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Rossanda, l'Europa, il 20 ottobre

(8 Agosto 2007)

L'articolo di Rossanda uscito su Il Manifesto del 4 agosto è illuminante, chiaro.
Il suo bersagio è quello giusto: il dogmatismo economico liberista dell'unione europea e la subalternità del governo italiano a questo dogmatismo. Le forze riformiste che sono predominanti nella maggioranza di governo, ma da sole non bastano per avere nessuna maggioranza (e non lo saranno mai) sono incapaci di ragionare in termini differenti da quelli che il grande capitale ha la forza di imporre. Questa è la situazione che Rossanda descrive. La priorità accordata al "risanamento dei conti" è un pregiudizio, un feticcio monetarista, un privilegio assurdo accordato al dogma economico liberista rispetto alla società.

Il punto è che questa situazione è immodificabile. La sinistra che è determinante ma minoritaria potrà fare tutto quello che vuole, ma non riuscirà a mettere in questione questo dogmatismo né i suoi effetti devastanti sulla società. Tanto più dopo quello che è accaduto a Bruxelles nell'ultimo incontro di giugno, quando è stata seppellita (forse per sempre, certo per il prossimo decennio) un'idea di Europa differente da quella che conosciamo bene, e i movimentisperavano di poter modificare. Un'Europa che si riduce a dispositivo finanziario di contenimento e riduzione asintotica del costo del lavoro e della spesa sociale.

E' bene che ce ne rendiamo conto, neurogreen e ricombinanti e bronzini e negri e disobbedienti e insomma tutti gli spiriti nobili (n.d.r.q.lcuno li chiama anche p.d.m.)che hanno sperato di poter produrre minuscoli decisivi spostamenti nella visione d'Europa.

Al vertice di Bruxelles hanno vinto insieme e disastrosamente sovranisti ed euromonetaristi.

I sovranisti polacchi e britannici hanno ottenuto la paralisi della decisione politica (nessuna unificazione della politica estera europea, nessun ministero degli esteri comune, rinvio à jamais della decisione per maggioranza...). I monetaristi centrali hanno riaffermato il carattere di vincolo sul salario che l'Europa assume definitivamente. In fondo possiamo dire che l'Europa è ormai solo questo: un rigido sistema di contenimento e riduzione della ricchezza sociale, un dispositivo di imposizione di ritmi sempre più intensi di produzione.

In questo contesto dobbiamo considerare anche il processo che si svolge in Italia.
Il governo di centrosinistra, dopo un anno di inazione ha cominciato a muoversi, e va nella stessa direzione in cui andava il governo di centrodestra: riduzione del costo del lavoro eliminazione di ogni vincolo sul capitale, imposizione di vincoli sempre più stringenti sulla società.

C'è qualche possibiiltà di modificare la sua rotta? A questo punto direi di no, perché il problema non è italiano.

Il dogma monetarista che sembrava messo in discussione dalla crisi di consenso che aveva scosso il liberismo a livello globale negli anni del movimento noglobal, sembra essere entrato in un nuovo ciclo di esistenza. Più violento, più cinico, più disperato, ma anche più energico. Negli anni '90 la competizione si presentava come un gioco win-win in cui tutti dovevano guadagnarci ed essere felici. Oggi l'illusione felicista è dissolta, rimane soltanto la cruda realtà: o siete tra i (pochissimi) vincenti o sarete tra i (moltissimi) schiavi. Ecco il culto fanaticamente aggressivo che porta il 70% dei giovani francesi a votare per Sarkozy: terrorizzati di essere tra i perdenti, saranno perdenti ma non prima di averci provato, votando per i vincenti.
Il neo-neoliberismo della disperazione

Da questo punto di vista la manifestazione che Liberazione e Il Manifesto hanno lanciato per il 20 ottobre è un bidone. Mi dispiace doverlo dire perché comprendo il sentimento con cui Liberazione e Il Manifesto hanno lanciato l'iniziativa, ma penso che si tratti di un bidone.

Non solo perché viene, come dice Barenghi, a babbo morto, dopo il voto sulla finanziaria, ma perché procrastina indefinitamente l'illusione che sia possibile modificare qualcosa manifestando martedì contro ciò che è stato votato lunedì.

Non è affar mio discutere di quel che deve fare Rifondazione o gli altri gruppi parlamentari della sinistra.
Che votino a favore di un governo che fa esattamente il contrario di quello che essi affermano, o che rompano, mettano in crisi questo governo e aprano la strada ad elezioni pericolosissime, a questo punto fa poca differenza.

Qualcuno dopo che così ritorna Berlusconi. Perché, se ne è mai andato?

C'è mai stato un momento in cui Mediaset fosse più dominante sul piano mediatico finanziario e politico?

Siamo seri.
E' giunto il momento di riconoscere che la politica parlamentare non serve a niente, che il governo di centrosinistra non è in grado di modificare le linee fondamentali della politica sociale, e che la sinistra politica è irrilevante.

Manifestare contro le misure economiche di un governo che si appoggia con il voto significa mantenere in piedi l'illusione che la politica parlamentare possa resistere ai diktat del dogmatismo monetarista europeo.

Forse è meglio dire le cose come stanno: la sinistra non è in grado di sottrarsi al ricatto.
L'unica possibilità di rompere il ricatto viene dall'autonomia della società. Al momento la società appare paralizzata: la precarizzazione del lavoro ha tolto ogni forza ai lavoratori e l'assenza di alternative ha tolto ogni capacità di ribellione alle generazioni emergenti.

Ma le cose possono cambiare nel prossimo futuro per effetto di una serie di catastrofi che si preparano nel ventre della storia mondiale: la catastrofe finanziaria in agguato nella crisi immobiliare americana, la catastrofe militare e politica della guerra fallimentare a cui l'occideente non può più sottrarsi come un pugile suonato incastrato nell'angolo, la catastrofe ecologica i cui effetti sono in pieno dispiegamento nel pianeta.

Smettiamola con le illusioni tipo "vuoi vedere che l'Italia cambia davvero". L'Italia non cambia, al massimo può sprofondare, e solo dallo sprofondamento possiamo attenderci una prospettiva nuova, che eviti l'inferno.
Puntiamo tutto sulla catastrofe, perché non abbiamo altro alleato.

E nell'attesa che questo alleato si manifesti creiamo le condizioni culturali perché un comportamento autonomo della società sia possibile quando la catastrofe si verificherà.

Il ruolo politico che possiamo svolgere oggi non è altro se non quello di una critica delle illusioni democratiche:
non c'è nessuna possibilità di mediazione politica con il capitalismo criminale contemporaneo.
non c'è nessun interesse generale nella società, solo la lotta unilaterale e indipendente della classe precaria può restituire fiato alla società che l'assolutismo del capitale sta strangolando.

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