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Monfalcone: Morto per amianto a 52 anni, aperta un’inchiesta

Mirko Jelen aggredito da un mesotelioma un anno fa dopo aver lavorato a contatto con la fibra dal ’72

(9 Aprile 2007)

L’amianto continua a uccidere a Monfalcone e a devastare di dolore intere famiglie, impotenti di fronte alla malattia, ma che in alcuni casi non vogliono arrendersi. E denunciano, perché altri prendano coscienza. «Bisogna che si sappia cos’è accaduto a chi è morto e cosa passano le famiglie», dice Alessandra Jelen che lunedì, assieme alla sorella Michela e al fratello Mauro, ha perso il padre Mirko, 52 anni, da un anno in cura per un mesotelioma alla pleura che poi ha aggredito il cuore e non gli ha lasciato scampo. Un uomo alto oltre un metro e 90 del peso di 148 chili che nel giro di 12 mesi ne ha persi 43.

Mirko Jelen, che martedì è stato ricordato dai colleghi di Fincantieri con un minuto di silenzio, ha pagato per una vita, lavorativa, passata per buona parte a contatto con l’amianto. Strettissimo, all’inizio. «È entrato nel cantiere nel ’72, a 18 anni, con una ditta privata, la Davinson - racconta la moglie Emmanuela Bigliatti -. Il suo compito era di gettare sacchi d’amianto nella betoniera che lo mescolava per fare il cemento che poi veniva spruzzato sulle navi come isolante». Il lavoro era effettuato dopo le 17, quando gli altri operai erano usciti, senza mascherine che proteggessero dalle nuvole di fibre che salivano dai sacchi.

«Per questa attività non veniva presa gente fissa, ma lavoratori a termine e anche Mirko ha svolto questa attività per circa 6 mesi», prosegue Emmanuela. Poi è rimasto sempre nello stabilimento navalmeccanico con ditte esterne, tranne un breve periodo nella centrale termoelettrica, sempre a contatto con l’amianto.

Nel cantiere di Panzano ne è stato riconosciuto l'utilizzo, lo scorso anno, fino a tutto il 1990. Appena 7 anni fa Mirko Jelen è stato assunto da Fincantieri, a 45 anni.

«A quest’età qua, mi ha detto mio padre allora, è come vincere il Superenalotto», ricorda la figlia. Risale all’8 aprile 2002 la visita medica in cui gli vengono diagnosticate le placche di amianto nei polmoni e in seguito alla quale ottiene il riconoscimento dell’esposizione, anche perché aveva smesso di fumare da vent’anni. Un po’ più di un anno fa Mirko Jelen inizia a sentirsi poco bene. «Gli mancava il respiro e il medico del cantiere gli disse che poteva essere una piccola bronchite - racconta Emmanuela -, ma il 19 marzo, proprio la festa del papà, iniziò ad avere febbre e a stare male. L’ho portato a fare i raggi e gli fu trovato un versamento pleurico, dovuto a un mesotelioma. Prima fu ricoverato in medicina, poi in chirurgia, dove gli fu effettuata la biopsia che confermò la diagnosi, gli fu messo un drenaggio ed effettuato un calcaggio dei polmoni».

Poi i 4 cicli di radioterapia e 4 di chemioterapia. «Talmente potente da buttarlo giù - racconta Alessandra - e da fargli perdere 20 chili. Alla fine in tutto ne ha persi 43». La chemioterapia non fu però risolutiva, come la Tac Pet dimostrò, e il tumore non più operabile. Un mese fa le condizioni di Mirko Jelen sono tornate ad aggravarsi.

«Non respirava, c’erano 2 litri d’acqua che gli comprimevano il cuore. È stato ricoverato prima a Monfalcone e poi a Udine, dove gli è stata praticata una finestrazione pericardica per fargli funzionare il cuore - racconta Alessandra -, ma non è servito. Il 20 marzo è stato di nuovo ricoverato a Monfalcone e domenica mattina è peggiorato. Lunedì sera si è addormentato, attorno alle 23 si è svegliato un attimo e poi è morto».

L’autopsia ha confermato il mesotelioma, un tipo di tumore che è in modo inequivocabile legato all’esposizione all’amianto, e gli atti sono stati trasferiti alla procura della Repubblica di Gorizia, che ha quindi aperto un altro fascicolo per omicidio colposo. Il funerale avrà luogo oggi, nella chiesa del cimitero alle 12, dopo l’esposizione nella cappella dell’ospedale, dalle 9 alle 11.40.
La sepoltura avverrà invece mercoledì alle 10.30, sempre in cimitero, dopo la cremazione a Trieste. «Ringraziamo il personale medico e infermieristico - dice Alessandra - e tutti gli amici che gli sono stati e ci sono stati vicino. Crediamo che tutti debbano sapere. Purtroppo ci saranno ancora altre mogli e altre figlie che piangeranno nei prossimi anni».

Venerdì, 06 aprile 2007

Laura Blasich (Il Piccolo)

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