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Un movimento senza pace

Abolita la nonviolenza, adesso aboliscono la "pace"

(27 Giugno 2007)

(NB. La "Tavola della Pace" è quella organizzazione che nel 1999 invitava Massimo D'Alema - primo responsabile della partecipazione italiana al bombardamento del petrolchimico di Pancevo e della piazza del mercato di Nis - a partecipare alla marcia Perugia-Assisi)

La Tavola della Pace ha deciso di abolire il termine “pace” dalla sigla della prossima edizione della marcia Perugia-Assisi. Per far riflettere sui significati concreti di quel termine, la spiegazione. “In realtà è una svolta sinistra”, per Euli. «Un modo per togliere dall’imbarazzo tanti politici», per Zanotelli.

La Tavola della Pace ha deciso di rompere con le tradizioni. Aldo Capitini è ormai superato: i tempi sono cambiati, e sono abbastanza maturi per affrontare il primo “sciopero della parola pace”, come l’ha definito Flavio Lotti, coordinatore della Tavola.

Uno sciopero necessario, perché pace è una parola troppo abusata, bistrattata, politicizzata. Uno sciopero che vuole “ricercare il significato vero e profondo” della pace. Cioè gli aspetti pratici e concreti: i diritti umani. La prossima marcia Perugia –Assisi, non più per la pace, vuole sottolineare proprio questo aspetto, lo slogan infatti è “tutti i diritti umani per tutti”.

Uno sciopero, però, che non cancella definitivamente la parola pace dalle attività della Tavola: la marcia sarà preceduta dalla “Settimana della pace”: 7 giorni di iniziative, incontri, assemblee, giornate a tema. Inoltre, in parallelo alle attività italiane, si svolgerà a Nairobi l’ottava edizione della Marcia della Pace (il 15 settembre), e, sempre a Nairobi, una conferenza internazionale sui conflitti africani aperta a giornalisti e ad esponenti politici chiave (dal 29 novembre al 1 dicembre).

Era proprio necessario dunque “mutilare” la storica marcia? O forse la meditata riflessione è nata in seguito alle polemiche dell’edizione 2006, quando la Tavola della Pace decise di appoggiare l’invio di caschi blu in Libano approvato dal governo Prodi?

«Una svolta sinistra» l’ha definita Enrico Euli, docente di peacekeeping e gestione dei conflitti a Cagliari, ed esponente dei movimenti nonviolenti. Una decisione, quella di abolire la “pace”, «coerente con il percorso che la Tavola sta portando avanti da anni». Secondo Euli c’è ormai una differenza abissale tra il pacifismo della prima marcia nel ’61, antimilitarista e non violento, e quello generico di oggi; «una degradazione che è in corso da più di un decennio». Pace come parola è ormai inutilizzabile, «si dovrebbe andare verso visioni più radicali e più definite» per capire di cosa si intende. Ma la scelta di sostituirla con la cultura del diritto «ancora più morta, fallita e ambigua della parola pace, non solo non è una soluzione, ma è proprio la matrice stessa del problema». La crisi del pacifismo sarebbe determinata quindi dalla sua riduzione al solo aspetto giuridico. «Il pacifismo è morto proprio perché lo si è fatto diventare solo pacifismo giuridico, e non ha invece sviluppato tutti i percorsi tipici della nonviolenza».

«Per pace intendiamo la costruzione di un sistema di giustizia internazionale, vogliamo porre l’accento sul cosa permette di costruire la pace», questo, secondo Lisa Clark di Beati i costruttori di pace, il vero motivo che sta dietro la decisione della Tavola. Costruire la pace presuppone il garantire diritti, il soddisfare bisogni. «In questo modo non si appiattisce il significato della pace, ma lo si esalta. Si esalta tutto il lavoro che c’è dietro la sua costruzione».

«Tanti politici alla marcia per la pace non si potevano accettare. In questo modo li si toglie dall’imbarazzo», il primo commento di padre Alex Zanotelli. Che prosegue: «Il valore della pace è sempre stato molto a cuore a tanti, togliere il nome pace dalla marcia vuol dire toglierle il cuore. Proprio quest’anno, per la prima volta noi ci presentiamo con un governo amico che ha una pagella sulla pace estremamente pesante». In finanziaria sono aumentate le spese militari, le esportazioni di armi del 2006 hanno battuto il record di vendite degli ultimi 20 anni. «Ora come non mai c’è bisogno di porre l’attenzione sulla parola pace, invece che abolirla». D’altra parte, l’Italia è ancora presente coi suoi militari in Afghanistan; il nostro sottosegretario alla Difesa ha firmato accordi con Washington per la costruzione di oltre 4000 F35; il nostro ministro Parisi ha già firmato, assieme alla Polonia, l’accordo con gli Stati Uniti sullo scudo spaziale. In coerenza, quindi, «nessuno di questi ministri, sottosegretari, esponenti di partiti di governo, potrebbe partecipare ad una marcia della pace». Ma alla marcia per i diritti umani non potranno mancare.

Sara Milanese

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