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(17 Aprile 2013) Enzo Apicella

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Lettera-appello per una giusta informazione sull’America Latina

(17 Giugno 2007)

Cosa sta succedendo a Liberazione? E al PRC?
La linea intrapresa dal giornale negli ultimi tempi sull’America Latina è tutt’altro che solidaria ai processi di trasformazione sociale e dal basso in atto in questo continente, in particolar modo in Venezuela, Bolivia, Ecuador, senza dimenticare la rivoluzione cubana che rimane sempre un punto di riferimento per i movimenti di lotta continentale, anzi ha iniziato quella che sembra una vera e propria campagna diffamatoria verso questo cantiere altermondista in evoluzione.
Ci sembra importante quanto scritto nella lettera di Carlo Cartocci che ha incontrato la giornalista A. Nocioni al SF di Caracas: “mi è parsa attenta a cogliere tutte le cose che andavano meno bene, trascurando quanto di positivo e di partecipativo c’era in quell’evento e soprattutto il diffuso clima di solidarietà nei confronti di Chávez…forse era una scelta di campo”:
Quello che più ci preoccupa è che questa attitudine sembra in piena linea con la direzione del giornale, quando P. Sansonetti definisce nel suo editoriale del 6 giugno “Angela Nocioni la migliore giornalista italiana sull’America Latina”.

Prendendo in esame gli ultimi 2 articoli sul Venezuela (29/05 dal titolo “Chiusa la tv anti-Chávez, scontri di piazza a Caracas” e 13/06 dal titolo “ La mappa del potere a Caracas: ecco gli uomini di Chávez”) vogliamo fare delle osservazioni:
La Nocioni utilizza termini faziosi – crediamo non a caso, un utilizzo strumentale del linguaggio da rampante giornalista – tipo oscuramento o chiusura del canale privato RCTV, le tv statali noiosamente filogovernative, l’onnipresente potere di Chávez, il caudillo, e varie supposizioni e commenti di parte.
La Tv privata RCTV colpevole di aver partecipato al golpe di stato “mediatico” dell’aprile 2002, non è stata chiusa, semplicemente allo scadere dei 20 anni di concessione statale quest’ultima non è stata rinnovata, in pieno rispetto della legge vigente – art. 113 della Costituzione: “… non esiste il rinnovo automatico (delle concessioni televisive) giacché questo è contrario al concetto radioelettrico come un bene di dominio pubblico e concentrerebbe nelle mani di pochi una risorsa che è di tutti”. RCTV continuerà comunque a trasmettere via satellite e via cavo.
Gli altri due colossi dell’informazione privata ed acerrimi oppositori del governo bolivariano continuano con il loro palinsesto, Globovision in particolare, continua in questi giorni di tensione in Venezuela ad incitare alla violenza per rovesciare il governo.
Il monopolio dei media privati in sostanza prima controllava il 90% della rete di radio e televisione adesso è sceso al 76%. La Tv pubblica sta rinascendo grazie a questo governo, nel 2000 esisteva un solo canale statale e non arrivava a coprire l’intero Paese, adesso può contare sul Canal 8 rinnovato, Vive Tv – canale culturale, Telesur con particolare attenzione ai paesi dell’America Latina e la neonata TVes che trasmette sul segnale di RCTV ed è fondata su piccoli produttori nazionali e sulla cultura popolare.
Telesur “che non guarda nessuno” (secondo la Nocioni) ha una programmazione di 18 ore al giorno sulla tv satellitare Arcoiris!
Ultimamente non ricordiamo di aver letto dalla sua penna dell’esplosione dei mezzi d’informazione comunitari, ben 28 Tv e 167 radio in soli 6 anni; come pure della Ley Resorte (legge che regola le telecomunicazioni discussa con la partecipazione popolare) una legge esemplare nel contesto mediatico mondiale dove vengono tutelati i diritti dei bambini ad una programmazione decente in orario giornaliero, si regolamenta la pubblicità (nei tempi, modi e contenuti), viene garantito uno spazio per la programmazione indipendente nazionale e internazionale, così come per la musica e cultura tradizionale venezuelana.
Nessuno si è scandalizzato per la cancellazione della frequenza di 3 Tv peruviane di 20 giorni fa, altre 3 in Colombia oltre a radio e Tv comunitarie sotto il governo Uribe, e poi nel Messico di Fox o in Brasile…probabilmente perché non se ne è mai parlato.
L’informazione nel XXI sec. deve tornare ad essere di dominio pubblico, un bene comune al pari di acqua, gas, energia; è importante che ci sia sempre più un controllo del pubblico su un strumento tanto delicato per il fondamento della democrazia.

Per quanto riguarda gli scontri di piazza (scrivendo da Buenos Aires?!) viene riportata la repressione della polizia sui manifestanti che protestavano sotto la sede di Conatel adducendo che il governo “sostiene” che la polizia è stata attaccata e costretta ad usare i mezzi antisommossa, quando basterebbe vedere le immagini del 27/05 su www.aporrea.org per rendersi conto direttamente dell’accaduto – da notare che gli agenti avevano le sole protezioni, né pistole né manganelli, proprio per l’ordine di non cadere in provocazioni, mentre contro di loro venivano esplosi colpi di arma da fuoco.
“Chávez fa di tutto per mantenere gli animi costantemente in trincea”, in realtà in Venezuela è in atto un piano di destabilizzazione da parte dell’oligarchia nazionale e degli interessi del capitale straniero; Eva Golinger, avvocato statunitense, ha denunciato il quadruplicarsi del finanziamento all’opposizione (NED, USAID) che adesso punta a dirigere le manifestazioni degli studenti delle università private (vedere caso Georgia e Ucraina - Report).
Da fonti attendibili sul campo è risaputo che le manifestazioni hanno la partecipazione di poche migliaia di persone, gli studenti delle classi medio-alte vengono utilizzati, anche su spinta dei professori, contro la proposta del governo di istituire 28 nuove università pubbliche ed abolire l’accesso a numero chiuso.
Intanto sono i bolivariani a cadere, due compagni della Coordinadora Simon Bolivar sono stati uccisi per la strada con una raffica di mitragliatrice, altri dirigenti sindacali, contadini e popolari muoiono per mano dell’opposizione.

“Del turnover dei dirigenti bolivariani più veloce di quello dei friggi-patate al Mc Donald’s” o “i ministri Kleenex” dovremmo prenderne esempio invece di enfatizzare sul continuo cambio di dirigenti e ministri, quando ci sono opportunisti rivoluzionari dell’ultimo minuto, corrotti o incapaci per una carica di vitale importanza per il paese, ci sembra più che giusto sostituirli in un contesto di vera democrazia. Anche il popolo venezuelano partecipa a questo turnover attraverso le denuncie alla Contraloria Social, organo predisposto contro ogni fenomeno di corruzione e burocrazia che purtroppo restano una vera piaga dell’apparato statale. Il popolo riconosce spesso nel solo Presidente l’unico e vero amico, tanto che viene definito “Un loro infiltrato al governo”.

Dall’articolo del 13/06 “Molti gli ufficiali amici e pochi civili tra i fedeli del Presidente” viene fatta una lista di generali in diversi posti chiave dello Stato venezuelano, ma chi conosce la realtà delle attuali forze armate in Venezuela sa che non c’è alcuna dittatura militare.
L’esercito adesso è attivo in ogni missione sociale governativa, esercito come ente sociale che si è unito al popolo in quella che si chiama unità civico-militare. Un esercito differente da quello che conosciamo in America Latina, composto da gente di ogni classe, non di casta, che segue un indirizzo umanista. Un esercito che partecipò già nel ’62 a due tentativi di colpo di stato o meglio di ribellione militare appoggiato da movimenti di sinistra come il MIR (Movimento Izquierda Revolucionario) e il PCV (Partito Comunista Venezuelano) e successivamente nel ’92 con altri due intenti falliti, uno dei quali comandato dal tenente colonnello Hugo Chávez Frias in forza nel MBR 200 (Movimento Bolivariano Rivoluzionario 200), formazione clandestina composta da civili e militari contrari alla democrazia borghese dell’allora presidente socialdemocratico Carlos Andres Perez che nel ’89 dava l’ordine di reprimere le agitazioni contro il caro vita (Caracazo), lasciando al suolo più di 3000 morti.
Per non parlare poi dell’illazione di comprarsi i voti dei giovani dei quartieri più emarginati concedendo posti nell’amministrazione comunale di Caracas, “perfetta per convertire al chavismo militante gli idoli hip hop delle baraccopoli e il loro seguito”, una logica che la giornalista ci vuole presentare come populista al pari di usare i ”petroldollari“ per le missioni sociali.
Forse non vuole vedere che la revolucion bonita è riuscita a coinvolgere moltissimi giovani che stanno scoprendo una coscienza politica e la voglia di partecipare e farsi sentire utilizzando gli spazi sociali come Tiuna El Fuerte e gli strumenti a loro più consoni come la musica hip hop (paragonabile all’esperienza della Nueva Cancion Chilena del periodo di Allende).

In questi articoli si parla sempre e solo di Chávez, mai della partecipazione del popolo rivoluzionario venezuelano o della discussione per la costruzione del socialismo del XXI secolo, è il solito ritornello usato dall’opposizione che non ha più argomenti: è tutta colpa di Chávez!
Piove, è colpa di Chávez!
Un giornale comunista non deve essere vittima di questa strumentalizzazione ed abbandonare le speranze ed i sogni del movimento popolare latinoamericano che crede in un’altra america, aprendo così la strada per un offensiva più diretta da parte dell’imperialismo.

Comitato Bolivariano La Madrugada – Firenze
(www.comitatobolivariano.info)

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