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(2 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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Precari. Un libro che parla di noi

Recensione del libro "La rivoluzione Precaria, di Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo

(6 Aprile 2007)

Un libro di Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo racconta il movimento Francese anti Cpe,parlando anche della realtà Italiana, sempre piu’determinata dalla precarizzazione del lavoro.

Parafrasando uno dei piu’noti aforismi Marxisti, oggi “uno spettro si aggira per l’Europa… la precarietà”.

Così si potrebbe riassumere l’essenza del libro “La rivuluzione precaria” (Ediesse, Novembre b2006), scritto da due penne de Il Manifesto, Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo, rispettivamente giornalista economico e corrispondente da Parigi del “Quotidiano Comunista”.

Il libro è interemante dedicato al movimento francese contro il CPE (contratto di primo impiego), quello che Supiot ha definito come “la più grande e recente protesta di una giovane generazione contro lo svilimento del lavoro e dei suoi diritti”.

“La Rivoluzione Precaria” si presenta quindi come una classica produzione da “movimento”, raccogliendo interviste,riflessioni, analisi statistiche, documenti e manifesti prodotti in quella breve ma intensa ( e non esaurita) stagione di lotte.

Una stagione particolare,perchè per la prima volta le generazioni più giovani sono riuscite a dare una dimensione collettiva e politica a frustrazioni e paure per troppo tempo celate nella mera sfera individuale.

Il movimento dei giovani francesi ha rappresentato e rappresenta infatti un qualcosa che travalica le Alpi e, come ha scritto Ramonet nella prefazione del libro, ci parla dell’incapacità della sinistra nel saper leggere le trasformazioni avvenute, con gli occhi dei novelli sfruttati da organizzare e difendere. In una trama che va oltre i singoli provvedimenti del Governo di centrodestra e che evidenzia la portata gigantesca di una crisi. Quello di un modello di sviluppo che non riesce piu’ a garantire mobilità sociale, ridistribuzione di occasioni e potere (anche indipendentemente dal successo scolastico e universitario dei piu’giovani).

Nel libro si mette a nudo la crisi degli ultimi assiomi positivisti sopravvisuti alla caduta del muro di Berlino: non è piu’ vero che basta studiare e laurearsi per godere di condizioni sociali migliori di quella di partenza. Non è piu’ vero che “flessibile è bello”, che l’individuo solo sul mercato ( sul mercato di oggi, nell’economia riorganizzata di oggi) sia piu’ libero e consapevole.

Sotto accusa è certo la precarietà, la mano invisibile del mercato, la sistematica mercificazione del lavoro. Ma piu’ in generale sotto accusa è un modello che svilisce le energie migliori del continente, che crea tappi generazionali, che impedisce la messa in moto dei circuiti creativi, intellettuali, immaginifici, di cui le generazioni piu’ giovani sono portatrici.

Ed allora questo libro non parla solo della Francia, ma dell’intera Europa, dell’incapacità di rinnovare quel compromesso tra ragioni del mercato e ragioni del lavoro, che ha dato vita al welfare state, che ha responsabilizzato l’impresa, che ne ha ancorato le pulsioni piu’ animali al rispetto dei confini della cittadinanza.

E, quindi, il libro parla anche dell’ Italia.

Non a caso gli autori hanno voluto a tutti i costi uscire in libreria prima del 4 novembre, data della manifestazione indetta dal cartello “Stop precarietà ora”, divisosi negli ultimi giorni a seguito delle esternazioni dei Cobas che hanno convinto parte della Cgil e altri partecipanti a disertare l’appuntamento.

“La rivoluzione precaria” esprime una denuncia che inchioda la politica alle proprie responsabilità, alla propria funzione regolatrice e che. in fin dei conti, investe anche un’idea di democrazia e di libertà.

Come retoricamente si interroga uno degli studenti francesi nei giorni dell’occupazione della Sorbona :” che libertà è quella che si basa sull’insicurezza? Che democrazia sarà mai possibile se molti di noi saranno lavoratori precari per tutta la vita, con la sistematica paura anche solo di parlare, organizzarsi, denunciare le ingiustizie che subiscono?”

Un libro quindi che bisogna leggere, perchè raccoglie voci simili a quelle che potremmo ascoltare in un qualsiasi call center di Firenze, Milano o Roma o in un centro di ricerca di Napoli.

Un libro che parla di noi, dei nostri problemi, delle nostre sconfitte, ma soprattutto delle nostre possibili vittorie.

Letizia Tassinari

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