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(Di lavoro si muore)

Giuseppe, uno di noi

(15 Aprile 2007)

Giuseppe era portalettere, uno di noi, morto 4 anni fa, dopo una settimana di agonia. Era stato investito da un autobus mentre stava consegnando la posta.
Vogliamo ricordarlo come ogni anno, come se fosse ancora accanto a noi, con la gioia e l’allegria che ha sempre trasmesso a chi lo ha avuto vicino e a chi lo ha conosciuto. Ed è con la gioia del suo sorriso che lo ricordiamo, ma con la profonda tristezza di averlo perso per sempre anche se vivrà per sempre con noi, nei nostri cuori e nei nostri pensieri.

Quest’anno l’anniversario della morte di Giuseppe cade in un periodo ancora più critico per i portalettere di Prato, e comunque per i portalettere in generale.
La nuova organizzazione del lavoro infatti ha riportato i nostri due uffici a periodi criticità come non se ne vedevano da anni, e come sempre a pagare sono i portalettere, che si trovano a dover lavorare in condizioni ancora peggiori di sempre, per cecità e volontà di chi, non solo non ha aumentato il numero delle zone, ma le ha diminuite.

Da una Azienda che è attualmente in attivo ci si aspetterebbe un riconoscimento verso i suoi dipendenti, che, pensiamo nessuno lo possa negare, hanno già pagato con sacrifici enormi il prezzo di continue ristrutturazioni e di aumenti dei carichi di lavoro, che hanno portato, soprattutto tra i postini, ad un forte aumento di incidenti. Purtroppo anche mortali.
Invece no, Almeno per quanto riguarda il recapito.

Sulla logica di un sempre maggiore profitto, di un costo del lavoro sempre più basso e più appetibile in vista delle future operazioni di mercato che presto avverranno anche in Poste, si continua a tagliare: 2250 zone- in meno, ad aumentare i carichi di lavoro, a togliere ogni regola sulle areole. Questo costringerà i postini a dover correre ancora di più e a stare più tempo sulla strada, con il conseguente aumento di rischi di incidenti.
Perdipiù, (e meno male che predicano maggior sicurezza) hanno diminuito anche i viaggetti di appoggio, con il risultato di dover caricare ancora di più motomezzi e biciclette.

Ci dovrebbero spiegare i dirigenti di quest’azienda che ci sommerge di fogli sulla Legge 626, e con loro quei sindacalisti che concludono ogni accordo a discapito dei lavoratori, come faranno i portalettere a far combaciare la sicurezza con il maggior carico di lavoro?

Giuseppe, uno di noi, così caro a noi, per le statistiche non è stato che uno dei tanti morti sul lavoro, le cifre dicono 1200 all’anno circa, 4 al giorno, cifra che dà all’Italia il triste primato europeo dei morti sul lavoro.
Italia, Paese del G8, tra i più industrializzati al mondo, i salari più bassi d’Europa (solo davanti al Portogallo) e la più alta incidenza di mortalità sul lavoro.
Queste sono le condizioni imposte da tutti i governi succedutesi negli anni, (di centrodestra o di centrosinistra non ha importanza) a dimostrazione che chi si alza la mattina per guadagnarsi la pagnotta non ha governi amici.
Queste sono le condizioni imposte da Confindustria e Fondo Monetario Internazionale mai sazi quando si tratta di arricchirsi ancora di più e di peggiorare le condizioni di vita dei lavoratori. Quattro morti al giorno non sono la fatalità che questi arroganti signori vogliono far credere, sono il prezzo del profitto, del precariato, dei bassi salari, dei lunghi orari, dei pesanti carichi di lavoro, dei ricatti, che i lavoratori sono costretti ad accettare, per poter lavorare. Sono il prezzo della guerra che gli sfruttatori stanno imponendo agli sfruttati.
Sono il prezzo accettato da chi, sindacati confederali compresi, non vedono più il lavoro come fonte di avanzamento ed emancipazione della classe operaia, ma solo come logica di profitto del capitale.

15-4-2007

SLAI COBAS POSTE PRATO
Cobasposteprato@yahoo.it

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