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Il nuovo che torna

Il nuovo che torna

(30 Agosto 2010) Enzo Apicella
Il segretario del PD Bersani propone un "nuovo Ulivo".

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Governo kamikaze o svolta autoritaria?

Considerazioni sulle ragioni di una crisi strumentale, pilotata verso esiti reazionari

(28 Febbraio 2007)

L’agonia della sinistra opportunista e sedicente “radicale” - la quale ha tentato di narcotizzare la nascente opposizione alle politiche di guerra, alla militarizzazione del territorio, al contenimento e disarticolazione dei diritti del lavoro e all’abbattimento delle conquiste sociali, inalveandola in un in una scacchiera di rivendicazioni parziali e in un impotente riformismo - facilita il debutto di una nuova concezione della democrazia parlamentare: la paralisi del sistema della rappresentanza politica. Non riterremmo utile una riflessione sul ribaltamento delle regole del regime “democratico” se non verificassimo che la manovra in corso configura prospettive pericolose in direzione di una ulteriore fase di repressione del dissenso all’interno del Paese e di proiezione di forza militare all’esterno.

• La caduta di Prodi è frutto di un piano preordinato teso ad emarginare la sedicente “sinistra radicale” (Rifondazione, Comunisti Italiani e mettiamoci anche i Verdi) dal governo e, cosa ancor più grave e portatrice di un futuro infausto, creare nel Paese le condizioni politiche per poter criminalizzare, nel senso vero della parola e non solo nelle campagne stampa, la sinistra militante e tutti coloro che si oppongono alle basi della guerra.

• Questo piano si è concretizzato in un “colpo di mano” mirante a sostituire il governo scelto dagli elettori meno di un anno fa con un “Prodi Bis” politicamente molto diverso, un governo forte istituzionale, cioè in pratica una dittatura del presidente del Consiglio che riporti al potere un “centro” forte, riedizione dei governi DC di destra (se va bene). Una simile operazione configura in sè il pericolo di un "colpo di stato" anche più grave, perchè la forma "forte" è supportata da una consistenza numerica molto debole, il che potrebbe determinare entro breve tempo un'altra crisi, questa volta letale per il cosiddetto "centro sinistra". Il precedente per un governo forte è dunque già creato, e un'ulteriore svolta autoritaria, di destra nei fatti, resa attuabile.

• Compito del “nuovo” esecutivo sarà quello di operare per la demolizione definitiva dello stato sociale (con la privatizzazione dei servizi sociali territoriali e l’innalzamento dell’età pensionabile), per un ulteriore attacco alle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori (come già si vede con l’espulsione dalla CGIL dei delegati indagati in relazione all’indagine su una presunta ricostituzione di bande armate, delegati votati nei posti di lavoro per le loro posizioni di effettivo antagonismo all’organizzazione capitalistica del lavoro), e per un sempre più puntuale allineamento del Paese all’agenda bellica statunitense (non solo con la partecipazione diretta delle truppe sui teatri di guerra, ma soprattutto con la militarizzazione del territorio e la realizzazione delle grandi opere ad essa necessarie). Di operare cioè contro la volontà espressa dagli elettori, la cui maggioranza ha votato un programma diametralmente opposto. E non è escluso che una nuova legge elettorale, promulgata da un governo istituzionale, sbarri del tutto la strada alle illusioni della sinistra opportunista.

• Se la manifestazione effettivamente di massa di Vicenza ha contribuito a rendere insostenibile la situazione della “sinistra “ interna al governo Prodi, è da sottolineare che è l’”errore”, o meglio dire l’orrore, commesso dai gruppi dirigenti entrando in questo governo – mettendosi nelle evidenti condizioni di subire un costante ricatto - che ha messo i suoi parlamentari nella per loro drammatica condizione di scegliere tra il rispetto della volontà dei propri elettori, contrari alle politiche di guerra, e una scelta di opportunità che contrastasse la manovra autoritaria ormai in corso.

• Si evidenzia anche in questa occasione l’estrema debolezza delle posizioni opportuniste – dalla sinistra istituzionale all’area dei pacifisti – che, mentre si fanno portavoce di un dissenso “di principio”, oscillano poi di fatto tra delirio governista e movimentismo, finendo con il dover accettare la cooptazione a scelte in contraddizione con i loro stessi enunciati ed agevolare le manovre intese a dividere il fronte di opposizione alle politiche antisociali e belliciste.

• Non riteniamo né giusto né opportuno il linciaggio politico-mediatico nei confronti dei due senatori che hanno disertato il voto a favore del governo della guerra, ma non possiamo non sottolineare che sono stati fino ad ora corresponsabili di tutte le scelte operate da questo governo. È invece, riguardo a questo caso, particolarmente grave che si voglia cancellare il principio costituzionale secondo il quale il deputato eletto ha la prerogativa di poter votare secondo coscienza e secondo il mandato ricevuto dai propri elettori: si nega nei fatti in questo modo la funzione del Parlamento e si avalla il golpe. Pensiamo piuttosto che sia imprescindibile la denuncia dei veri responsabili dell’aver creato le condizioni per il golpe che si prospetta, non solo i vertici del centro sinistra che l’hanno progettato, ma soprattutto la sinistra opportunista che ha avallato il governo uscente e le organizzazioni che hanno incanalato il dissenso verso forme di impotenza collateralista o pacifista.

• È necessario sottolineare che il nostro è di fatto un Paese occupato e che la presenza delle più di 140 basi USA e NATO sul territorio nazionale non determinano “soltanto” la politica estera “nazionale” ma tengono in ostaggio qualunque genere di parlamento eletto: se un governo non è abbastanza efficiente e rapido nell’applicare le direttive lo si cambia utilizzando quelle stesse regole democratiche che altrove, dove si tratta di cambiare non un governo ma un regime, si vogliono esportare con la guerra.

• Risulta evidente la necessità non solo di saldare le lotte sociali con l’opposizione intransigente alla guerra imperialista, ma anche di costruire una reale solidarietà con i popoli resistenti, senza cadere nel pregiudizio democraticista che assegna al “nostro” sistema politico una superiorità intrinseca. Ed è necessario saper riconoscere e sostenere le organizzazioni resistenti che hanno un reale portato antimperialista senza indulgere all’acritica esaltazione di dirigenze settarie e reazionarie come quelle che, nel mondo arabo, combattono di fatto contro le organizzazioni della Resistenza.

• Sede opportuna per opporsi alla manovra autoritaria, disegno e frutto del “sovversivismo delle classi dirigenti”, non è il Parlamento ma ogni luogo dello sfruttamento, posto di lavoro, scuola, territorio. Il punto di riferimento sono le nuove lotte contro le basi militari, le grandi opere e i gruppi di interesse che a queste sovrintendono. Nelle mobilitazioni che con ogni probabilità seguiteranno a svilupparsi è necessario dare slancio anche all’opposizione alla svolta autoritaria e ribadire la solidarietà a tutti i compagni colpiti dalla repressione.

COMITATI CONTRO LA GUERRA - MILANO

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