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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Sinistra di governo

(1 Giugno 2007)

Alcuni compagni mi hanno chiesto di delineare una idea possibile di “sinistra di governo” rapportata alle esigenze dell'oggi e alla profonda crisi che la sinistra “ufficiale” sta attraversando, in Italia.

Ho aderito all'invito, pur mantenendo ferma la mia convinzione di fondo: oggi è necessaria, prima di tutto, una riaggregazione della sinistra sul versante dell'opposizione. Il sistema politico italiano è monco, manca una capacità di rivendicazione sociale e politica “da sinistra” che è necessario urgentemente rimettere in piedi e per la quale, i dati a nostra disposizione lo indicano chiaramente, esiste uno spazio importante anche sul terreno meramente elettorale.

“Dixit et servavi anima mea”.
Seguono dunque le considerazioni sulla possibile “sinistra di governo”.

Ci si interroga su quali possano essere, a larghe maglie, le caratteristiche di una “sinistra di governo” adeguate alle esigenze di un pianeta in profonda trasformazione, lacerato da contraddizioni evidentissime che pongono a rischio le stesse condizioni minime di vivibilità per miliardi di donne e uomini.

In questa occasione limitiamo, però, il nostro raggio d'osservazione al “caso Italiano”: laddove, da un anno il centro – sinistra governa, dopo un risicata vittoria elettorale, in una condizione che sicuramente suscita, nei militanti della sinistra, perplessità e preoccupazione.

Non analizzo, anche se sarebbe necessario in una ipotesi di lavoro d'analisi politica maggiormente approfondita, le scaturigini di questo centro – sinistra, a partire dalla tradizione storica del movimento operaio italiano, dalla sua evoluzione nella forma di grandi partiti democratici all'indomani della Resistenza cui fornirono un contributo del tutto decisivo e del varo della Costituzione Repubblicana che rimane il punto di riferimento essenziale per qualsiasi politica di rigore morale, di pace, di equità sociale si voglia portare avanti nel nostro Paese e dalla successiva trasformazione del sistema politico, avvenuta a cavallo degli anni'90, con la caduta di questi grandi partiti e la loro riduzione in soggetti ben diversi e ben lontani dal punto di vista dello spessore politico e del radicamento sociale, anche quando questi soggetti ne rivendicano storia e continuità.

Mi limito alla stretta attualità, non senza rilevare come, per poter pretendere di essere sinistra di governo, sia necessaria una analisi realistica delle condizioni vere nelle quali è avvenuta la profonda trasformazione del sistema politico cui si faceva cenno poc'anzi.

Intendiamoci bene: sono cambiate le condizioni storicamente oggettive del quadro internazionale, dell'innovazione tecnologica, del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa all'interno di quel fenomeno che, molto sbrigativamente, si denomina come “globalizzazione”.

Di tutto ciò va preso, realisticamente, atto: ma non bisogna assolutamente dimenticare come la sinistra debba sempre corrispondere alle esigenze sociali che tradizionalmente le appartengono in termini di solidarietà, eguaglianza, garanzie sociali.

Ci troviamo in una crisi profonda di queste istanze, nella dimensione internazionale, ed in particolare in quelli che abbiamo sempre definito “punti alti” dello sviluppo: Francia, Inghilterra, Germania.

Questa crisi, evidente, non costituisce, però, una buona ragione per rispondere allo sfrangiamento sociale in atto con un adeguamento di tipo corporativo, come quello che sta realizzando il centrosinistra italiano sul modello del centrodestra, inseguendolo su temi delicati del vivere quotidiano: occorrono proposte forti, unificanti, visibili, provviste di una effettiva carica progettuale.

La sinistra deve saper “trasformare”: il suo ruolo di governo non può limitarsi a modificare elementi parziali dell'esistente. La necessaria gradualità nell'azione di cambiamento deve, sempre e comunque, essere orientata all'apertura di una “fase di transizione” verso un diverso modello di sviluppo economico e sociale, di superamento di quello capitalistico.

Il riferimento decisivo per una “Sinistra di Governo” deve essere quello del contesto internazionale: un governo di sinistra deve nascere provvisto della forza necessaria per sviluppare una politica di pace, rifiutando qualsiasi coinvolgimento più o meno fittizio in operazione di guerra sia pure mascherate da “missioni di pace”, disarmo, ruolo autonomo dell'Europa (lo scioglimento della NATO appare, in questo senso, un passo indispensabile), saldatura di relazioni con il Sud America ed i paesi in via di sviluppo.

Alle spalle di un governo di sinistra deve esserci la forza di un sistema politico fondato su soggetti profondamente ancorati alla realtà sociale, in grado di “fare cultura”, promuovere iniziative e aggregazione, combattere fino in fondo i fenomeni degenerativi cui stiamo assistendo e che rischiano, ormai, di trasformarsi in fenomeni strutturali.

In questo quadro appare essenziale la centralità di ruolo delle istituzioni rappresentative e delle assemblee elettive, dai Consigli Circoscrizionali fino al Parlamento; dicendo no al presidenzialismo, no alle elezioni dirette (in ogni caso, comprese le cosiddette “primarie”), no al sistema elettorale maggioritario.

Sistema elettorale proporzionale, monocameralismo (400 deputati), nessun sbilanciamento a favore del ruolo di governo nell'equilibrio dei poteri. La governabilità dovrà essere garantita da un leale esercizio del concetto di rappresentanza.

L'autonomia della magistratura, l'ineleggibilità per chi si trova in “conflitto d'interessi”, la concretezza di una politica intesa come “servizio” abolendo tutto il castello di privilegi che hanno portato alla formazione di un ceto separato che alimenta se stesso e si forma per cooptazione, rimangono i capisaldi per garantire il Paese dai pericoli di una “questione morale” strisciante, che rischia, di inquinare ancora una volta il clima sociale, politico, culturale dell'Italia.

Sta soprattutto in questi punti appena sopraesposti ,la questione della “sicurezza” tante volte invocata a sproposito per difendere i nostri “fortini” e non certo nella mano libera per colpire deboli ed inermi, ed aprire vere e proprie “cacce alle streghe” ogni qualvolta se ne presenti l'occasione: occasioni, in molti casi, create ad arte dai mezzi di comunicazione di massa che dilatano fatti ed episodi che, poi, alla prova della realtà si rivelano del tutto infondati.

Una sinistra di governo deve esaltare il ruolo pubblico in economia. Un ruolo da esercitarsi in due direzioni: quello della programmazione relativa ai grandi settori (l'Italia è, sotto questo aspetto, in ritardo su tutto o quasi) e dell'intervento diretto nel settore dei servizi e delle “utilities” (sanità, trasporti, telecomunicazione, rifiuti, energia, ecc..).

La tassazione deve essere usata nel senso indicato dalla Costituzione, quindi per ridurre progressivamente gli squilibri economici. Serve una tassa patrimoniale permanente ed una fortissima vigilanza su tutte le operazioni finanziarie.

Va rifiutato il monetarismo, resi flessibili i vincoli europei e quelli derivanti dal “patto di stabilità”. Serve un uso intelligente, senza demonizzazioni, del debito pubblico, operando anche in regime di “deficit spendig” purché questo sia utilizzato per ridurre le diseguaglianze sociali e garantire livelli concreti di stato sociale universalistico.

Debbono essere varati “piani di settore”, con la partecipazione dello Stato e degli Enti Locali, nel campo della tutela dell'ambiente e del recupero del territorio (assetto idrogeologico, ammodernamento della rete di trasporti, salvaguardia delle coste, recupero dei centri urbani).

Va fermata la speculazione edilizia, incentivata la costruzione di edilizia popolare. Deve essere ripristinato l'equo canone.

La tutela dei diritti civili deve essere garantita attraverso la salvaguardia piena del concetto di laicità dello Stato, anche abolendo il Concordato ( o i Concordati, con le diverse confessioni) e garantendo a questo modo anche il massimo di libertà nell'espressione religiosa.

Il sistema delle autonomie locali è chiamato a riflettere sulla fallimentare politica portata avanti nel corso di questi anni (a partire dalla modifica del titolo V della Costituzione), rivedendo profondamente il quadro dell'articolazione dei poteri nel pieno rispetto della centralità della Repubblica.

Il sistema pensionistico va separato, immediatamente, da quello assistenziale. Debbono essere eliminati gli squilibri, posto un tetto al massimo delle pensioni (che non sia proporzione 1 a 50 tra il massimo ed il minimo, beninteso), mantenuto il concetto di pensione di anzianità.

Rispetto al mondo del lavoro: il Governo deve operare per mantenere il contratto nazionale di lavoro per le categorie quale fulcro delle relazioni industriali. Va abolita la legge 30 sul precariato, operando per combattere efficacemente il lavoro nero e tutte le forme di grave sfruttamento che stanno avanzando in questo periodo,sia per le donne, sia per i giovani, sia per i lavoratori tutti.

Il tema del lavoro non può essere disgiunto da quello dell'integrazione dei cittadini stranieri presenti in Italia, che deve essere attuato costruendo, in collaborazione tra Stato ed Autonomie Locali, condizioni di vivibilità, di lotta allo sfruttamento, di apertura culturale, sapendo che la chiave di volta di questo processo è rappresentato dal tema del lavoro per gli adulti e della scuola per i giovani.

La multiculturalità nella scuola dell'obbligo appare, quindi, elemento essenziale nella prospettiva di adeguamento nella qualità dell'insegnamento, in Italia, alle prospettive per il futuro: per la scuola superiore occorre superare il concetto di separazione introdotto recentemente dal centrodestra, così come occorre una riforma radicale dell'Università e della Ricerca scientifica.

Un governo di sinistra, infine, può e deve nascere soltanto se è prevalente la convinzione, tra i cittadini che hanno espresso il consenso, le forze politiche che lo appoggiano, i settori sociali di riferimento, che una operazione politica complessa e delicata come quella della formazione di un governo in un paese delle dimensioni e dell'importanza dell'Italia e nel contesto europeo, che ci si muove per una nuova fase di trasformazione radicale degli equilibri: che le aspirazioni dei ceti lavoratori presenti nei punti più alti dello sviluppo capitalistico possono congiungersi con i movimenti di lotta e con le aspirazioni di giustizia, di progresso umano e civile delle masse povere e oppresse, bersagliate dalla guerra, dell'immensa area del sottosviluppo.

Occorre uscire da visioni politiciste, dalle illusioni del “una testa, un voto” per eleggere improbabili capi esprimendo una “partecipazione una tantum”, dall'angustie di visioni eurocentriche e corporative, o di pura propaganda.

Un governo di sinistra deve saper affermare i valori di un modo nuovo di organizzare lo Stato e la società: l'aspirazione all'eguaglianza non può essere tendenza all'uniformità e all'appiattimento, ma lotta contro le ingiustizie e le sopraffazioni, affermazione delle capacità di ciascuno, rispetto della diversità.

Un governo di sinistra deve appoggiare la necessaria rivendicazione di nuovi rapporti di produzione che non deve significare statalismo e burocratismo, ma rafforzamento della responsabilità dei singoli in un quadro di democrazia economica, di autogestione, di programmazione democratica.

Infine: la democrazia politica, che naturalmente è perseguibile ed attuabile in forme istituzionali , diverse, rimane un valore universale.

La lotta di emancipazione non solo non può essere in contraddizione con le garanzie democratiche, ma rimane il presupposto fondamentale, al di là dei colori del governo, per arricchire la democrazia politica e la libertà di ciascuno.

Savona, li 31 Maggio 2007

Franco Astengo

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