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Che Guevara

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Savona: caso nazionale

(17 Giugno 2007)

Da qualche tempo, e precisamente dal luglio dello scorso anno, la Liguria ed in particolare Savona è alla ribalta delle cronache televisive e della carta stampata nazionali. Cominciarono Marco Preve e Ferruccio Sansa, che in un articolo su Micromega di quel mese, puntarono il dito dell’inchiesta giornalistica sul fenomeno inquietante dell’intreccio tra affari e ceto politico, dando all’articolo un titolo assai azzeccato: “Liguria. L’Unione fa il cemento”.

Poi fu la volta di Rai2: nella trasmissione di Santoro, nella sua “posta prioritaria” Marco Travaglio riportò la situazione savonese, sotto lo slogan “calce e martello”.

Ancora Rete4 con un reportage di Mimmo Lombezzi sull’affossamento delle ultime aree industriali vicino al Porto commerciale. Anche la cementificazione a filo di costa col nome altisonante di Fuksas interessò Ambiente Italia, di Rai3.

In questi giorni su L’espresso un articolo di Peter Gomez ripropone una inchiesta sulla cementata (è il caso di dirlo) connessione tra poteri forti e ceto politico (a cominciare da Burlando, presidente della Regione Liguria e Scajola, ex ministro berlusconiano).

Non solo: sta per essere uscire un libro, a firma di Bruno Lugaro, una conosciuta penna “indipendente” di un giornale locale, che con grande perizia e coraggio fa riaffiorare una delle più tragiche ferite mai risanate della nostra Città: il fallimento perfetto di una fabbrica, ex-Italsider, “colpevole” di avere gli stabilimenti collocati sul territorio più appetitoso per le mire speculative.

In questi anni c’è chi si è mosso politicamente contro questo assalto al territorio, individuandone le ragioni, gli intrecci, la forza quasi prorompente, denunciandone gli effetti e le implicazioni.

Erano anni in cui Rifondazione Comunista era all’opposizione in Città, contro un governo di centrodestra prima (dal 1994 al 1998) e di centrosinistra dopo.
Una opposizione completa: in Comune e in Provincia.

Sino a quando l’irrefrenabile ordine di scuderia nazionale, per il quale era necessario fare accordi con il centrosinistra, interruppe la collocazione di opposizione netta.
Il PRC si accomodò in quella stessa stanza dei bottoni contro la quale aveva lottato per tanti anni, dietro al convincimento, usurato ma mai domo, che "da dentro" si potevano modificare le cose....

Veniva così a mancare dal panorama savonese una rappresentanza politica che potesse avanzare, da sinistra, una proposta alternativa.
Alternativa ed autonoma dai poteri forti, da quel ceto politico che rappresentava nelle istituzioni le scelte cementificatorie degli speculatori, scelte che altro non sono che uno dei tanti “sintomi” delle motivazioni reali: una suddivisione geografica del territorio ligure tra centrodestra e centrosinistra, e degli interessi che ciascuno di questi rappresenta e che, nella quasi totalità, si sovrappongono.

“Si sono intrecciati, nel corso degli anni, tre elementi fondamentali: la concentrazione eccessiva di capitali sul territorio (capitali anche di dubbia provenienza) in particolare nel Ponente; la deindustrializzazione (in particolare nel savonese, ma adesso stanno per accorgersene anche a Finale, senza dimenticare Varazze) usata come merce di scambio, attraverso l'uso delle aree dismesse; la formazione di gruppi di potere "separati", attraverso il collegamento tra settori economici e politici ( con fenomeni sotto questo aspetto del tutto degenerativi, sempre come nel caso savonese, di costruzione di gruppi dirigenti "politici" in mera funzione di quelli economici). F. Astengo”

A partire dal 2005 si tesse e si costruì, con la Città, con i movimenti spontanei insorti negli anni contro la speculazione edilizia ma anche contro il malgoverno in materia di rifiuti, con l’attenzione dei movimenti ambientalisti non compromessi, con chi aveva mantenuto una capacità critica una idea politica che si concretizzò nella presentazione di una HYPERLINK "http://www.asinistraxsv.altervista.org/" proposta elettorale, proposta alla città nell’anno successivo.

Le elezioni amministrative del 2006 si collocavano in un momento assai delicato, perché il contesto nazionale regalava o meglio relegava alla coalizione prodiana l’unica chance contro Berlusconi, alla quale si accodarono, molti tappandosi il naso, altri più ingenuamente convinti, settori di elettorato autenticamente di sinistra.
Dunque un contesto entro il quale “parlar male” del centrosinistra equivaleva a fare il gioco del nemico…..

I risultati furono importanti. Nel desolante panorama italiano, in qualche modo confermato anche dalle recenti elezioni amministrative, venne rotto con forza il bipolarismo, e oggi nei consigli circoscrizionali e nel consiglio comunale, esiste una forza di opposizione. Di sinistra, alternativa.

Essere però presenti nelle istituzioni non può essere esaustivo, e non può pesare solo sulle spalle dei nostri eletti l’onere di questo compito che rischia d’essere di testimonianza, magari dura e certo precisa, ma marginale. Non è questo che ci prefiggemmo.

Se infatti le sedi istituzionali offrono una cassa di risonanza di rilievo, non deve mancare la continua e precisa operazione politica che avviammo più di due anni fa.
I reportage giornalistici ci indicano che la nostra analisi politica era vera, è vera.
È reale.

Allora fummo noi, come “a sinistra per Savona” a mettere sul banco degli imputati – in termini politici - quegli stessi personaggi che oggi leggiamo ed ascoltiamo nelle interviste.
Ma non può essere demandato solo al giornalismo, seppur d’inchiesta e come tale prezioso, il ruolo che spetta alla politica. Meno che mai alla magistratura, qualora foss’anche attiva.

Ripeto ancora: la nostra azione politica non può fermarsi alla presenza e all’impegno istituzionali.
Occorre coerenza, perseveranza ma soprattutto continuità. Perché continuità significa affidabilità, essere “riconosciuti” come una epifania politica non “effimera”.

Ecco perché tornare alla Città, attraverso iniziative anche di cultura politica, che riportino l’attenzione della popolazione agli avvenimenti, dando una lettura politica e non politicista, è nostro compito.

Altrimenti avremmo ancora una volta fatto un buco nell’acqua: avremmo dato vita ad una rappresentanza politica alternativa, per poi cullarsi nel compiacimento del “come siamo stati bravi”…. Ne sono piene le pagine della storia della sinistra. E, come si dice dalle nostre parti: “abbiamo già dato”.
Ripetere quei fuochi vacui, quelle fiammate di passione politica serve solo a sedare o nascondere gravi incapacità nel far discendere dall’idealità la concretezza del perseguimento fattuale.
Incapacità politicamente moleste.

Perché rappresentano solo l’esercizio teorico, strumentale e retorico della politica fine a se stessa, malattia dai connotati narcisistici molto frequente in “certi” ambienti della sinistra e assai perniciosa.
Con grave compromissione della credibilità politica di una rappresentanza alternativa.
Come è già stato scritto sopra: non è questo che ci prefiggemmo.

Patrizia Turchi

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