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Disseto idrogeo logico

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(5 Novembre 2011) Enzo Apicella
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(Il saccheggio del territorio)

Ucciso dal cancro Vincenzo Cannavaciuolo, il pastore di Acerra che lotto’ contro la diossina e l’inceneritore.

(20 Aprile 2007)

Avevamo già appreso, nei giorni scorsi, dell’improvviso manifestarsi di quella maledetta malattia diventata oramai una vera e propria patologia antisociale del moderno capitalismo.

E’ morto, mercoledì 18 aprile, Vincenzo Cannavaciuolo di 59 anni, meglio conosciuto come “il pastore di Acerra”.

Vincenzo divenne noto fin dall’alba del 17 agosto 2004 quando un blitz della polizia smantellò un tranquillo presidio che da un anno circa stazionava sui suoli del comune di Acerra che erano stati destinati per realizzare un mega impianto di termovalorizzazione dei rifiuti. Vincenzo da quella giornata assieme alle sue pecore, un gregge di quasi 3000 pecore che si assottigliavano quotidianamente perché infettate dalla diossina che ammorba l’aria ed i suoli di Acerra e dei comuni limitrofi, era stato sempre in prima fila in tutte le mobilitazioni che la comunità locale ha prodotto contro l’imposizione autoritaria di questo mostro.

Un ennesima nuova forma di produzione di morte che si somma al micidiale mix di inquinamento in cui si intrecciano i milioni di tonnellate di rifiuti urbani, quelli tossici delle eco/mafie, quelli “legali” della ex fabbrica della Montefibre e gli scarti di lavorazioni di ogni tipo.

Vincenzo lo ricordiamo, particolarmente, durante quella afosa domenica del 30 agosto 2004 quando un enorme dispositivo militare, che rispondeva politicamente ed operativamente a Bassolino ed all’allora Commissario Straordinario ai Rifiuti, il Prefetto Catenacci, si scatenò contro una colorata ed allegra manifestazione di popolo che voleva circondare il sito del termovalorizzatore.

Rammentiamo la sua rabbia, unita a quella dei suoi figli, anche loro sempre presenti nelle lotte, quando esercitava il leggittimo diritto di resistenza contro i manganelli e l’uso selvaggio dei gas urticanti e tossici da parte dei celerini. Ed abbiamo fisse nei nostri occhi, le paradossali ma tragiche immagini, di quando invase con il suo gregge infetto il Centro Direzionale di Napoli o quando scaraventò una pecora morta e puzzolente su un drappello di finanzieri in assetto antisommossa che presidiavano un varco al cantiere del termovalorizzatore.

Ma la morte (o meglio l’assassinio annunciato) di Vincenzo o’ pastore ci parla delle migliaia di vittime per cancro che avvengono nel cosiddetto triangolo della morte, tra i comuni di Acerra, Marigliano e Nola. Una silenziosa, quotidiana, mattanza, certificata, persino dalle locali Aziende Sanitarie Locali, che entra in tutte le case, in tutte le famiglie sconvolgendo per sempre vite ed affetti. Una ecatombe ignorata dai grandi media nazionali subalterni ai poteri forti economici, a quelli “criminali e puliti” ed alle lobby finanziarie “dell’inquinamento e del disinquinamento”

Questo ennesimo omicidio ci segnala, ulteriormente, alcune questioni che vanno affrontate risolutamente:

- da un lato occorre rafforzare, generalizzare e coordinare tutte le resistenze popolari che in Campania come altrove si oppongono, a vario titolo, alle politiche, sia del governo centrale che delle amministrazioni locali, che stanno devastando i territori. Una manomissione affaristica, speculativa ma, soprattutto, profondamente invasiva sotto il profilo della qualità della salute e dell’intera vita. Contro questo articolato processo sosteniamo la prossima manifestazione nazionale del 19 maggio a Napoli, proposta dall’Assemblea della popolazione di Serre (Salerno), la quale chiama alla protesta i comitati, i collettivi, le associazioni che si battono contro questi scempi. Una chiamata di piazza che può rendere visibile e palpabile concretamente quel patto di mutuo soccorso tra le resistenze da molti evocato ma che abbisogna di rappresentarsi pubblicamente in maniera forte ed organizzato nel vivo dello scontro;

- dall’altro – e le vicende come quelle dei Vincenzo di ogni parte del mondo sono autentici moniti collettivi – bisogna porsi il problema di una alternativa radicale al capitalismo, ai suoi modelli di sviluppo (e di cosiddetto sottosviluppo) ed al suo procedere convulso, parossistico ed antisociale. L’infarto ecologico del pianeta, gli effetti che produce e che produrrà, sono questioni dirimenti attuali, dell’oggi e non di un improbabile domani. Battersi ed interrogarsi per un superamento del capitalismo, organizzarsi per affermare un….altro mondo possibile non è una nefasta utopia o una iscrizione nel libro dei sogni ma diventa – sta diventando – una urgenza insopprimibile per il futuro dell’umanità.

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