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Stati Uniti: centinaia di arresti durante manifestazioni di protesta contro la guerra

(7 Ottobre 2006)

NEW YORK, 28 settembre (IPS) – Durante l’ultima settimana in varie città degli Stati Uniti sono stati organizzati cortei, manifestazioni e raduni di preghiera per chiedere al presidente Bush e al Congresso di porre fine all’occupazione dell’Iraq.

Dal 21 settembre, quando oltre 500 gruppi contro la guerra e organizzazioni religiose hanno firmato la “Dichiarazione di pace”, circa 250 attivisti sono stati imprigionati per aver partecipato ad azioni nonviolente.

Oltre a esigere un calendario per il ritiro dei 130.000 soldati di stanza in Iraq, la Dichiarazione chiede la chiusura delle basi, un processo di pace che comprenda misure per la sicurezza, la ricostruzione e la riconciliazione di questo paese e un cambiamento nelle priorità da assegnare ai fondi, mettendo l’accento sulle necessità umanitarie più che su quelle militari.

Gli attivisti hanno realizzato oltre 375 azioni di disubbidienza civile e protesta in città di tutto il paese, tra cui Lincoln (nel centro), Houston (nel sud), Des Moines (nel nord), Little Rock (nel sud), Cincinnati (nel nord-est) e Fayetteville (nell’est). Qui sorge Fort Bragg, la più grande base militare statunitense nel mondo.

Sebbene la campagna sia animata soprattutto da gruppi religiosi, partecipano alla protesta anche molti deputati, veterani di guerra e organizzazioni di donne e immigrati.

I primi arresti sono avvenuti a Washington la settimana scorsa, quando gli attivisti hanno cercato di consegnare copie della Dichiarazione a funzionari del governo.

Altre azioni contro la guerra che si sono concluse con arresti sono avvenute di fronte al Congresso, a basi militari e a centri di reclutamento dei soldati.

Sapendo che molti politici esitano a sostenere la campagna per paura di passare per antipatriottici, i capi religiosi sperano che il loro appello per la pace stimoli almeno il governo a fissare una data per finirla con l’occupazione dell’Iraq.

”Come cittadini e persone di fede, dobbiamo essere la coscienza del nostro paese” ha dichiarato il reverendo Lennox Yearwood, del Hip Hop Caucus, uno dei 34 attivisti incarcerati per aver partecipato alle proteste davanti alla Casa Bianca.

Nel frattempo oltre 100 capi religiosi cristiani, ebrei e musulmani hanno progettato altre azioni per impedire un possibile attacco all’Iran. Questa settimana chiederanno al Congresso di esercitare la sua “funzione di supervisione” per evitare questa possibilità.

Come parte della campagna, molti attivisti hanno organizzato sit-in davanti alle case dei deputati che non si sono espressi contro la politica di Bush in Iraq.

“Stiamo spendendo milioni di dollari tutte le settimane per l’occupazione dell’Iraq. Questo denaro potrebbe essere investito in sanità ed educazione” ha detto Molly Nolan, un’attivista di 62 anni che ha partecipato a una protesta davanti alla casa del senatore democratico Chuck Schumer, nello stato di New York.

“I newyorkesi hanno bisogno di scuole e lavoro, non di questa guerra infinita!” gridava la folla riunita davanti alla casa di Schumer.

”Lei non ha parlato, come altri politici. La esortiamo a mostrare coraggio e a difendere i principi”, ha detto durante la manifestazione Carolyn Eisenberg, del gruppo Genitori di Brooklyn per la Pace.

Come Schumer, molti deputati democratici hanno mantenuto le distanze dal movimento contro la guerra, però alcuni hanno criticato pubblicamente la politica di Bush in Iraq.

"Come partecipante del Movimento dei Diritti Civili, ho affrontato la violenza con la nonviolenza. Mi hanno picchiato e lasciato sanguinante per strada” ha detto il deputato John Lewis, rappresentante dello stato meridionale della Georgia, dopo aver firmato la Dichiarazione la settimana scorsa. “Mi sono reso conto che le nostre armi più potenti come nazione non sono le bombe o i missili. La nostra maggiore difesa è il potere delle nostre idee, è quello che crediamo sulla democrazia e il rispetto della dignità umana” ha aggiunto.

Altri deputati che hanno firmato la Dichiarazione di pace sono Earl Blumenauer, rappresentante dell’Oregon, Danny Davis e Jan Schakowsky dell’Illinois, Chaka Fattah della Pennsylvania e Sam Farr, Barbara Lee e Lynn Woolsey della California.

Nonostante la crescenti proteste e critiche alla guerra provenienti da vari settori, tra cui generali in pensione e importanti analisti dell’intelligence, non si vedono segnali di flessibilità nella politica del governo rispetto all’Iraq e alla strategia militare in Medio Oriente.

Solo due settimane fa, la Camera dei Rappresentanti ha approvato una risoluzione di appoggio al modo in cui il presidente ha condotto la guerra e ha respinto l’idea di fissare una scadenza per il ritiro delle truppe.

I firmatari della Dichiarazione hanno annunciato che, se l’amministrazione Bush e il Congresso non risponderanno alle loro richieste, dopo settembre lanceranno un’altra campagna di azioni non-violente.

Haider Rizvi
IPS

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