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Il governo Prodi e l’Unione all’ultima fermata: Kabul

(23 Febbraio 2007)

Le contraddizioni che si annidavano nella maggioranza a sostegno del Governo Prodi sono emerse sulla questione determinante della guerra: solo due senatori hanno portato fino in fondo coerentemente le proprie posizioni contro la politica estera dell’Unione a sostegno delle guerre USA nel quadro di guerra multilaterale, ma tanto è bastato per far saltare la maggioranza.
Nonostante le pressioni, i vergognosi e minacciosi ricatti morali e politici su Rossi e Turigliatto, a cui esprimiamo la piena solidarietà per la coerenza dimostrata per la quale adesso subiscono anche il “processo politico” da parte del PRC e del PdCI, la debolezza e l’arroganza della maggioranza si è infranta sulla volontà dei due senatori di prestare ascolto alla base popolare, che si è nettamente espressa contro le basi e contro la guerra, contro l’aggressività statunitense e contro le missioni militari mascherate da missioni di “pace” con la magnifica manifestazione di Vicenza.
Prodi e D’Alema, anziché interrogarsi sulle richieste provenienti dal popolo vicentino ed italiano, hanno preferito rispondere con arroganza, scavandosi la fossa con le proprie mani.
Purtroppo, altri parlamentari dissidenti, che nei mesi scorsi hanno rilasciato centinaia di roboanti dichiarazioni contro la guerra, non hanno fatto seguire i fatti alle parole, perdendo l’occasione di rappresentare la chiara posizione della maggioranza degli italiani contro le missioni militari, e confermando la sostanziale continuità della politica estera italiana del centrodestra e del centrosinistra (nonostante la propaganda dell’una o dell’altra parte).

Il PRC e il PdCI, dopo aver accettato supinamente le scelte del Governo sulla base di Vicenza e sulla missione in Afghanistan di cui si apprestano a votare il rifinanziamento, stanno ora lavorando alacremente per riesumare la salma del Governo Prodi, con un’operazione di bassa contabilità priva di qualsiasi reale svolta politica. Giordano è persino disposto ad imbarcare il centro-mezzista Follini in maggioranza, nel tentativo di non affondare.
L’Unione si è svelata per quello che è, una alleanza completamente iscritta nelle politiche antipopolari del neoliberismo e della guerra come risoluzione delle controversie internazionali, cioè delle politiche neocolonialiste ed imperialiste. Non bastano promesse fumose di exit strategy peraltro neppure impostate né finanziamenti alla cooperazione internazionale e alle Ong per segnare una svolta in politica estera: queste scelte sono invece ambigue e strumentali rispetto ad una penetrazione neocolonialista più profonda nelle aree strategiche del Medio Oriente.
La facciata del multilateralismo e dell’ONU non giustifica infatti le aggressioni militari passate né tanto meno quelle che si vanno preparando per la primavera in Afghanistan: il NO alla guerra deve restare senza se e senza ma, con o senza l’ONU!

Mantenere ancora in piedi questa maggioranza non ha dunque più senso, se non per proseguire nel disfacimento di qualunque ipotesi alternativa di politica sociale, economica, estera. Sarebbe servita una risposta coerente e ferma da parte di tutta la “sinistra radicale”, che avesse collegato la questione delle basi al sistema di guerra che gli USA vogliono imporre agli “alleati” in funzione aggressiva, per rovesciare il segno della politica estera italiana: è stata invece riconfermata completamente il filo-atlantismo e le politiche di guerra perseguite costantemente dai governi italiani fin dalla prima guerra del Golfo, passando dall’intervento in Somalia alla guerra contro la Yugoslavia (presidente del consiglio D’Alema), per arrivare alle ultime avventure (Afghanistan, Irak, Libano). Chi ha bombardato il Kosovo nel 1999 (D’Alema) per Giordano e il PRC diventa oggi il grande innovatore in politica estera, ma non basta il ritiro delle truppe dall’Irak (mantenendo la presenza in Afghanistan e in Libano) per invertire il segno aggressivo e militarista, confermato peraltro dall’aumento delle spese militari della Finanziaria 2007.

Per più di 10 anni da tutti i governo del centro-sinistra è stato agitato lo spauracchio Berlusconi per giustificare lo spostamento a destra della politica sociale ed economica italiana: privatizzazioni, svuotamento della Costituzione, precarietà del mondo del lavoro ecc.
Oggi, anche PRC e PdCI hanno confermato di essere ormai totalmente subalterni al riformismo filo-atlantico di Prodi, D’Alema, Amato e Rutelli. Tuttavia, come avevamo auspicato durante la campagna elettorale, le contraddizioni sono infine scoppiate nel seno della sinistra “radical-alternativa”. Di fronte a questo disastro politico, sta adesso a tutte le forze coerentemente antiliberiste e antimilitariste indicare una direzione comune per dare concretezza ad una strategia di opposizione sociale e politica anticapitalista nel nostro paese.
Occorre rompere la camicia di forza del bipolarismo e conquistare una legge elettorale proporzionalista che permetta la rappresentazione reale del Paese: abolire il maggioritario (più o meno corretto) è l’unica soluzione per dare rappresentanza all’opposizione sociale e politica anticapitalistica del nostro Paese.

Ai comunisti il determinante compito inserirsi nelle contraddizioni, avviare processi di ricomposizione sociale della classe nelle lotte e nel conflitto sociale, e di riorganizzazione politica di un soggetto capace di progettare una piattaforma di trasformazione radicale della realtà.

Associazione Comunista IL PIANETA FUTURO

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