manciata di euro alle famiglie monoreddito con figli a carico, e non affrontando minimamente il problema del precariato nella P.A.
Sia ben chiaro la valutazione estremamente negativa su questa legge finanziaria non ha nulla a che vedere con le critiche strumentali di Confindustria e centro destra tutte protese a chiedere ulteriori tagli alla spesa pubblica e a difendere i ceti ad alta fascia di reddito.
Il problema è proprio inverso: questa finanziaria continua a far pagare il risanamento ai lavoratori dipendenti (un lavoratore pubblico o privato che percepisce 1000/1300 euro di reddito costituisce una categoria a basso reddito altro che ceto medio!).
Ma vediamo più nel dettaglio le voci salienti di questa finanziaria.

RINNOVI CONTRATTUALI NEL PUBBLICO IMPIEGO

La finanziaria 2007 prevede per i contratti un incremento di 1,181 miliardi di euro; per il 2008 un incremento di 3,225 miliardi: da queste cifre bisogna sottrarre 304 milioni di euro per il 2007 destinate alle forze armate, e 805 milioni di euro per il 2008. Insomma rispetto all’offerta iniziale del governo (4 miliardi di euro in tre anni che secondo le stime di CGIL CISL e UIL avrebbero comportato circa 25 euro lordi di aumento) le risorse, a cui vanno aggiunti i 322 milioni della Finanziaria di Berlusconi, sono salite per i pubblici dipendenti ad 800 milioni di euro per il 2007 (ovvero un recupero dell’inflazione del 1,4% rispetto a quella programmata del 2%) e circa 2, 400 miliardi per il 2008 per un totale di 3,200 miliardi di euro in due anni, assolutamente insufficienti a coprire il reale aumento del costo della vita. Senza considerare che mancano le risorse per il 2006 (dimenticanza?) con i contratti del p.i. gia scaduti da 10 mesi…

RIFORMA FISCALE

E qui crediamo che il livello di propaganda e mistificazione della realtà stia toccando livelli inimmaginabili al punto che il governo attribuisce alla riforma delle aliquote un taumaturgico effetto redistributivo e di innalzamento dei salari.
In realtà è bene ribadire che la questione della perdita del potere di acquisto dei salari, si affronta (può sembrare banale) aumentando i salari stessi e non intervenendo attraverso la corresponsione di assegni familiari e detrazioni per figli a carico. Ma anche volendo intervenire sul sistema di tassazione, l’impostazione della riforma fiscale è una impostazione di chiaro stampo familistico che premierà, tra l’altro in maniera irrisoria, esclusivamente le famiglie monoreddito e con figli a carico.
Giusto per intenderci, un lavoratore dipendente con coniuge ed un figlio a carico che percepisce un reddito imponibile annuo di 25.000 euro, pari a circa 1400 euro mensili, otterrà dalla riforma un incremento salariale pari a meno di 25 euro al mese. Di contro, una famiglia con due redditi complessivi lordi di 50.000 euro e figli a carico perde circa 300 euro l’anno!
In verità ciò che non si dice è che l’aliquota per i lavoratori pubblici dipendenti, (con uno scaglione di reddito da 15.000 euro a 28.000) è passata dal 23% al 27%.: ciò significa che un lavoratore single che non beneficia di assegni e detrazioni per figli a carico e che percepisce un reddito di circa 1400 euro mensili non avrà dalla riforma fiscale alcun beneficio! Altro che redistribuzione, questa riforma premia con una manciata di euro soltanto le famiglie monoreddito con figli a carico, ma lascia immutata, quando non la penalizza, la condizione salariale della generalità dei lavoratori pubblici!

PENSIONI

E qui è importante fare chiarezza: da gennaio 2006 decorreranno i 6 mesi per optare o meno per lo smobilizzo del TFR nei fondi negoziali gestiti da sindacati ed imprese. Il vero problema quindi non è il passaggio all’INPS del 50% del TFR non passato ai fondi pensione ma che, attraverso l’affidamento delle nostre pensioni ai fondi, il nostro TFR subirà forti decurtazioni derivanti dalle oscillazioni del mercato finanziario.
Ma non finisce qui: è stato siglato un memorandum tra CGIL, CISL e UIL e governo, con l’impegno ad aumentare l’età pensionabile e a rivedere, naturalmente in peius, i coefficienti su cui vengono parametrati gli assegni in base alla riforma Dini. Insomma il taglio delle pensioni è solo differito nel tempo!!
SANITA’
La finanziaria prevede 3 miliardi di tagli per la sanità: vengono introdotti nuovi ticket (odioso quello per il pronto soccorso) ed aumentati quelli già esistenti.
In sintesi il costo in più per una famiglia tipo in visite specialistiche esami diagnostici e pronto soccorso è stimato in 44 euro.

ENTI LOCALI

Il patto di stabilità diventa ancora più stringente e si chiede una ulteriore riduzione delle spese che tra comuni e province in media sarà del 3.6%.
Ciò comporterà per i comuni o il taglio dei servizi o la necessità di imporre nuove tasse per essere dentro i parametri. Infatti la finanziaria prevede che in caso di mancato rispetto del patto di stabilità i comuni potranno aumentare l’addizionale comunale dello 0,3% (cioè dallo 0,5 allo 0,8%).
Arriva anche l’aumento dell’ICI dello 0,5 per mille per i Municipi che si avvarranno della facoltà di introdurre una tassa di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche. E’ poi prevista addirittura una tassa di soggiorno di 5 euro.
Si tratta quindi di un aumento del prelievo a livello locale che colpirà tutti i cittadini comportando una ulteriore decurtazione del potere di acquisto dei salari. E sappiamo tutti che a livello fiscale non vi è nulla di più iniquo che l’introduzione di imposte indirette che colpiscono indistintamente i pensionati così come le classi più agiate.
E’ questa la vera riforma fiscale operata dal governo: un innalzamento generale della microtassazione locale delegando agli enti locali il compito di “gabellieri per conto terzi”.

PRECARIATO

La tanto sbandierata lotta alla precarietà che aveva caratterizzato la campagna elettorale di questo governo si risolve in una vera e propria beffa nei confronti dei precari.
Le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).
A questo si aggiunga che nel p.i. le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).
Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.
Se questo governo voleva dare un segnale di inversione di tendenza avrebbe dovuto cominciare stabilizzando i precari della P.A. considerato che nelle amministrazioni è lo Stato che assume direttamente ed ha potere per procedere all’assorbimento in ruolo dei lavoratori atipici: se queste sono le premesse immaginiamoci cosa dobbiamo aspettarci dalla riforma della Legge 30.
Il turn over, poi, sarà coperto solo parzialmente (60%) e ciò comporterà ulteriori carenze di organico ed appesantimenti dei carichi di lavoro A questo quadro si aggiunga poi il passaggio del catasto ai comuni con orizzonti per nulla chiari riguardo il personale dell’Agenzia del Territorio e la tutela dei livelli salariali e professionali già acquisite, e la detrazione delle spese per palestre e piscine per i ragazzi tra i 5 e i 18 anni, proprio mentre l'attività sportiva nelle scuole è oramai ridotta ai minimi termini: una misura quest’ultima tutta protesa ad invogliare la ripresa dei consumi ma senza intervenire sul carovita e sulla perdita di salario..
Questa finanziaria in realtà avvantaggia ancora una volta le imprese che attraverso il cuneo fiscale (60% alle imprese) otterranno il taglio di 3 punti del costo del lavoro: dopo aver ottenuto la precarizzazione del mercato del lavoro e il continuo impoverimento del potere di acquisto dei salari, questo è l’ennesimo regalo elargito alla Confindustria.
Né tanto meno vi è traccia nella finanziaria della reintroduzione della tassa di successione per i grandi patrimoni, ed anche la tassazione delle rendite finanziarie, tanto “agitata” in campagna elettorale, si risolve nell’applicazione di una aliquota unica del 20%, innalzando la precedente aliquota del 12,5% per i titoli di stato, le plusvalenze e i dividendi, ma abbassando l’aliquota del 27% per i depositi e le obbligazioni sotto i 18 mesi: anche questa disposizione appare più idonea ad armonizzare le aliquote che a colpire realmente le rendite finanziarie.
Insomma crediamo che sussistano tutte le ragioni per cominciare a prepararci per un grande sciopero generale contro la finanziaria, e per riaffermare la necessità di aumenti contrattuali adeguati all’inflazione reale, l’abrogazione delle leggi sulla precarietà (pacchetto Treu e legge 30) e la stabilizzazione di tutti i precari della Pubblica Amministrazione, per contrastare i processi di privatizzazione e di esternalizzazione dei servizi e per rilanciare il ruolo pubblico della P.A.

COBAS Pubblico Impiego
aderente alla Confederazione COBAS

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