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(6 Giugno 2007)
« Liberi loro di mandarci nel pantano. Liberi noi di non andare»
Il governo Prodi si pone in un ottica di sostanziale continuità con il passato governo Berlusconi. La situazione politica rimane sostanzialmente invariata con una classe politica che sfacciatamente sotto l’etichettatura di “centro-sinistra” continua comunque nella sua opera di precarizzazione del lavoro e delle politiche popolari, militarizzazione dei territori, asservimento ai dicktat della NATO e degli USA, rifinanziamento delle missioni belliche, sudditanza alle direttive della Banca Europea, soffocamento violento delle lotte popolari e repressione delle avanguardie comuniste tacciate dalle magistrature e governi borghesi come terroristi o filoterroristi e comunque destabilizzanti per l’ordine e l’equilibrio della società (capitalista!!!!)
Nessuna rottura e discontinuità alle politiche fasciste della casa delle libertà, anzi una ripresa delle politiche del berlusconismo di cui Prodi e Padoa Schioppa sono i più tenaci e fedeli prosecutori. Ecco dunque che se Berlusconi esce fuori dalla scena politica italiana dalla porta, la sua filosofia e prassi politica rientrano dalla finestra.
Dunque il centrosinistra si ripresenta al governo con gli stessi obiettivi (difesa degli interessi dell’imperialismo europeo, delle classi borghesi, dei privilegi del capitalismo made in italy), la stessa strategia (puntare ad ammortizzare il conflitto mediante una subdola concertazione da parte dei sindacati cofederali), e gli stessi strumenti (tagli allo stato sociale, privatizzazioni, precarietà del lavoro, aggressioni militari, il tutto nel rispetto ossequioso dei dogmi dell'imperialismo europeo), ma con una sostanziale novità: l’organicità dei partiti della cosiddetta sinistra radicale e l’aggravante della presenza del partito della rifondazione comunista costruito in alternativa a tale stato di cose.
Partito della rifondazione comunista che ha maturato negli ultimi tempi la sua “bolognina” e che ha snaturato gli ideali e le finalità per cui era stato costruito da parte di fedeli e tenaci compagni all’indomani della disfatta del vecchio PCI .
Affermiamo questo alla luce dei mutamenti che hanno caratterizzato negli ultimi anni la sua politica: alleanza organica al governo Prodi, abiura del marxismo-leninismo e della lotta di classe, la pratica della non-violenza assunta come paradigma centrale del suo agire politico, e in ultimo la costituzione della sinistra europea un nuovo soggetto politico che niente a che vedere con l’internazionalismo comunista. Sinistra europea che non sarà altro che un contenitore di forze socialdemocratiche,e quindi anti-comuniste, anti-rivoluzionarie, anti-operarie; e già rifondazione sembra adattarsi benissimo a tutto ciò costituendo peraltro il PRC, l’asse portante di questo nuovo calderone di forze tutt’altro che comuniste.
Dopo anni di lenta ed inesorabile deriva moderata e riformista della sinistra, persino quello che poteva essere considerato come l’ultimo baluardo delle masse oppresse, l’ultimo partito comunista occidentale di una certa consistenza passa dall’idea della trasformazione all’idea della governabilità, dalla prospettiva dell’alternativa a quella dell’alternanza.
Il risultato di questo pasticcio della sinistra europea è ben rappresentato dal miscuglio di rivendicazioni di cui si fa portavoce che niente hanno a che vedere con un programma di classe, niente a che vedere col marxismo e il comunismo.
La situazione del partito della rifondazione comunista della federazione di Vibo Valentia non va in controtendenza rispetto al partito a livello centrale. Questa federazione si distingueva da molte altre fino a qualche anno fa per la sua intransigenza politica, unica federazione in Italia a dire no alla tesi congressuale “Bertinotti-Cossutta” nel ’96. “Non si fanno accordi nemmeno nei condomini” dichiarava l’allora segretario federale Malerba, che ora assessore alla provincia, ha maturato la propria involuzione politica passando da rivoluzionario Trotskista, a Grassiano, completando la sua ricerca d’identità.
I primi sintomi che iniziavano ad indicare una svolta strategico-opportunista nella gestione della politica del PRC nella federazione si verificarono nel 2004 con la scissione dei compagni vibonesi dall’AMR di Ferrando, associazione marxista rivoluzionaria che si opponeva alla deriva socialscioviniosta che la maggioranza bertinottiana stava compiendo.
La domanda qui sorge spontanea: come può un intera federazione che fino a ieri si professava rivoluzionaria fautrice e promotrice di una politica di opposizione alla svolta socialdemocratica della maggioranza del partito, che annoverava tra i suoi esponenti dei dirigenti nella direzione nazionale dell’AMR, che dal momento della fondazione del partito ha sempre sostenuto tale strategie, come può nel giro di qualche settimana cambiare radicalmente prospettiva e visione politica tanto da allearsi alle provinciali del 2004 con quei partiti neo-democristiani tanto criticati fino al giorno prima? Facile: le opzioni sono due e ed entrambe non sono giustificazioni.
O improvvisamente nella provincia di Vibo valentia sono cambiate le condizioni che fino all’altro giorno impedivano di schierarsi al fianco di partiti sinistroidi e neo democristiani (cambiamenti che oggettivamente non si sono verificati); oppure tutte le politiche perpetrate dai nostri dirigenti fino al 2004 erano guidate da un fine prevalentemente opportunistico, che consistevano nel militare in una corrente minoritaria al fine di acquisire quella visibilità e quei posti di prestigio negli organi dirigenti nazionali che quasi sicuramente sarebbero stati loro negati vista e considerata l’esiguità del consenso del PRC nella provincia vibonese.
Fatto sta che in 3 anni di convivenza nel governo locale non siamo riusciti a spostare una virgola nella gestione politica dell’amministrazione provinciale, anzi ci siamo subordinati e prostrati alle direttive della maggioranza, rendendoci complici di politiche clientelari e anti operaie, a Vibo così come a tutti i livelli di governo regionale e nazionale.
Per tutta tale serie di motivi.
NON POSSIAMO RINNOVARE L’ADESIONE AL PRC PER IL 2007.
Restare ulteriormente in questo partito è ormai diventato impossibile per ragioni politiche evidenti: non si può continuare a vivere nella stessa organizzazione quando non si condivide ormai più niente della linea e dell’agire politico.
Restarci significa diventare comunque complici delle sue scelte e della sua azione. Oggi non possiamo che prendere atto del carattere definitivo ed irreversibile della svolta governista.
Siamo fortemente convinti che in Italia ci sia una sempre più urgente necessità di dar vita ad una forza comunista e di opposizione, che dia voce al malessere sociale di milioni di lavoratori e di sfruttati, di coloro che vivono sulla loro pelle, quotidianamente, gli effetti delle politiche di fame e miseria imposte dal sistema di produzione capitalistico per salvaguardare la mole sempre più ingente dei profitti finiti nelle tasche dei padroni. Siamo fortemente convinti che il capitalismo del nuovo secolo, pur mutando aspetto e caratteristiche del modo di produzione, continua a fondarsi sulla schiavitù del lavoro salariato, alimentando forme sempre più acute di precarietà, miseria e barbarie. Per questo riteniamo che la classe lavoratrice, e in primo luogo gli operai, siano ancora il fulcro di ogni contraddizione di oggi e il motore di ogni processo di trasformazione reale.
Finchè esisterà una classe oppressa, ci sarà bisogno di un partito comunista che la rappresenti con coraggio e coerenza: ed è in questa prospettiva che continueremo a militare e a lottare all’interno dell’associazione politica marxista UNITA’ COMUNISTA. Pertanto, con rammarico ma allo stesso tempo in maniera convinta ed irrevocabile, ci dichiariamo fin da ora estranei al nuovo soggetto politico, che nulla ha a che vedere con quell'idea di Rifondazione Comunista che ci spinse a fondare e a costruire il Prc non senza duri sacrifici, e quindi non innoveremo la nostra iscrizione al Prc-Sinistra Europea.
Auspicando che il nostro atto sia un imput, uno stimolo per quei compagni, sinceri comunisti che come noi non intendono morire democristiani e che intendano fin da ora lavorare alla costruzione di un nuovo soggetto politico, realmente comunista e di classe, necessità oggettiva e unica alternativa al cambiamento dello stato di cose attuale. Nuovo soggetto politico che non può essere oggetto di autoproclamazione dall’alto ma che richiede un lavoro arduo, lungo e faticoso ma nello stesso tempo necessario e affascinante. Questo è il progetto che l’associazione “unità comunista” si propone di portare avanti ed è proprio in quest’ottica che noi decidiamo di militare al suo interno. Un’associazione nazionale avente come suo scopo quello della riunificazione di tutti i comunisti senza partito che come noi non intendono “morire democristiani”.
Un progetto che ha come finalità di invertire una rotta che ci vede da anni, come comunisti, in preda ad un circolo vizioso fatto di divisioni, isolamenti e “arroccamenti identitari”, che non hanno prodotto nessun avanzamento significativo per il movimento comunista nel suo complesso.
A tale lettera hanno già aderito i compagni del circolo “V. Lenin”di Dasà (Federazione di Vibo Valentia)
Promotori:
Sergio Carmelo (segretario circolo PRC “V. Lenin”, coord provinciale GC Vibo Valentia)
Bufalo Mariangela(coordinamento provinciale GC Vibo Valentia)
Racina Cristian (coordinamento provinciale GC Vibo Valentia)
Sottoscritta da tutti e 34 gli iscritti del circolo “Lenin”.
http://giovanicomunistivibovalentia.blogspot.com/index.html
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