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La straordinaria manifestazione del 9 giugno manda un segnale politico nuovo

(10 Giugno 2007)

E’ stato decisamente straordinario e al di sopra delle aspettative il risultato della manifestazione del 9 giugno contro la visita di Bush e la politica militarista del governo Prodi.
Come abbiamo sottolineato nei giorni scorsi, i fatti si sono incaricati di spingere soggettività politiche e sociali verso una prospettiva indipendente dal recinto che la sinistra di governo avrebbe voluto imporre a sostegno delle proprie scelte e che ha dovuto incassare il clamoroso flop della contromanifestazione indetta da PRC, PdCI, SD, Arci, Fiom, Verdi a piazza del Popolo).
Il detonatore di questo processo è stata indubbiamente la contraddizione più stridente ossia la continuità del coinvolgimento dell’Italia nel sistema della guerra permanente deciso dal governo dell’Unione e nelle alleanze internazionali con gli USA e dentro la NATO.
Alla luce della immensa partecipazione alla manifestazione del movimento che si è conclusa a piazza Navona (e della disobbedienza di massa dei militanti dei partiti della sinistra di governo che hanno scelto di stare nella manifestazione piuttosto che avvilirsi a piazza del Popolo), sarebbe doveroso che qualcuno dei partiti della sinistra di governo replicasse a tono al Presidente Napolitano che nel colloquio con Bush ha affermato che in Italia non c’è nessuna forza politica che mette in discussione l’alleanza con gli USA e l’adesione alla NATO. Allo stesso modo sarebbe doveroso sottolineare a Prodi che il suo impegno con Bush a realizzare la nuova base USA a Vicenza, dovrà fare i conti con la determinazione di decine di migliaia di persone – testimoniata anche dalla manifestazione di Roma – di impedire con ogni mezzo necessario l’avvio della costruzione della base militare al Dal Molin.
Ma se il movimento contro la guerra ha suonato la sveglia a Bush, al governo Prodi e alla sinistra di governo sull’agenda relativa alla politica estera e militare, un’altra sveglia potrebbe e dovrebbe essere suonata al più presto: quella sull’agenda sociale.
Su pensioni, salari indecenti e problema della casa, ci sono ormai tutte le condizioni per uno sciopero generale che inchiodi il governo alle sue responsabilità e rovesci completamente l’ordine delle priorità della tabella di marcia di questo governo.
Anche su questo terreno – come su quello contro la guerra rivelato dalla manifestazione di oggi -si rivela decisiva l’indipendenza e l’autonomia da ogni sindrome da “governo amico”.
La CUB sta discutendo l’ipotesi di uno sciopero generale. Perché questa idea non diventa una ipotesi generale che attraversi tutto l’ambito del sindacalismo di base e di classe?
Diventa urgente e fattibile rovesciare la semplificazione dello scenario che si vorrebbe ipotecare tra la nascita del Partito Democratico (come incubatoio e rappresentanza di una nuova classe dirigente fatta a immagine e somiglianza degli interessi di governabilità di Montezemolo e dei poteri forti) e specularmente il Cantiere della Sinistra unita– vissuto ormai come ultima spiaggia – che dovrebbe unire le formazioni della sinistra di governo ormai in piena crisi di rappresentatività

Abbiamo detto alla vigilia della manifestazione del 9 giugno che non intendiamo “morire socialdemocratici” né arrivare ad una nuova fase di scontro con il blocco delle destre completamente privi di ogni opzione alternativa alla logica del meno peggio.
In questi mesi abbiamo ripetuto spesso negli incontri a cui abbiamo partecipato che dovevamo decidere se quello messo in campo era un “contratto a termine” (che scade la sera stessa di una manifestazione magari riuscita come quella di oggi) oppure se era un “contratto a progetto” capace di sedimentare qualcosa anche dopo. Noi preferiamo la seconda ipotesi e intendiamo lavorare affinché la riuscita della manifestazione del 9 giugno serva soprattutto a creare le condizioni per una nuova fase di confronto e azione politica comuni nei rapporti a sinistra e nei movimenti. Vogliamo augurarci di non esseri i soli a voler firmare un contratto a progetto che potrebbe aprire opzioni politiche importanti per il conflitto di classe nel nostro paese e a livello europeo.

La Rete dei Comunisti

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