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La pietà delle banche

La pietà delle banche

(15 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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23/24 Marzo giornate di Mobilitazione Nazionale in difesa del TFR

e per il rilancio della Previdenza Pubblica

(23 Marzo 2007)

In Italia c´è una torta potenziale di 21 miliardi di euro annui, costituita dal TFR di quasi 17 milioni di lavoratori e lavoratrici, che sarà amministrata e spartita tra banche, finanziarie, assicurazioni, imprese e sindacati concertativi come Cgil-Cisl-Uil-Ugl. Il governo Prodi ha anticipato all’1/1/2007 l´entrata in vigore della legge, già varata da Berlusconi, che generalizza i Fondi "pensione".

Le stesse forze politiche-sindacali-padronali, responsabili delle “riforme” previdenziali di Amato (1992) e Dini (1995) -che hanno pesantemente ridotto le pensioni pubbliche ed elevato l’età pensionabile, e che ora vogliono peggiorarle attraverso la trattativa a perdere sulla previdenza- oggi impongono ai lavoratori il sacrificio del proprio TFR da affidare ai mercati finanziari.

Perciò ricorrono a campagne pubblicitarie della presidenza del consiglio “drogate” e finanziate con 17 milioni di euro di soldi pubblici, a trasmissioni televisive cui partecipano solo i favorevoli ai Fondi “pensione”, ad una campagna di stampa a senso unico.

Governo, Confindustria, Cgil-Cisl-Uil-Ugl promuovono la truffa del silenzio/assenso; infatti, da che mondo è mondo, se interviene una nuova norma facoltativa (così è presentata quella dei Fondi pensione), il lavoratore che non dice nulla mantiene il precedente status e non finisce ingabbiato nel Fondo pensione, come invece accadrà attraverso il capovolgimento del silenzio/assenso.

Mentre il lavoratore, che mantiene il TFR in azienda, può revocare questa decisione in ogni momento; se si aderisce ad un Fondo pensione, tale scelta è irrevocabile, una sorta di ergastolo.

Il lavoratore licenziato ha il diritto di vedersi liquidato subito il TFR maturato al momento del licenziamento, ora invece, se aderisce ad un Fondo, riscuoterà la metà del TFR dopo 12 mesi e ne riscatterà la totalità solo dopo 4 anni dall’avvenuto licenziamento.

Li chiamano Fondi pensione perché la pensione rappresenta per i lavoratori una certezza ed un diritto, ma sono fondi speculativi, esposti ai rischi dei mercati finanziari, capaci (come il 27 febbraio) di bruciare in un sol giorno 700 miliardi di euro; ed alla fine dell´attività lavorativa non danno una pensione integrativa, ma una rendita finanziaria sempre più sostitutiva della pensione pubblica, di importo incerto e senza garanzia reale che sia erogata.

Essa è legata alle aspettative di vita, discrimina e penalizza le donne che, a parità d’età e contributi versati, riceveranno una rendita “pensionistica” nettamente inferiore a quella degli uomini.

L’obiettivo dei Fondi “pensione” non è garantire pensioni dignitose ai giovani, bensì movimentare l’asfittico mercato finanziario italiano; sono stati lanciati dalla “riforma” Dini che, introducendo il sistema di calcolo contributivo, ha tagliato soprattutto le pensioni dei neoassunti.

In più Cgil-Cisl-Uil, sponsorizzando direttamente il trasferimento del TFR ai Fondi privati, snaturano il ruolo del sindacato, trasformato in gestore finanziario di quote di salario dei lavoratori.

Investire nei Fondi privati significa sottrarre risorse alle pensioni pubbliche; significa alimentare l´egoismo e la concorrenza tra i lavoratori, minando il carattere universalistico e di solidarietà intergenerazionale su cui si basa la previdenza pubblica; significa aprire la strada alla definitiva privatizzazione di tutte le pensioni.

Ora è indispensabile mantenere il TFR in azienda e non consegnarlo alla speculazione finanziaria.

Solo facendo fallire, boicottando attivamente i Fondi privati, si difenderà il TFR, che è salario differito dei lavoratori, e si potrà rilanciare nel Paese la previdenza pubblica, a partire dalla rivendicazione del ripristino del sistema retributivo di calcolo della pensione.

Confederazione COBAS – CUB – SdL Intercategoriale – SLAI COBAS

Fonte

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