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Addio compagne

Addio compagne

(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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Un libero sfogo.

(30 Marzo 2007)

Si è aperta giorno 29 la Conferenza Nazionale di Organizzazione del PRC, Liberazione ha dedicato le prime due pagine all’avvenimento attuando quella che si potrebbe definire una “cronaca poetica”, cioè una continua ed insopportabile autocelebrazione dei gruppi dirigenti, della serie: quanto siamo belli, quanto stiamo facendo bene, quanto abbiamo ragione.

Si possono citare frasi il cui significato appare ancora oscuro all’umanità, tipo: “Trasformare il presente per costruire il futuro” (sembra una pubblicità dell’Alfa Romeo), “Le forme della politica si articolano in un tempo che appare sempre più come quello del non più, il non più del ‘900, dei concetti e degli arnesi teorici della modernità e il non più di un’incompiutezza che ci costringe fortunatamente alla ricerca continua, alla sperimentazione, a mettere in gioco pratiche ed analisi, a utilizzare linguaggi e parole nuove, ricostruite nella relazione con il presente”, sembra l’imitazione che fa Fiorello a Franco Battiato… ed è desolante, perché non si può sostituire l’ideologia con il dizionario, non si possono ad esempio tirare fuori i “topoi” (per altro stantii e un po’ ridicoli) della non violenza ogni volta che si vogliono evitare argomenti spinosi o di cui non si ha la benché minima conoscenza, non si può continuare ad andare contro la violenza spesso (non sempre, ma spesso) costruttiva degli oppressi e legittimare in Parlamento la violenza inaccettabile degli oppressori, non si possono marginalizzare settori di lotta che rischiano di cadere nelle tentazioni folli del terrorismo. Occorrerebbe che questo Partito tornasse finalmente a parlare con un altro linguaggio, meno pranzo di gala e più rivoluzione. Occorrerebbe che questo Partito tornasse a parlare di lotta di classe e del tanto vituperato odio di classe, che smettesse di coprire con abili argomenti la marcia a tappe forzate verso l’inganno della socialdemocrazia. Occorrerebbe forse che i gruppi dirigenti di questo Partito compiano ogni giorno un bagno di umiltà, e si pongano domande tipo: Ma io chi sono, cosa ho fatto per potermi permettere di criticare 150 di lotte e rivoluzioni? Con quale arroganza mi permetto di demolire esperienze costruite con il sacrificio di milioni di compagni in altri Paesi ed in altre epoche politiche? Con quale supponenza mi permetto di definire “schegge” i giovani che contestano la linea politica del PRC? E visto che si esalta così tanto l’inchiesta, la ricerca etc. etc. perché non si bloccano processi autoreferenziali ed escludenti, migrazioni di ceti politici, costituenti di fantomatiche sinistre europee viste come fumo negl’occhi dalla maggioranza dei comunisti del nostro continente?
Perché invece i gruppi dirigenti del PRC non scendono dai loro piedistalli e dalle loro LibereAssociazioni per ascoltare la base che di Afganistan e Lanzillotta non ne vuol sapere?
Perché Liberazione non parla dei tanti Circoli che muoiono (come il mio ad esempio), dei tesseramenti in calo, dei continui processi di passivizzazione degli iscritti e di perdita di militanti? Perché anche a Liberazione dovrebbero sapere che in questi anni tanti militanti hanno abbandonato il Partito, spesso perché il Partito non dava loro nulla, non gli forniva conoscenze (né esempi virtuosi), non era disposto a promuovere i bravi e retrocedere i cretini (che invece si vedevano conferire incarichi avendo come unico merito la fedeltà), il tutto è secondo me frutto di un disegno politico, perché i militanti sono pericolosi, i militanti non si “bevono” quattro bizantinismi lessicali, vogliono contare, vogliono decidere, vogliono né più e ne meno che un posto dove faticare dalla mattina alla sera per costruire per davvero il loro mondo, vogliono cioè il loro Partito.
Ma i gruppi dirigenti bagni di umiltà non né fanno, sono sempre più impegnati a raccontare favole di movimenti che spostano a sinistra l’asse dell’Unione, di lotte che vincono grazie a Rifondazione, ed io dalla mia piccola e povera provincia, io che i movimenti non li ho mai visti, perché il movimento eravamo noi e basta e se qualcuno aveva la febbre l’iniziativa saltava, mi sento soltanto preso in giro, e mi ritrovo (e ci ritroviamo) dopo anni di militanza a dover fare tutto daccapo, a ricostruire una comunità Partito che quasi non esiste più, senza riceve 100 lire dalle “Istanze Superiori” (per l’attività politica s’intende), senza più persone disposte a rientrare, ed in fondo senza neanche più quell’entusiasmo degli idealisti che oramai giace da tempo sulla mensola dove stanno allineate le tessere. E’ da un po’ che lo dico: questo Partito logora.

Roberto Capizzi, Coordinamento Fed.le GC - Enna

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