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Sardegna, Corsica e Baleari: Dichiarazione congiunta in occasione del Forum Sociale Europeo

di Partito Comunista Francese della Corsica, Partito della Rifondazione Comunista della Sardegna, Isquierda Unida delle Isole Baleari

(12 Novembre 2002)

Il Forum Sociale Europeo che si tiene a Firenze rappresenta un grande passo in avanti, in un profondo confronto tra idee ed esperienze, nel processo di costruzione di un’Europa alternativa al neoliberismo, alla globalizzazione capitalistica e fermamente contraria alla guerra.

La manifestazione di domani, sabato 9 novembre sarà la prima manifestazione di livello europeo contro la guerra. Il suo significato politico non potrà passare inosservato: no alla guerra in Iraq, con o senza la risoluzione dell’Onu, senza se e senza ma.

Deve essere chiaro che l’Europa civile è contro la guerra infinita di Bush. E' necessario però che l’Unione e i suoi singoli Stati non solo contrastino l’attacco all’Iraq, ma rigettino la guerra come strumento finalizzato alla risoluzione delle controversie internazionali. Così come è necessario rafforzare i movimenti nazionali di opposizione ai governi che hanno apertamente sostenuto gli USA nel loro progetto di attaccare l’Iraq: i governi Berlusconi, Aznar e Blair.

In Europa esiste ancora un fiorente mercato della guerra che con le sue produzioni va ad alimentare tutti i conflitti del pianeta. E’ necessario attivare le procedure di riconversione delle aziende produttrici di armi destinate alle aree di guerra. Denunciamo e contrastiamo, anche in Europa, ogni economia di guerra che aumentando le spese militari, tolga risorse allo stato sociale.

Ribadiamo la vocazione alla pace del Mediterraneo e il nostro impegno a proteggerlo da usurpazioni militari, di violenza, di guerra.

Il clima di insicurezza sociale presente oggi in Europa, di incertezza del futuro da parte dei giovani e delle famiglie, la costruzione artificiosa del “nemico”, rappresentano le prime cause dell’insorgere dei movimenti dell’estrema destra. E’ la risposta razzista e violenta al fallimento del neoliberismo. Noi lottiamo contro l’odio etnico e religioso e per la costruzione dell’Europa solidale, dei diritti e dei popoli.

In questo contesto i governi cercano la criminalizzazione del conflitto sociale. Il tentativo del governo italiano di proibire la riunione del Forum Sociale Europeo è la ulteriore prova di un orientamento, già sperimentato a Genova, che porta a negare lo spazio urbano come spazio delle libertà politiche. Non vivremo nelle nostre città come se si trattasse di centri commerciali!

Sosteniamo con forza l’obbiettivo dell’Europa dei diritti per tutti e per tutte. In Europa la “rivoluzione capitalista restauratrice” mette mano alle istituzioni e restringe la democrazia. La linea di tendenza è mondiale, certamente. Ma nell’Unione Europea è più pericolosa, perché rischia di segnare indelebilmente dettati fondamentali, istituti e organi di governo proprio al momento della loro nascita. Dalla Carta di Nizza alla Convezione è evidente l’ispirazione neoliberista. Sia sul versante sociale, che su quello istituzionale. Con il tentativo per di più, di ribassare i livelli di democrazia organizzata dei partiti agli standard turchi, come nel caso della "ley de partidos" spagnola.

Fino ad ora i processi di unificazione percorsi sviluppano un’oggettiva concorrenza tra regioni ricche e povere e in prospettiva creano un nuovo Mezzogiorno d’Europa. Per noi il processo di costituzione dell’Europa politica deve necessariamente essere accompagnata dall’acquisizione dei diritti universali della cittadinanza (al lavoro, alla sanità, all’istruzione, alla pensione, alla mobilità, alla qualità della vita), dalla democrazia partecipativa, dall’articolazione democratica e solidale delle autonomie locali.

Uno dei soggetti fondamentali che lottano per il conseguimento di questi obbiettivi è il nuovo movimento operaio che riprende la sua mobilitazione in Europa. La condizione di lavoro, il salario, la precarietà, la coscienza dello sviluppo globalizzato dell’economia capitalistica, contribuiscono a superare la frammentazione sociale e rappresentano un formidabile fattore unificante del movimento operaio europeo e delle sue lotte.

Un movimento operaio che comprende sempre più larghe fasce di migranti, almeno di quelli che sono riusciti a superare la militarizzazione delle frontiere e le politiche repressive sull’immigrazione. Contestiamo con forza la regolamentazione dei flussi migratori e dei permessi di soggiorno legata a rigide norme sull’ottenimento di un posto di lavoro. Essa, con la parvenza del buon senso, nasconde quanto di più inumano e umiliante si possa immaginare: lo sfruttamento del lavoratore combinato alla minaccia permanente di espulsione.

E’ necessario rimuovere uno degli ingranaggi del neoliberismo: la privatizzazione dei servizi e dei beni pubblici. Dall’acqua all’energia, individuando alternative ai nostri attuali modelli di consumo, dobbiamo percorrere una via che consenta a tutti e a tutte una nuova qualità dello sviluppo e della vita.

Per questi motivi, le nostre organizzazioni si impegnano nelle iniziative del Forum Sociale Europeo, e all’approfondimento di questi temi a partire dalle proprie realtà insulari.

8 novembre 2002

David Abril Hervàs, portavoce Esquerra Unida de les Illes Balears
Michel Stefani, segretario della Federazione del Partito Comunista Francese dell’Alta Corsica
Sandro Valentini, segretario regionale del Partito della Rifondazione Comunista della Sardegna

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