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Il coraggio di Rifondazione

(10 Febbraio 2007)

La votazione avvenuta in Senato sulla costruzione della nuova base militare americana a Vicenza, merita una attenta riflessione da parte di tutti noi, ma soprattutto richiede un atto di coraggio da parte dei dirigenti di Rifondazione Comunista.

Ritengo, infatti, che il tempo per qualsiasi ulteriore stato di ambiguità, se mai era stato concesso, sia proprio scaduto.

Non vale (mi rivolgo, soprattutto, al capogruppo del PRC a Palazzo Madama, Giovannino Russo Spena, compagno di tante battaglie) trincerarsi dietro trucchetti da vecchi sindacalisti psiuppini (comunque dei giganti, politicamente parlando rispetto a ciò che circola oggi: pensiamo a Giovannini, Lettieri, Ferraris, ecc.), quando la distinzione tra “presa d'atto” , “assume”, “approva” rappresentava il salvagente per uscire da tante situazioni complicate nei Direttivi, nei Comitati Centrali, nelle Direzioni (sapevamo che si trattava di nominalismi: ma, all'epoca, potevamo forse permetterceli e comunque servivano).

Le cose, oggi, stanno diversamente e stanno sul terreno della scelta di campo: Rifondazione Comunista ed il resto della “sinistra radicale” hanno raccolto voti, essenzialmente,sul terreno del “contro”, sul terreno della “pars destruens” rispetto al berlusconismo: oggi, alla prova dei fatti (che era facile prevedere) ci accorge che l'eventuale “pars costruens” nello stare al governo, non è poi tanto dissimile dal passato; anzi, sulle questioni decisive siamo ad un dipresso, ma proprio ad un dipresso, dalla continuità assoluta.

Allora serve un atto di coraggio, che non può essere, per Rifondazione Comunista quello del ritorno all'opposizione: questa sì che sarebbe una storia ambigua.

Il gesto di coraggio deve essere quella della presa d'atto fino in fondo del percorso che è stato compiuto e dell'allineamento, senza infingimenti, con la politica liberista, atlantica, filo – americana di questo governo: si tratta di avere il coraggio di perdere qualche centinaia di migliaia di voti, di liberare tutti dall'equivoco del ritorno della destra, del consentire a sinistra la riapertura di una dialettica seria, fondata su di un confronto serrato tra chi ormai è “di governo”, comunque, e chi se ne colloca fuori, traguardando ancora una alternativa non politicista, ma di società.

Certo: l'area dell'alternativa è ancora tutta da costruire, in particolare sul piano della soggettività politica, ma c'è bisogno di gesti liberatori, di atti politici conseguenti, di uscire dal pantano.

Tentare la strada del “partito di lotta e di governo” rappresentò un punto (fra i diversi) del lento declino del PCI (un partito da oltre un milioni di iscritti e da dieci milioni di voti) mentre per Rifondazione Comunista rappresenterebbe, semplicemente, l'accelerazione di una crisi verticale che, ormai, ha già attraversato l'angolo.

Non vorrei apparire troppo sbrigativo: ma l'osso, il nocciolo duro, della vicenda attuale della sinistra italiana sta dentro a queste considerazioni e mi pareva proprio fosse il caso di entrare nel merito, senza eccessivi tentennamenti.

Savona, li 3 Febbraio 2007

Franco Astengo

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