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(29 Luglio 2011) Enzo Apicella

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(Flessibili, precari, esternalizzati)

Il lavoro rende liberi?...I call center, una moderna catena di montaggio.

(6 Aprile 2007)

Negli ultimi anni si assiste alla diffusione di una miriade call center legati ad aziende che operano in tutti i campi produttivi, dalle comunicazioni alle assicurazioni ai servizi bancari…

Sono migliaia i lavoratori impiegati in queste moderne catene di montaggio telematiche: lavoratori giovani dai 20 ai 30 anni, alla loro prima esperienza lavorativa e senza cultura sindacale; meno giovani, over 40, ma in egual modo assunti con contratti precari: i contratti a progetto.

Le caratteristiche principali che le aziende chiedono agli operatori telefonici sono la flessibilià totale e la totale assenza di dissenso. Il turn over è altissimo e questo contribuisce ad eliminare in partenza le condizioni per il generalizzarsi del malessere causato dalle condizioni del lavoro cosi’ come la formazione di “zoccoli duri” di lavoratori che iniziano a rivendicare migliori condizioni di lavoro.

Tuttavia anche nei call center , regno del precariato e dell’alienazione, stanno iniziando a sperimentarsi percorsi di lotta e di organizzazione dei lavoratori contro la condizione semischiavistica del lavoro.

Anche nella provincia di Lucca, come ci racconta una lavoratrice del settore che per tutela della sua privacy chiameremo Anna, si sta finalmente cominciando a controllare da parte delle Autorità competenti queste situazioni lavorative.

” 2 euro 80 centesimi netti l’ora. Il resto è a cottimo col sistema del “talking” : ci si “loga”, ovvero sia ci si attacca al sistema e si comincia a telefonare, sperando che il cliente contattato ci faccia parlare illustrando l’offerta, ci fissi un appuntamento, attivi un servizio… Perchè se invece ci sbatte il telefono in faccia, ci insulta o gentilmente ci dice “no grazie”… restano i 2 euro e 80 centesimi l’ora. La parola schiavitu’ non è forse politicamente corretta. Ma…in quale categoria si puo’ inserire un lavoro del genere? Restare “logati” non è un obbligo di catene! Ma i Team leader”, cioè i “capetti”, o il Supervisore o la Dirigenza rispondono solerti alle rimostranze dei lavoratori con la minaccia di non rinnovare il contratto : ” se non vi va bene potete andarvene, abbiamo la fila di persone che chiedono di lavorare qui”.

E questo purtroppo è vero, vista la fame di lavoro. E, oltre alla beffa, il danno: ” sbarriamo i giorni non retributii, quelli della malattia, degli infortuni, della maternità, di Natale, Pasqua, delle ferie…del TFR.

Mentre per la pensione, grazie alla Gestione Separata dell’Inps, qualche spicciolo si riesce a metterlo da parte”. “Siamo lavoratori a progetto praticamente rinnovabili a vita, lavoratori di serie Z, a cui non è concesso neanche di parcheggiare nello spiazzo aziendale.

Una condizione di totale umiliazione”.

I contratti a progetto vengono applicati quasi del tutto nelle società che operano in outsourcing, ovvero che ricevono le commesse dai grandi gruppi telefonici. Telecom, Fastweb… o altri colossi, conocono le condizioni de lavoratori dei call center?

“Riterrei di sì, visto che tutti gli operatori si presentano sempre con un Buongiorno/ buonasera sono Anna di Fastweb/Telecom…e possono accedere con username e password ai profili dei clienti , violando potenzialmente la loro privacy. Percio’ non è possibile che non sappiano chi lavora per loro conto e a che condizioni”.

Si ripropone oggi in Italia quello che è successo nel dopo guerra fino alla fine degli anni 60. Allora politica e sindacati si trovarono di fronte alla generazione dei metalmeccanici e le batttaglie portarono allo Statuto dei lavoratori.

Quella generazione sono i genitori degli operatori dei call center di oggi. Loro hanno potuto accedere ai mutui, comprarsi una casa, far studiare i loro figli, assicurarsi i diritti. Tutte opportunità e tutele che i lavoratori a progetto, operatori di call center, oggi non hanno per sé.

“Si sono persi decenni di conquiste e dobbiamo ricominciare da zero. Un lavoratore di call center la mattina si alza e va a lavorare per ore ma alla sera non sa se ha guadagnato o meno. Questa è una violazione all’art.36 della nostra Costituzione e si viola pure la stessa legge 30 che inquadra i lavoratori a progetto come lavoratori autonomi che quindi dovrebbero almeno gestire autonomamente i propri orari e soprattutto non avere gerarchicamente dei superiori ad impartire loro regole, regolamenti e imposizioni. Invece i team leader o il supervisore ci controllano, ci rimproverano fino ad arrivare a infliggerci provvedimenti disciplinari”.

Per questo la Direzione Provinciale del Lavoro di Lucca sta ispezionando la situazione in quanto se cosi’ è si tratta di veri e propri rapporti di lavoro subordinato e i contratti a progetto sono stipulati solo per risparmiare sui contributi e paghe, a scapito di chi lavora.

Letizia Tassinari

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