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Colombia: un’alleanza per salvare il paese

(12 Gennaio 2007)

Con discorsi altisonanti e rissosi, il Presidente avanza inesorabilmente verso la bancarotta politica. I suoi collaboratori sono sotto il fuoco della crisi, mentre lui si mostra come immacolato nel bel mezzo del marciume istituzionale della “narco-para-politica”. Chiede nervosamente ai coinvolti di dire la verità, ma i “narco-para-politici” sono i suoi stessi compari del partito della U, di Cambio Radical, di Alas Colombia, di Colombia Democrática ed altri che lo avevano portato alla presidenza. A questo punto, quelli della Direzione dei conservatori devono certamente avere la sensazione di essere saliti sull’autobus sbagliato.
Il Paese sta aspettando la verità, per avere la quale è necessario che la Corte Suprema di Giustizia e la nuova Procura, quella di Mario Iguarán, non si lascino intimidire.

Che interroghino i comandanti paramilitari reclusi ad Itagüí, i quali affermano da diverso tempo di voler dire la verità sui vincoli tra politici, imprenditori, grandi allevatori, militari ed altri personaggi e gli orrori del narco-paramilitarismo di Stato in Colombia.

Salvatore Mancuso aveva dichiarato chiaramente che il 35% dei congressisti era stato eletto dai paramilitari… E’ un dovere morale che su ciò venga aperta un’inchiesta, ed è diritto di tutti i colombiani conoscere la verità.

Se la ministra degli Esteri, quota del paramilitare Jorge 40 nel governo, non si è dimessa, non è per via della “Conchis” di Uribe ma per il timore che il denominato effetto “teflon” [In Colombia viene usato come espressione per indicare l’abilità di un qualche politicante di uscire indenne dalle crisi istituzionali, di governo, ecc. - N.d.T.] si trasformi nell’effetto “domino”.

Da esperto di cortine fumogene qual è, Uribe chiede con ricercata veemenza che si investighino i nessi tra i politici e la guerriglia… Ma allora dovrà spiegare il perché di tutte quelle retate di massa e di quelle lunghe code di cittadini ammanettati o legati, obbligati dall’esercito a salire su aerei militari C-130 diretti ai bunker della Procura di Bogotá. Erano maestri, sindacalisti, commercianti, medici, infermieri, preti, indigeni, funzionari pubblici, tutti accusati di essere guerriglieri o fiancheggiatori della guerriglia. L’obiettivo immediato era di terrorizzare la popolazione e di dissuadere in tal modo qualunque appoggio o prossimità dei colombiani verso la guerriglia, attraverso la politica fascista di Sicurezza Democratica. In tempi non remoti questo governo si è vantato di aver incarcerato più di 150.000 cittadini durante il suo primo quadriennio.

Senza dubbio tutti questi spropositi ed abusi di potere, come quella crociata anti-sovversiva contro il popolo diretta dalle alte sfere e che è sfociata in spaventosi massacri, assassinii selettivi, sparizioni e sfollamenti forzati della popolazione, devono essere investigati e castigati in maniera esemplare. La scena del generale Rito Alejo del Río che fa sparare raffiche e bombardare dagli elicotteri e dagli aerei i contadini di Salaquí, nel nord del Chocó, in un’azione congiunta con i paramilitari, non può sparire dalla coscienza collettiva.

Dobbiamo trovare alternative e vie d’uscita a questa grave crisi strutturale generata dalla “narco-para-politica” in Colombia. Il Paese percepisce che il governo di Uribe è tanto illegittimo quanto illegale, e non perde la speranza che i brogli elettorali, architettati da Jorge 40 e da Jorge Noguera del DAS a favore dell’attuale presidente, non passino sottobanco. Questa mafia narco-paramilitare, che si è impossessata del Palazzo di Nariño e del Capitolio Nazionale, deve andarsene da questi templi della Repubblica.

Uribe deve dimettersi. Quest’emergenza in Colombia esige che vengano indette urgentemente nuove elezioni. Bisogna lavorare per un’alleanza che salvi la nazione. Le organizzazioni politico-sociali, i partiti ed i movimenti democratici, i militari che non si sono macchiati di reati e tutti i colombiani che provano dolore per la patria devono unirsi per costruire un’alternativa di governo decorosa, che dia priorità ai programmi sociali, prenda le distanze dalla politica neoliberale, assuma una posizione patriottica rispetto al Trattato di Libero Commercio ed al debito estero, e che sia favorevole alla soluzione politica del conflitto attraverso l’interscambio umanitario di prigionieri.

Montagne della Colombia, 15 dicembre 2006

Iván Márquez
Membro del Segretariato delle FARC-EP

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