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L'Islanda riconosce lo Stato Palestinese

L'Islanda riconosce lo Stato Palestinese

(3 Dicembre 2011) Enzo Apicella
Martedì scorso il parlamento islandese ha votato a favore del riconoscimento dei Territori Palestinesi come stato indipendente.

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Il decreto Mastella e le parole di Napolitano.

Due pericoli per la democrazia e la verità storica

(28 Gennaio 2007)

Quando si chiede come mai nonostante le Risoluzioni dell'ONU o del Parlamento Europeo l'Italia non abbia mai adottato sanzioni verso Israele per le ripetute violazioni dei diritto internazionale e dei diritti umani, ministri, politici, funzionari della Farnesina allargano le braccia sconsolati affermando che "Israele rimane un paese speciale" di fronte al quale tutti i meccanismi della legalità internazionale cessano di funzionare rispetto a come agiscono verso tutti gli altri paesi (ad eccezion fatta per gli USA). Israele - secondo una sorta di senso comune - è infatti la riparazione della storia e dell'occidente all'orrore dello sterminio nazista e delle persecuzioni subite in Europa. Ma la questione israeliana, sia per le ingerenze della sua ambasciata in Italia, sia per gli effetti politici prodotti nel dibattito sulle scelte di politica estera, ha cessato di essere solo un problema internazionale per entrare a viva forza anche nella politica interna.
Alcuni studiosi statunitensi, hanno pubblicato ampi saggi in cui documentano ampiamente come Israele condizioni la politica estera statunitense. (1) Questi interventi, ovviamente, hanno innescato polemiche e repliche durissime ma niente, se non l'opportunismo o la subalternità, può impedire ai saggi di John Mearsheimer e Stephen Walt o di James Petras, di aver messo i piedi nel piatto e di aver denunciato una situazione reale. Gli anatemi sull'antisemitismo anche questa volta non reggono. Non regge neppure l'altro anatema: quello di aver mutuato le teorie complottistiche che spianano la strada all'antisemitismo e non regge neanche l'accusa che spesso le autorità israeliane e i gruppi sionisti muovono agli ebrei che si schierano contro Israele: quella di odiare se stessi.

La parole di Napolitano e le leggi di Mastella

Ma i tre anatemi in questione, utilizzati a secondo di chi di volta in volta deve essere colpito e neutralizzato, sono esattamente gli stessi sotto i quali la stragrande maggioranza della sinistra e degli intellettuali democratici italiani capitola quando deve prendere posizioni critiche verso Israele.
Adesso questo sistema di scomunica/anatema è diventato dottrina ufficiale nel nostro paese attraverso le parole del Capo dello Stato, il Presidente Giorgio Napolitano, e attraverso un disegno di legge che - ammantato della buona intenzione di impedire discriminazioni e incitamenti agli odi di razza, sesso e religione - rischia di mandare in galera tutte le opinioni dissonanti. Alcune di queste possono e debbono essere ripugnanti e ripudiate, ma il DdL Mastella contiene anche altri rischi: mandare in galera la gente sulla base di un reato di opinione ed piegare queste opinioni ad una verità di Stato fortemente condizionata da gruppi di pressione particolare.
Quando si parla di Israele, scatta infatti lo stesso meccanismo che blocca la legalità internazionale: Israele resta un paese speciale verso il quale le categorie, le parole, le scelte politiche valide erga omnes non valgono più.
La sinistra italiana ed europea dunque assume su di se il senso di colpo dell'occidente che organizzò e chiuse gli occhi di fronte allo sterminio, alle persecuzioni, alle leggi razziali. La stessa sinistra crea così le condizioni non solo per rimuovere il fatto storico che anche contro quello sterminio e le leggi razziali impugnò le armi, organizzò la resistenza, condivise con gli ebrei lo sterminio dei campi di concentramento, la voglia di riscatto e la lotta per libertà, ma crea anche le condizioni politiche, culturali e psicologiche per cui allo stato degli ebrei - Israele - può ancora oggi essere consentito tutto anche quando ciò produce morte, sopraffazione e deportazione di un altro: quello palestinese. E' una distorsione inaccettabile della storia e della realtà odierna contro cui occorre aprire una battaglia politica e culturale a viso aperto e senza tentennamenti.
Ma la gran parte della sinistra italiana ha via via introdotto un'altra gravissima distorsione nell'analisi della realtà quando si parla di Israele. Viene infatti assunta come verità il fatto che "Israele è l'unica democrazia del Medio Oriente". Sulla base di questo assioma, tutte le forze dell'occidente - siano essere reazionarie e neoconservatrici o progressiste e liberali - non possono che schierarsi al fianco di Israele sempre e comunque nei suoi contenziosi con il mondo arabo. Dal punto di vista politico, questa tesi è ancora peggiore della subalternità politico-psicologica prima segnalato. Assume infatti una asimmetria clamorosa come punto di partenza per ogni ragionamento che va assai oltre l'equidistanza tra le ragioni dei palestinesi e quelle israeliane, posizione questa già di per se ingiustificabile di fronte alla realtà.(2)
In questa tesi infatti vi è l'assunzione piena e rinnovata della logica colonialista, per cui anche il peggiore occidente era più avanzato e civile del migliore popolo colonizzato. Ma non solo, vi è anche l'ossimoro implicito per cui un paese può essere democratico con i suoi cittadini ma oppressore e razzista verso tutti gli altri. La realtà israeliana questa contraddizione la esprima tutta intera e non occorre avere più alcuna paura delle parole nell'indagarla e nel definirla.

Il sionismo è una ideologia reazionaria da combattere apertamente

Israele come stato confessionale, è un orrore della storia prodotto da un altro orrore. E' uno Stato che non si è potuto dotare di una Costituzione perché l'identità su cui fondarsi non è riuscita ad essere altro che "lo Stato degli ebrei". E' uno Stato fondato su una ideologia nazionalista come il sionismo che separa nettamente gli ebrei dagli altri.
Piero Fassino nell'assemblea di Sinistra per Israele, non solo ha affermato che in "Medio Oriente non esistono torti da una parte e ragione dall'altra" (cosa molto, molto discutibile) ma ha usato un paragone sballato quando parlando del sionismo lo ha paragonato al movimento che portò al Risorgimento italiano. Il Risorgimento infatti puntava all'unità del paese e alla cacciata degli austriaci ma ha anche prodotto l'annessione violenta e la colonizzazione del Tirolo, dell'Istria, della Dalmazia, finanche l'invasione della Libia (intesa proprio come risarcimento). In sostanza - essendo movimento nazionalista a egemonia borghese - ha prodotto anche l'ideologia fascista. Le cosiddette componenti progressiste del sionismo, sono state liquefatte e neutralizzate proprio con la nascita di Israele dove il sionismo si è fatto Stato ed ideologia di Stato, dando applicazione ad una politica di colonizzazione violenta che ha espulso migliaia di palestinesi, ha escluso i non ebrei dalla piena gestione dello Stato, ha costruito concretamente un regime di apartheid interno (verso gli arabi-israeliani) e un modello colonialista verso i territori palestinesi occupati. Su Israele come sistema di apartheid esiste una documentazione immensa dal punto di vista storico, giuridico ed anche (per i più pigri) giornalistico (2) che solo l'inerzia o la complicità della politica ha saputo o potuto ignorare quando si parla di Israele come "unica democrazia del Medio Oriente".

Il rischio di diventare silenti e complici

La sinistra italiana ed europea dovrebbe dunque scrollarsi da dosso ogni paura delle parole e recuperare categorie, linguaggi e iniziativa politica che consentano di denunciare i crimini israeliani o le violazioni della legalità internazionale né più né meno che per altri paesi. Che impongano ai propri giornali e ai propri leader politici di chiamare i "territori" come si devono chiamare cioè "Territori Occupati Palestinesi". Che consenta di affrontare senza alcuna timidezza i settori e le personalità reazionarie del sionismo italiano quando interferiscono con la dialettica democratica del nostro paese. Che consenta di riaffermare come oggi in Medio Oriente ci sono occupanti e occupati, che gli occupanti hanno torto e gli occupati hanno ragione da vendere, che gli occupanti sono gli israeliani e che gli occupati sono i palestinesi e che si vuole veramente la pace in Medio Oriente essa deve essere fondata sulla giustizia riconoscendo storicamente, politicamente i torti inflitti da Israele alla popolazione palestinese. Il risarcimento della storia verso gli orrori della Seconda Guerra Mondiale c'è stato. E' tempo che la sinistra e i governi europei ( a cominciare da quello italiano) mettano mano al risarcimento verso i palestinesi. Dire e fare altro diventa complicità con gli orrori di oggi, in Palestina come in Iraq.

Note:

(1) Jhon Marsheimer e Stephen Walt: "La lobby israeliana e la politica estera degli Stati Uniti reperibile in www.lrb.co.uk. . James Petras: "Perchè è cos' importante condannare Israele e la lobby sionista". In Italiano vedi il sito www.forumpalestina.org

(2) Proprio per combattere la tesi dell'equidistanza tra causa palestinese e diritto di Israele nel 2003 è stato pubblicato "L'impossibile simmetria. Palestina e Israele nell'epoca della guerra infinita", Quaderni di Contropiano

(3) Uri Davis. "Israele perché è apartheid"(Israel an apartheid State, Zed Books, London 1997). Vedi anche il più recente saggio di Ilan Pappe "Il ripiego etnico", tradotto da Marco Perugini e disponibile sul sito del Forum Palestina (in documenti)

a cura della redazione di Contropiano
http://www.contropiano.org

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