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Revelli e Bifo difendono Bertinotti dalle "prevaricazioni"

Sulla discussione Bertinotti/Revelli ed alcuni commenti di Bifo.

(1 Aprile 2007)

REVELLI HA PRECISATO: “L’ETEROGENESI DEI FINI NON VALE PER GLI AMICI”.
BIFO HA SCOPERTO IL FRONTE POPOLARE CONTRO IL MALE ASSOLUTO.


In buona sostanza, Revelli e Bifo, nel difendere Bertinotti contro l’accusa di guerrafondaio da parte degli studenti romani, ci invitano a valutare con più precisione le idee e le posizioni di chi ci sta di fronte. Bertinotti, per Bifo, si sentirebbe costretto a aderire alla guerra per non far cadere il governo e così per evitare il male assolutamente intollerabile rappresentato dal berlusconismo, ma resterebbe sostenitore della pace. Per Revelli, invece, quel piccolo, millimetrico, spostamento del suo amico non giustificherebbe gli insulti ricevuti (nel suo incontro con Comunione e Liberazione!).

Alquanto suggestivo, se il metro di giudizio diventa improvvisamente quello del signor precisino ad oltranza. Poiché Bertinotti non vuole la guerra (leggi “aggressione neocoloniale”, se vogliamo essere più precisi), ma a volerla è il governo che egli sostiene, ne deriva che il “nostro” sub-comandante sostiene il governo ma non esattamente la guerra.

Ma allora si potrebbe congetturare che anche Berlusconi, pur mandando i soldati in Iraq non era esattamente un guerrafondaio, giacché egli manifestò a Bush –come spesso soleva pavoneggiarsi- la sua contrarietà alla guerra, essendogli però amico, si sentì costretto a non lasciarlo solo.

Né ci sembra che la premessa bifiana dell’assoluzione di Bertinotti –cioè, la necessità ineludibile di non far ritornare il berlusconismo- abbia valore assorbente. Ci concederà il raffinato Bifo –che si è preteso critico sagace della real-politik- che l’enfatizzazione dell’avversario come Male Assoluto è servito alla sinistra per fare fronte “popolare” e per fare ingoiare ai lavoratori qualsiasi rospo nella lotta a tale Nemico.

Ad ogni modo, Bifo, nel suo approccio un po’ leggiadro a quanto è successo prima dei fischi e degli sberleffi, deve essersi distratto su due prese di posizioni espresse da Bertinotti. La prima sulla spedizione in Libano: questi alla stessa non è stato costretto, ma della stessa si è fatto orgogliosamente promotore. E’ forse questa una spedizione pacifista, più precisamente non-violenta, perché sotto l’egida dell’Onu? Neppure il garbato Zanotelli, per non dire il villano don Vitaliano, è d’accordo. La seconda riguarda il mitico discorso di D’Alema, che voleva giustificare la presenza italiana in Afghanistan adducendo modalità diverse. Si badi bene, con precisione: D’Alema non ha dichiarato “ci ritiriamo” o “trasformiamo i nostri mercenari in crocerossine, ma ha detto: “restiamo con i mercenari in modo diverso”. Ebbene, Bertinotti, non-violento, non ha risposto: “accettiamo obtorto collo per non far cadere il governo”; ma ha manifestato i suoi entusiasmi per la storica svolta di D’Alema. E ciò a parte ogni considerazione sullo storico convegno di Venezia -nel quale si dichiarò che la pratica della non violenza doveva evitare l’uso del Potere- cui ha fatto seguito –come nella consuetudine dei buffoni- una repentina conquista di Presidenza della Camera e di Ministeri.

Revelli, poi, è davvero stupefacente nella sua difesa, anche se –a differenza di Bifo- concede ai rampognati studenti che Bertinotti si è spostato di qualche millimetro.

Dopo aver massacrato tutti i protagonisti e le organizzazioni dell’Ottocento, che non avrebbero capito che i mezzi divorano i fini, ci viene a raccontare che Bertinotti al governo (da Bifo giustificato come “mezzo” contro il Male Assoluto), sarebbe rimasto indenne da quello che egli ha definito il vero volante della storia: l’eterogenesi dei fini. Anche per lui, pur critico per altri versi, Bertinotti resta immacolato, ancora sostenitore della pace.

Potremmo allora concludere, rovesciando la sua lezione sul Novecento: Stalin non divenne il capo di una burocrazia al Potere nel perseguire l’obiettivo finale dell’estinzione dello Stato, ma restò una sorta di comunardo perché continuava a “teorizzare” di esserlo, nonostante (per necessità) dovesse esercitare funzioni di burocrate. Orrore, per Stalin non vale. Per Bertinotti sì. Ma perché? Per amicizia?

A tal punto, gli studenti, se possiamo permetterci una libera traduzione delle loro parole, hanno giustamente replicato alla maniera di Costanzo: “novecentesco a me? Novecentesco a te!”

Noi salutiamo Bertinotti, associandoci ai fischi del villano.

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