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(28 Giugno 2007)

Da circa sei anni siamo impegnati nella difesa delle parti civili del
processo relativo ai fatti avvenuti nella scuola Diaz durante il g8 di
Genova.

Questo nostro impegno, come quello di altri colleghi prima di noi nelle
varie vicende legate alle pagine più nere della storia d'Italia, ha due
finalità principali.

La prima, e la più ovvia, è quella di restituire, attraverso la difesa
processuale e la ricerca del risarcimento dei danni subiti, dignità e
valore a tutte le persone che difendiamo e che hanno subito non solo
lesioni, spesso gravi, ma anche e sopratutto la negazioni dei più
elementari diritti e della propria dignità di esseri umani.

La seconda, forse meno ovvia, è tentare di giungere ad una verità
giudiziaria che sia in grado di dimostrare a tutti che viviamo ancora in
un Paese democratico e libero, in cui il sopruso, la violenza
ingiustificata e l'abuso vengono puniti anche qualora vengano commessi
dalle forze dell'ordine o da chi esercita un potere politico, economico
o, appunto, di polizia.

Ed è proprio quest'ultimo aspetto che ci impone oggi di non rimanere in
silenzio di fronte ad una vicenda sconcertante quanto grave e pericolosa.

Infatti, se ancora non fossero bastate a minare la credibilità delle
forze dell'ordine le reticenze, i silenzi, le sfrontate menzogne udite
in questi anni nelle aule dei tribunali, assistiamo oggi ad un evento
straordinario: l'apertura di un'indagine sul Capo della Polizia,
sospettato di aver inquinato ed indirizzato la deposizione di almeno uno
dei testimoni nel processo Diaz: l'ex questore di Genova, Francesco
Colucci. Non stiamo parlando, quindi, di un paio di semplici agenti,
magari giovani, magari stanchi o isolati, ma della più alta carica del
Viminale e di un Questore.

E se questo non fosse abbastanza per restare stupefatti e temere
seriamente per le sorti dei diritti dei cittadini nel nostro Paese,
nonché della saldezza democratica delle nostre istituzioni, a lasciare
sconcertati è la reazione delle forze politiche e delle maggiori testate
di stampa.

Non abbiamo udito, infatti, in questi giorni, la voce di coloro che
quotidianamente si interrogano sulla certezza del diritto e sul rispetto
della legge e delle istituzioni stracciarsi le vesti di fronte alla
situazione paventata dalle indagini svolte dalla Procura genovese.

Stiamo parlando non solo e non più del fatto già grave dell'aver
picchiato selvaggiamente decine di persone inermi, di averle arrestate
ed accusate sulla base di falsi verbali, di aver fabbricato prove a loro
carico da parte di alcuni dei più alti vertici della Polizia di Stato.
Quello che vediamo dispiegarsi oggi, con l'accusa a Gianni De Gennaro di
aver indotto un testimone a dire il falso di fronte ad un Tribunale
della Repubblica, è l'arroganza di un potere che si pensa illimitato e
al di fuori di qualsiasi controllo democratico e giudiziario. E ciò, con
le conseguenze sui normali cittadini che possiamo intravvedere nella
cronaca più spesso di quanto sia tollerabile e che sono fatte di piccole
illegalità quotidiane, di abusi che solo raramente giungono alla luce
per essere sottoposti al vaglio del pubblico dibattimento.

La Polizia italiana è palesemente malata, nonostante le migliaia di
operatori che coscienziosamente svolgono il loro lavoro quotidianamente
nel e per il rispetto della legalità e dei diritti di tutti. Nessuno può
più seriamente affermare oggi, come accadde dopo il g8 di Genova, che si
tratta solo di alcune mele marce in una cesta sana. E' la cesta, con
ogni evidenza, a dover essere profondamente riformata. Perciò ci
stupisce e ci spinge fuori dal silenzio che normalmente manteniamo,
anche a garanzia del sereno svolgimento dei processi in corso, l'assenza
di riflessione da parte del Governo italiano su una vicenda di tale
gravità e, al contrario, la decisione da parte del medesimo di operare
un avvicendamento al vertice della Polizia nel segno della continuità
specifica con la gestione precedente.

Né le istituzioni politiche né le Forze dell'Ordine del nostro Paese
hanno ritenuto in questi sei anni di dover esprimere scuse formali né
riconoscimenti morali o economici alle vittime della scuola Diaz o della
caserma di Bolzaneto.

Chiediamo almeno, oggi, che venga garantito e protetto il lavoro di
coloro che tentano faticosamente di restituire alle vittime di quei
giorni e ai cittadini del nostro Paese la dignità e la realtà di parole
come democrazia, giustizia, verità.

Genova, 25.6.2007

Avvocati di parte civile nel processo sui fatti delle scuole Diaz.

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