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Bipolarismo e grandi manovre

(27 Agosto 2007)

Il sistema politico italiano sta vivendo una fase di vera e propria fibrillazione: a destra come a sinistra si moltiplicano i tentativi, le uscite estemporanee di questo o quel presunto leader, scissioni e ricomposizioni ( l'uscita del gruppo Mussi dai DS; la scissione di Storace e Buontempo da AN sono soltanto gli ultimi esempi nel merito).

Ci siamo posti, così, un interrogativo: quale potrà essere, alla fine, l'esito di tutto questo lavorio? Ci stiamo avviando alla fine della lunghissima “transizione italiana” avviata all'inizio degli anni '90 con la caduta dei grandi, tradizionali, partiti di massa e la radicale trasformazione avvenuta nella realtà dell'agire politico, sia in conseguenze delle modificazioni dei sistemi elettorali, sia al riguardo del mutato rapporto tra società e politica, in una fase di cessione nel radicamento sociale dei partiti ma di crescita nel loro potere di nomina, disponibilità di potere anche sotto l'aspetto economico, al punto da far diventare la “politica” un'industria, trasferendola (come rozzamente ci era capitato di affermare qualche tempo fa) in “struttura”.

Difficile, a questo punto, fornire una risposta compiuta, ma si può provare egualmente a mettere ordine.

La costituzione del Partito Democratico, in questo momento, appare l'evento di maggiore importanza, quello che può portare davvero ad un riallineamento dell'intero sistema: già osservando ciò che accade al suo interno in vista delle “primarie” del 14 Ottobre, nel corso delle quali si dovrebbero eleggere il Segretario nazionale, i Segretari Regionali, i componenti dei gruppi dirigenti a livello centrale e locale, si ha una idea ben precisa di ciò che è cambiato.

Stiamo assistendo, sul serio, all'esaltazione del meccanismo dell'”autonomia del politico” aggiornato alla supremazia assoluta dell'apparire in luogo dell'essere.

Ritengo di aver sintetizzato efficacemente ciò che sta accadendo: il meccanismo delle primarie enfatizza questo dato. Tutto sarà regolato con il bilancino in anticipo, in funzione dell'esercizio del potere all'interno del partito da parte delle correnti (ormai mescolate tra DS e Margherita) ed il “popolo” sarà chiamato a ratificare.

L'esito di questa operazione, poi, non sarà determinato dalla bontà delle politiche che il PD saprà mettere in campo, dal radicamento sociale, dal tipo di cultura politica che potrà esprimere, ma esclusivamente dal risultato elettorale, cioè dal grado più o meno alto di potere di nomina che il Partito riuscirà ad esprimere, attraverso il quale costruire una ramificazione di funzionari (“La Casta”) in grado di occupare il maggior spazio possibile: stiano attenti, sotto questo aspetto, i partiti della cosiddetta “sinistra radicale”, il discorso delle alleanze è del tutto in discussione, il PD punta ad una posizione “centrale”, per questo cercherà di eliminare concorrenze ma non tanto e non solo in funzione bipolare (qui sta il punto del nostro discorso) ma del creare un “grande centro” capace di svolgere una funzione di garante della governabilità in ogni sede, appoggiandosi, di volta in volta, laddove può risultare massimamente conveniente. In questo senso l'idea di una “grossekoalition” con UDC ed altri settori del centrodestra (parti di FI, tutta AN), tagliando le ali radical-sovversive o nazional – populiste (Lega Nord compresa) appare ancora la prevalente: verso questa ipotesi non spingono soltanto i numeri parlamentari, sempre risicati dal punto di vista dello scarto tra gli schieramenti, ma similitudine nella cultura politica, nella visione del mondo, nella logica stessa dell'agire politico.

A destra la manovra Berlusconi – Brambilla appare orientata, per lo più, ad affermare – inizialmente – l'egemonia del fondatore di Forza Italia sull'insieme dello schieramento (non a caso la Lega Nord è già rientrata dall'ipotesi di sciopero fiscale, timorosa di essere scaricata brutalmente dall'alleanza). Riaffermato, quindi, il principio della affermazione di una propria disponibilità personale del centrodestra (esclusa l'UDC; ovviamente) Berlusconi punterà al taglio dei rami secchi, con un occhio, naturalmente, ai livelli di contrattazione con l'altra parte per quel che riguarda il suo impero televisivo (che non si trova,però, propriamente all'apice della forma: ormai, infatti, il calcio che è l'agente principale, il propellente vero della visione televisiva, appare sempre più saldamente in mano a Sky, di conseguenza a Murdoch: uomo che non fa regali, anzi che non deve mai chiedere nulla).

Berlusconi quindi sta ripiegando sempre più sulla politica, e non può permettersi il lusso di stare a lungo fuori dal governo: di conseguenza la legge elettorale appare sempre di più il nodo vero da sciogliere (in questo quadro di “autonomia del politico” ovviamente, dove le condizioni sociali costituiscono una variabile del tutto “indipendente” ed “esclusa”).

Se la nostra analisi è esatta per i referendari non ci sarà scampo, e sarà il modello tedesco il vero punto di riferimento: l'unico modello, cioè, che può consentire – nella situazione italiana – il varo della tanto agognata “grossekoalition”.

Nel frattempo il governo Prodi si prodigherà nella politica antisociale fin qui perseguita, proprio per completare la prima fase con il proprio “lavoro sporco”.

Appare evidente come, a questo punto, per la cosiddetta “sinistra radicale di governo” lo spazio sia ridotto al lumicino: l'intempestività e la vacuità di obiettivi della manifestazione del 20 Ottobre balzano evidenti agli occhi.

A parte gli errori tattici, come quello del temporeggiamento attuato dai fuoriusciti dai DS che sta provocando un frettoloso “ritorno a casa” di quanti, a tutti i livelli, hanno esigenza di rielezione o di conferma nelle nomine, nelle attribuzioni di consulenze, di collocazione nelle posizioni di staff, è proprio la marginalità di una posizione di “governo” in questa fase che rende veramente difficile la situazione di Rifondazione Comunista, PdCI, Verdi: è stato compiuto un errore d'analisi al momento della costruzione dell'Unione, e la politica, anche in tempi come questi, ha le sue regole e chiede il pagamento del conto.

Concludo ribadendo un concetto di fondo, che mi è capitato di ripetere più volte nel corso di questi mesi: l'unico spazio politico reale a sinistra è quello di una “sinistra d'opposizione”.

Partire dai contenuti sui quali si è sviluppato, fin qui, il contrasto politico nei riguardi del Governo e puntare decisi alla costruzione di una adeguata soggettività politica deve rappresentare un obiettivo prioritario con il quale misurarsi con il massimo dell'impegno e della disponibilità da parte di tutti.

Savona, li 25 Agosto 2007

Franco Astengo

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