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(16 Ottobre 2011) Enzo Apicella
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PER UN PROGETTO COMUNISTA, PER UN POLO AUTONOMO DI CLASSE

documento della minoranza al I° congresso regionale veneto del prc (quarta parte)

(30 Novembre 2002)

INDICE

Premessa [ leggi... ]
1. Introduzione [ leggi... ]
2. I capitali nel veneto: tanti interessi in una regione sola [ leggi... ]
3. Il vento dell'ovest: gli interessi imperialistici della borghesia veneta [ leggi... ]
4. I lavoratori in veneto: una regione a forte concentrazione operaia, una regione con una classe fortemente disgregata [ leggi... ]
5. La piccola borghesia tra paura e ribellione: padroncini, contadini e commercianti nell'integrazione europea [ leggi... ]
6. Centrosinistra e centrodestra: i due poli della borghesia veneta [ leggi... ]
7. Tra concertazione e lotta di classe: movimenti e sindacati di fronte alla fase [ leggi... ]
8. Tra accordi e movimentismo, un partito collassato: il prc nel veneto [ leggi... ]
9. Per una politica marxista rivoluzionaria dei comunisti veneti: la nostra proposta [ leggi... ]


7. TRA CONCERTAZIONE E LOTTA DI CLASSE: MOVIMENTI E SINDACATI DI FRONTE ALLA FASE

7.1 Il ciclo di mobilitazioni rilanciato a Seattle ha mostrato in questi mesi la sua importanza, ma anche i suoi limiti politici e sociali. Questo movimento ha permesso tra le masse la ripresa di un immaginario di trasformazione della società (un altro mondo è possibile), ha favorito il collegamento delle diverse lotte contro il capitale, ha avviato importanti processi di ricomposizione di classe. Questo movimento ha però anche mostrato una significativa distanza fra la grande partecipazione alle mobilitazioni e la sua capacità di organizzazione, radicamento territoriale e avvio di un nuovo ciclo di lotte. Una distanza dovuta alla grande eterogeneità dei soggetti sociali e alla conseguente confusione di interessi, progetti e piattaforme che lo compongono.

7.2 Le giornate di Genova hanno evidenziato questa complessa articolazione del momento no global. L'assassinio di Carlo, la repressione militare attuata nelle piazze e nelle caserme, il tentativo di spaccare il movimento criminalizzandone alcune componenti, sono stati battuti dalla capacità di una risposta di massa, in grado nel contempo di allargare i confini delle mobilitazioni, di mantenere l'unità del movimento, di legittimare la resistenza e la rivolta. La grande manifestazione del 21 luglio, le amplissime manifestazioni su tutto il territorio nazionale della settimana successiva, la risposta di novembre a Roma al tentativo del "Foglio" di soffocare il movimento in una logica di guerra, hanno permesso al movimento di superare questa fase.

La guerra in Afghanistan, l'avvio delle lotte operaie e l'emersione dei girotondi (la mobilitazione della media e piccola borghesia progressista su una piattaforma antigovernativa e "giustizialista") ha spiazzato il movimento, togliendogli il monopolio della piazza ed erodendo la sua unità nelle mobilitazioni. Il processo di costituzione dei Social Forum si arenava, mentre importanti appuntamenti erano mancati (Pratica di mare, Barcellona, ecc).

7.3 Nel corso degli appuntamenti mondiali di quest'anno il movimento ha visto emergere alcune differenziazioni e fratture fra le forze neoriformiste, quelle più radicali e quelle anticapitaliste: le tensioni di Porto Alegre, la spaccatura in due spezzoni del corteo di Barcellona, le manifestazioni contrapposte di Durban tra le forze favorevoli all'integrazione dell'Africa meridionale (ANC e SACP) e le organizzazioni che si battevano contro questo processo. Il Social Forum Europeo di Firenze si è posto l'obiettivo di ricomporre questa dinamica, mantenendo fluido e aperto il confronto fra le diverse forze. La grande manifestazione conclusiva ha raccolto e rilanciato le potenzialità del movimento: la radicalità delle parole d'ordine, la presenza del proletariato giovanile urbano e meridionale, la forte partecipazione operaia e sindacale. Ma nel contempo ha evidenziato i suoi limiti, spingendo verso l'unità delle sinistre, con una confusione di sbocchi politici e numerose ambiguità nei percorsi soggettivi e organizzativi. Questi elementi mostrano i tempi lunghi della ricomposizione, la necessità di aprire una battaglia politica nel movimento e di costruire una posizione di classe al suo interno. La risposta repressiva di governo e magistratura, con gli arresti effettuati nel sud su indicazione di un apparato investigativo centrale (i ROS) e ordine di un discusso magistrato casentino, sta cercando di riprodurre la spaccatura nel movimento e la criminalizzazione di alcune sue componenti.

7.4 Il movimento comprende diverse componenti politiche, progetti e culture che si esprimono nel suo interno. Nel Veneto è presente una componente di massa giovanile, con un sentimento anticapitalistico di tipo etico e riformista, che chiede un sistema basato sul mercato, con alcune regole sociali: controllo dal basso mediante il bilancio partecipativo, consumo critico e commercio equo-solidale. Un'ottica alimentata dalle numerose forze cattoliche, intorno alla Rete Lilliput, a Mani tese ed ai Beati costruttori di Pace, organizzazioni dalla parte degli oppressi fintanto che restano tali: quando danno vita a processi insurrezionali, ne prendono prontamente le dovute distanze. I disubbidienti hanno in questo territorio una loro importante roccaforte: tra dichiarazioni di finte guerre, scontri contrattati finiti male e scioperi cosiddetti generalizzati inesistenti, cavalcano queste tensioni con moltitudini antimpero, di un Impero che non c'è. Le associazioni di area riformista, legate agli interventi contro il razzismo, ad ATTAC, al mondo sindacale della Cgil, rilanciano gli obbiettivi di un'Europa sociale, di un nuovo stato regolatore a livello continentale. Un'area anarchica e di classe è raccolta intorno ad alcuni collettivi locali, che hanno spesso subito l'emarginazione fisica dalle mobilitazioni e che hanno spesso scelto di isolarsi dalle mobilitazioni di massa, ha sommato confusamente una critica ai social forum, un'impostazione antimperialista marcatamente antiamericana ed alcuni toni vagamente populisti, di raccordo con settori di piccola e media borghesia localistici (manifestazione regionale dell'ottobre 2001 a Padova). In Veneto è sostanzialmente assente l'importante componente dei sindacati di base, che ha tenuto in momenti critici (Assisi, Roma a novembre, sciopero generale di marzo) un'impostazione di classe importante per l'ancoraggio del movimento. La componente che manca, in forma organizzata e politicamente consapevole, è soprattutto quella comunista, che ha rinunciato a svolgere la propria battaglia politica nel movimento, accodandosi agli umori di massa e rivendicando unicamente il proprio peso organizzativo.

7.5 Il quadro sindacale veneto è dominato dalla Cisl che, dopo la parentesi degli anni '70, sta impostando una politica neocroporativa: partecipazione dei lavoratori all'azionariato dell'impresa, stabilizzazione della divisione fra stabili e precari, aziendalizzazione dei contratti. Una politica rilanciata nella pratica degli accordi separati, come quelli alla Zanussi e all'Alcoa, o come il fondo pensione integrativo intercategoriale "Solidarietà Veneto", che interessa più di 400 imprese e 10000 soci, salutato da N. Tognana come il "primo atto di federalismo concreto". Con il recente Patto per l'Italia, il Governo ha assicurato alle organizzazioni firmatarie la compartecipazione agli Enti bilaterali, che dovrebbero gestire le politiche per l'impiego, e le nuove mutue della sanità privatizzata. Una politica che sta aprendo contraddizioni e problemi dentro molte fabbriche, ma che vede anche raccogliere consensi in quei settori di classe che più hanno tratto vantaggi dalle differenziazioni salariali e contrattuali di questi anni.

7.6 La Cgil non ha firmato il Patto per l'Italia, subendo una torsione della politica di collaborazione di classe attuata dal suo gruppo dirigente. Una correzione promossa della Fiom, messa con le spalle al muro dalla profondità dell'attacco padronale e governativo. Dopo l'accordo separato in Fiat e sul CCNL metalmeccanico, il Libro bianco e l'attacco allo Statuto dei lavoratori, la rinuncia alla lotta comportava la sua capitolazione sindacale ed organizzativa. Questa correzione di linea, recepita con fatica dalla confederazione dietro la spinta del segretario generale, è finalizzata come nel '94 ha salvaguardare la sua capacità contrattuale ed a ricostruire le condizioni per poter nuovamente avviare la concertazione. Non a caso la Cgil, pur avendo proclamato due scioperi generali in pochi mesi, ha continuato a firmare accordi ispirati alla politica concertativa con Cisl e Uil (Pubblico Impiego, Chimici, Commercio). La gestione della vertenza con il Governo Berlusconi si è caratterizzato per la proclamazione di scioperi simbolici, che non hanno scalfito l'azione del Governo; di fronte ad un'impasse evidente, si è ricorso ai referendum e alle proposte di legge di iniziative popolari, alla subordinazione della lotta di classe al terreno elettorale ed istituzionale quale via migliore per il rilancio dell'Ulivo e in esso della componente socialdemocratica di Cofferati. La Cgil veneta ha circa 360.000 iscritti, ponendosi tra le federazioni di medie dimensioni insieme a quelle della Toscana, del Piemonte e del Lazio, dopo la Lombardia e l'Emilia che raggiungono quasi un milione di tesserati. Una Cgil particolrmente influenzata da settori concertativi e moderati, come dimostrato dal suo comportamento nei patti d'area, nell'Ebav, in molti contratti locali siglati nel corso dell'ultimo anno.

7.7 La sinistra sindacale di "Lavoro Società - Cambiare rotta" non esprime purtroppo una reale alternativa strategica al gruppo dirigente della Cgil, come è emerso dall'isolamento politico e organizzativo del coordinamento nazionale rsu, dal mancato sostegno alle assemblee di delegati di Bologna e Milano nell'inverno scorso, dall'assenza di una risposta al dialogo aperto recentemente dai sindacati di base. Una politica rafforzata dai voti unitari agli ultimi Congressi della Cgil a livello nazionale, categoriale e regionale. Un'area che non è compatta, ma che nel contempo non apre un chiaro dibattito interno, come emerso sin da prima del congresso nella discussione in Fiom (assemblea nazionale di Rimini, dicembre 2001) e confermato da recenti episodi nel direttivo nazionale e in alcune segreterie di categoria. Un'area che è sostanzialmente dominata dal gruppo dirigente di Alternativa sindacale, in larga parte fuoriuscito dal PRC parallelamente alla scissione cossuttiana. Al suo interno sono presenti componenti di classe che si sono opposte a questa deriva, nei voti conclusivi congrssuali come nella promozione delle assemblee di delegati prima citate, o nell'appello per uno sciopero prolungato contro il Governo Berlusconi. In Veneto il gruppo dirigente di Lavoro e Sociatà è caratterizzata da una significativa presenza di compagni del PRC, che in questi anni hanno sempre di più rivendicato la loro autonomia, sino ad essere di fatto indipendenti dal partito.

7.8 La Cub-Rdb e i Cobas scuola sono le più importanti organizzazioni presenti in Veneto che si sono opposte alla concertazione, radicate nel pubblico impiego ma anche in altri comparti (telefonia, alcune aziende tessili e metalmeccaniche, trasporti). Questi sindacati di base non riescono comunque ad esprimere una reale alternativa alla CGIL: troppo spesso sono legati a logiche settoriali; troppo spesso sono influenzati dai gruppi politici che li promuovono, dai tentativi di dar vita attraverso di loro a nuove organizzazioni. Realtà spesso pervase dalla convinzione di poter superare il naturale economicismo dei sindacati, assumendo posizioni tipiche del sindacalismo rivoluzionario. Negli ultimi anni è stata superato un certo settarismo organizzativo, costruendo scioperi unitari dei sindacati di base, con delegati di tutte le provenienze (Telecom, Enel, scuola) e partecipando con proprie piattaforme e cortei agli scioperi Cgil. In Veneto il sindacalismo di base è particolarmente debole, concentrato in tre città (Padova, Venezia, Vicenza), ma scarsamente collegato al suo interno. Nonostante molte presenze significative (Actv di Venezia, Ospedale di Vicenza, Comune, Ospedale ed Università, Università di Padova, Komatsu di Este, poste, ferrovie), rimangono fortemente sfilacciati e segnati dall'influenza dell'ADL, associazione legata al progetto politico complessivo dell'area intorno ai Centri sociali del Nordest.

8. TRA ACCORDI E MOVIMENTISMO, UN PARTITO COLLASSATO: IL PRC NEL VENETO

8.1 Dopo la scissione del Pdci, il Comitato regionale ha visto sbloccarsi l'aspro conflitto con l'area più stalinista del Partito, che per molti anni lo ha tenuto congelato. Un partito che, nonostante il passo avanti, è rimasto politicamente oscillante, con grandi difficoltà di radicamento ed una forte instabilità del suo gruppo dirigente. In pochi anni si sono succedute tre segreterie regionali, con tre maggioranze politiche diverse nel CPR, senza riuscire ad affrontare un approfondito dibattito politico né un bilancio delle esperienze maturate a livello locale. Un partito sempre alla coda dei movimenti sociali, che attende l'espressione e la maturazione delle lotte prima di assumere qualunque iniziativa e proposta. Un partito che contemporaneamente ricerca alleanze e raccordi con il centrosinistra, nelle province ed in Regione, come sbocco politico finale della sua azione: la partecipazione al movimento e la costruzione della sinistra alternativa sono tenute insieme dall'obiettivo di ricostruire un compromesso sociale più avanzato con la borghesia.

8.2 Un partito scarsamente radicato, con pochissimi iscritti anche in rapporto al proprio elettorato (solo cinquemila), una realtà giovanile debolissima e spesso intermittente, una scarsissima presenza organizzata nella classe (7/8 circoli dei posti di lavoro in tutta la Regione; commissioni lavoro inesistenti in alcune federazioni). Una scarsa attenzione al mondo del lavoro sottolineata dallo smantellamento di alcuni di questi circoli negli ultimi anni, dall'indebolimento e la difficoltà con cui sopravvivono quasi tutti gli altri. Pochi iscritti, pochissima organizzazione (sedi, funzionari, strutture funzionanti), pochissimi soldi per l'attività politica. Anche per questo sarebbe importante l'impulso e l'azione che potrebbe provenire dal C.P.R., che potrebbe avere a disposizione alcuni finanziamenti del gruppo regionale (modificando le quote di versamento da parte dei consiglieri) e potrebbe costruire dei nuclei organizzativi in grado di supportare le realtà provinciali.

8.3 La linea politica del CPR, all'interno del percorso indicato dalla maggioranza negli ultimi congressi, è stata determinata dai gruppi dirigenti veneziani e di Rovigo, due federazioni che insieme raccolgono quasi la metà degli iscritti al partito. Una realtà, quella veneziana, che ha avviato un percorso di aggregazione con i Verdi e l'area dei Centri sociali del nordest (proposta di gruppo unico in Comune e della costituzione di sedi della Sinistra alternativa a Mestre). Un percorso segnato dalla condivisione delle analisi sulla fine del lavoro e la trasformazione postfordista della società, dall'abbandono dell'intervento dentro fabbriche e i posti di lavoro, dalla compressione dell'azione tra i giovani dentro le strette maglie dei Disobbedienti (con relative sottovalutazioni e occultamenti dei conflitti fra Giovani comunisti ed ex-tute bianche). Contemporaneamente questo percorso è caratterizzato dalla piena partecipazione ad una giunta, ed al relativo sottobosco amministrativo, che sta attuando le politiche modernizzatici del centrosinistra a livello locale: privatizzazioni, esternalizzazioni, erosione dello stato sociale. A Rovigo, con un partito più legato alla cultura e al funzionamento del PCI, questa politica di raccordo con il centrosinistra è stata coerentemente attuata per tutti gli anni '90, con un'azione politica chiusa nel proprio territorio e la rivendicazione aperta, negli organismi dirigenti regionali, di una propria completa autonomia dagli assetti e dalle scelte del Partito regionale.

8.4 La rielezione di Mauro Tosi a segretario regionale dopo lo scorso congresso nazionale, avvenuta con la sostanziale unanimità del CPR (astensione della minoranza congressuale per la funzione di garanzia svolta durante la precedente dura fase di scontri interni al PRC), ha avviato la ripresa di un confronto politico e di una riorganizzazione del Comitato regionale. Una fase segnata dalla scelta opportunista di sostenere la candidatura di Massimo Cacciari e il polo di centrosinistra alle elezioni del 2000, mantenendo tale raccordo anche successivamente in Consiglio regionale (campagna sulla sanità, referendum scuola); ma anche da un'attenzione della segreteria regionale alla difficoltà di radicamento nella classe, con il tentativo di raccogliere le energie presenti e la stesura di un positivo documento di impostazione politica e organizzativa della Commissione lavoro regionale (proposta di un funzionario per la commissione e di un coordinamento regionale dell'azione nelle categorie).

8.5 L'elezione di Paolo Cacciari, seguita al passaggio del segretario precedente al Gruppo consiliare, ha segnato una forzatura degli equilibri politici del CPR, con un'opposizione ben più ampia della minoranza congressuale alla sua elezione e di quasi il 40% dei votanti ad una segreteria regionale "tecnica". Una gestione coerentemente e apertamente tesa ad allargare la linea politica veneziana a tutto il complesso del Partito, dall'apertura alla Sinistra alternativa al rapporto con il centrosinistra. Un tentativo che si è infelicemente concluso dopo solo un anno di durata, per le contraddizioni che questa linea apriva nel Partito, per le difficoltà materiali di riproporre su un piano diverso condizioni e rapporti di forza particolari della situazione veneziana, per la scelta del segretario di diventare Assessore al Comune di Venezia.

8.6 Un anno ancora peggiore è stato segnato dalla nuova segreteria regionale, con una totale vaghezza e confusione di linea politica, l'inesistenza politica e organizzativa del livello regionale del partito. Il segretario regionale, Gino Sperandio, eletto con l'opposizione di tre segretari provinciali, è stato coadiuvato da una segreteria politica che ha raccolto le diverse anime della maggioranza. Una segreteria che ha blindato il CPR, convocato un paio di volte nel corso di un anno e mezzo (non a caso il bilancio consultivo del 2001 si vota a fine ottobre del 2002). Un periodo segnato da Genova, l'11 settembre, la guerra in Afghanistan, i social forum, importanti elezioni locali (Treviso, Verona, Vicenza), il referendum regionale sulla scuola promosso dal Partito. Una segreteria che si è posta come direttorio politico della maggioranza, che ha rifiutato il confronto ed il dibattito politico. Una segreteria che ha cancellato l'azione del Partito, sostenuta di fatto unicamente dal livello istituzionale, il Gruppo in consiglio Regionale, e le singole federazioni provinciali. Anche per questo è necessaria una svolta politica e organizzativa nel PRC veneto.

[ continua... ]

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