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La rivoluzione bolivariana; ambivalenze interne e proiezione esterna

(8 Settembre 2007)

Il processo rivoluzionario che si sviluppa in Venezuela costituisce senza dubbio il più importante riferimento per il cambiamento sociale che può realizzarsi nel continente latinoamericano nei prossimi decenni. Ma è un processo complesso e paradossale, e dunque di non sempre agevole comprensione in tutte le sue manifestazioni.

Non è un caso, ad esempio, che la sinistra di altri paesi tardi a rendersi conto della sua indubitabile profondità limitandosi a considerare Hugo Chávez come un semplice illuminato. O che vi siano tante posizioni di appoggio acritico, che danno senz'altro per buono tutto quello che accade in Venezuela.

Per capire quello che accade in Venezuela e, soprattutto, quella che crediamo sia la sua inevitabile proiezione sul continente, occorrerebbe tenere presenti alcune caratteristiche essenziali del processo.

1. L'emergere di un nuovo soggetto politico

A volte c'è stato malinteso sul perché buona parte della classe operaia industriale (in Venezuela non molto estesa e al tempo stesso assai privilegiata per la sua prevalente appartenenza all'industria petrolifera) non abbia espressamente appoggiato il processo rivoluzionario, o per esprimerci meglio, che non sia stata il soggetto sociale che l'ha guidato.

Si tratta di qualcosa che è accaduto ugualmente, anche se forse con manifestazioni diverse, in altri paesi come la Bolivia e l'Ecuador, ed è semplicemente la conseguenza del fatto che il processo rivoluzionario sorge al tempo stesso in cui è emerso un nuovo soggetto politico: i gruppi sociali finora letteralmente diseredati, completamente esclusi dalle più elementari espressioni della cittadinanza, ma che sono diventati l'esplicito sostegno alla rivoluzione bolivariana, o più tardi anche del trionfo di Evo Morales in Bolivia.

La trasformazione in soggetto politico della legione di diseredati ed esclusi creati dal neoliberismo fornisce ai processi politici che contano sul suo appoggio (come nel caso venezuelano) una forza straordinaria e singolare, come è stato posto in rilevo dalla risposta al golpe dell'Aprile 2002, quando persino gli stessi partiti furono superati dalla mobilitazione spontanea di quelli che fino a poco prima erano letteralmente invisibili nella società venezuelana (invisibilità che fa sì che buona parte dell'opposizione dica che Chávez ha portato la povertà in Venezuela: accecati dai propri privilegi non vedevano la povertà che prima li circondava; per esempio che l'89% dei bambini tra i 4 e i 15 anni sotto la soglia della povertà nel 1998).

Questo appoggio è fortissimo e quasi incondizionato. Basta essere passati per i quartieri più poveri per verificare il sentimento che nasce dal sentire come propria la Costituzione, dal poter usufruire di un modesto ambulatorio medico, dall'aver imparato a leggere, dall'avere una dentatura "con la quale si può ridere", o dall'aver recuperato la vista, per verificare l'intensità del vincolo tra le classi popolari e la rivoluzione.

Ma al tempo stesso, la natura singolare di questo nuovo soggetto politico (in grande maggioranza un autentico sottoproletariato, per utilizzare una espressione classica) porta con sé problemi la cui soluzione richiede moltissimo tempo per trovare una soluzione.

La rivoluzione non può consistere solo nel dare, nel redistribuire, cioè nell'invertire la logica della distribuzione del reddito ma mantenendola indefinitamente. E' necessaria una nuova rotta produttiva, un nuovo concetto di società, un nuovo progetto strategico, nuovi valori, soggetti sociali di nuovo tipo, e tutto questo deve essere fatto sorgere da una società che non ha risorse formative generalizzate, senza sufficiente potenziale endogeno, senza reti sociali consolidate, come risultato della distruzione prodotta dal neoliberismo.

Il processo rivoluzionario può forse mantener garantita la mobilitazione politica, ma il problema è che non è solo questo ciò che è necessario per avanzare verso la nuova società che ci si propone di costruire con alcuni dei suoi membri tanto debilitati.

2. Due spazi di democrazia

In secondo luogo occorre ricordare che il processo ha implicato un nuovo tipo di spazio politico, grazie al quale può essere che si consolidi questo nuovo progetto sociale. La Costituzione non è stata solo un testo avanzato e innovatore, ma la cornice nella quale trova sede un un nuovo concetto del potere, e soprattutto, della partecipazione popolare come base della democrazia più avanzata e autentica, al tempo stesso in cui la democrazia formale riceve un riconoscimento persino più forte di quello di altri paesi.

Per questo, per capire il processo occorre saper riconoscere i nuovi operatori politici che sono nati da questa nuova democrazia protagonistica, operatori che non hanno necessariamente chiara visibilità, ma che agiscono e si rafforzano costantemente nella vita quotidiana dei luoghi di lavoro, delle cooperative, dei quartieri, delle scuole e delle nuove missioni.

Sembra un paradosso, naturalmente, dato che questo nuovo tipo di democrazia che nasce, non senza difficoltà, deve convivere necessariamente (ed è imprescindibile che conviva) con l'esercizio della democrazia formale a cui la Costituzione non toglie valore, ma che al contrario spinge e cerca di rafforzare come base e requisito del proprio processo rivoluzionario.

E' talmente vero che è stata proprio l'opposizione che ha voluto minare le istituzioni della democrazia formale, non solo per la propria incapacità di agire in un contesto di libertà e pluralismo, ma perché deve aver capito che indebolendola indebolisce alla radice il processo rivoluzionario.

Questa paradossale indipendenza tra le due democrazie che devono convivere perché la rivoluzione si rafforzi, costituisce naturalmente un problema difficile da definire e al quale non si dà sempre quella che dal di fuori apparirebbe come una buona soluzione. La creazione di un Partito Unito, ad esempio, non solo potrebbe essere considerata come qualcosa di assolutamente non necessario alla luce dei successi conseguiti finora, ma come un'opzione che sicuramente diminuirà l'appoggio sociale al processo senza che vi sia la sicurezza che si aggiungano forze nuove. Lo stesso potrebbe dirsi di altre misure che indeboliscono la funzione del legislativo a favore dell'esecutivo, qualcosa di naturale nei paesi che ci vengono costantemente presentati come esempi di democrazia ma che forse non dovrebbe aver luogo in un processo che si sforza di presentarsi come esemplare dal punto di vista della democrazia protagonistica.

3. Una gestione economica ambivalente

Il Venezuela è il primo paese ricco (sebbene impoverito) nel quale si fa una rivoluzione. Questo è ciò che sta permettendo la forza delle politiche redistributive e che abbiano un effetto positivo indiscutibile sulle condizioni di vita della popolazione; ed anche ciò che facilita la risoluzione del gioco di equilibri che la rivoluzione si è proposta di gestire sin dalle sue prime formulazioni strategiche.

Ma anche in campo economico appaiono spazi e politiche ambivalenti. Da un lato, il governo è stato capace di realizzare una gestione macroeconomica che neanche il Fondo Monetario Internazionale ha potuto condannare, dato che è riuscita a migliorare progressivamente i principali registri convenzionali: crescita, inflazione (benché con difficoltà in base agli indicatori convenzionali), debito, rapporti di cambio, riscossione fiscale...

D'altro canto, e al tempo stesso, il governo spinge con decisione, sebbene logicamente con esiti diseguali, una strategia di lungo periodo orientata al consolidamento di una nuova struttura produttiva basata sullo sviluppo interno delle proprie risorse e capace di superare la tipica destrutturazione, deindustrializzazione e dipendenza generata dal neoliberismo. Per questo deve promuovere nuovi tipi di proprietà, principalmente attraverso le cooperative e la gestione delle risorse, attraverso l'avvio di una ambiziosa riforma agraria.

Ma entrambi gli spazi di politica economica a volte finiscono per essere contradditori dato che la strategia di gestione macro più o meno convenzionale della domanda aggregata richiede un certo equilibrio, un patto con i grandi poteri, e il mantenimento di un certo rispetto verso i parametri strutturali dell'economia, specialmente nel campo finanziario.

D'atro lato, tuttavia, la strategia orientata ad aprire nuove vie di sviluppo produttivo obbliga a disporre di risorse che finora sono rimaste nelle mani di questi poteri oligarchici e a vincere gli ostacoli che la grande proprietà continua a generare. Qualcosa che è fondamentale perché, per regola generale, nell'ambito della nuova economia si è privi dei supporti strutturali (mercati, reti di trasporto, sinergie imprenditoriali...) imprescindibili per consolidare i cambiamenti con la velocità necessaria.

Questa ambivalenza (che esaminata nei dettagli si manifesta come franca contraddizione) produce a volte effetti piuttosto indesiderabili; la sopravvivenza di resti del potere oligarchico, da un lato, e troppa frustrazione e false partenze nell'avvio delle esperienza alternative, dall'altro. E la conseguenza di entrambi, a sua volta, è il persistere di gravi vizi strutturali propri delle società oligarchiche, come l'altissimo grado di corruzione o l'inesistenza di un'amministrazione pubblica minimamente efficiente. Contro il primo non si fanno sufficienti progressi, e contro il secondo si è ricorsi a soluzioni come le Missioni (una autentica amministrazione parallela) che non ha potuto finora supplire ai fondamentali ritardi.

4. La proiezione esterna della rivoluzione bolivariana

Le letture più semplicistiche della innegabile proiezione esterna della rivoluzione bolivariana vogliono far credere che il ruolo di riferimento che essa acquisisce in tutto il continente latinoamericano deriva dalle velleità personali di Hugo Chávez, che vogliono presentare come impegnato a trasformarsi in una specie di nuovo Bolivar.

La questione di certo non è questa. Secondo la nostra opinione il riflesso che quasi costantemente si produce tra il processo di cambiamento in Venezuela ed i processi (quale che sia la loro natura) che hanno luogo in altri paesi latinoamericani, è inevitabile ed ha ragioni molto più profonde che ci limitiamo a menzionare brevemente.

In primo luogo accade perché l'emergere del nuovo soggetto politico al quale ci siamo riferiti prima non è nazionale ma continentale.

In secondo luogo perché la natura dei processi che inevitabilmente devi mettere in marcia non tanto per superare radicalmente quanto per alleggerire l'effetto dei disastri che ha prodotto il neoliberismo porta quelli che iniziano ad agire in questo senso in uno spazio internazionale nel quale è inevitabile incontrare il riferimento e la presenza del Venezuela.

In terzo luogo perché la minima risposta che si dia alle proposte di integrazione provenienti dagli USA e che ovviamente implicano svantaggi grossi e definitivi per le economie latinoamericane, pone sul tavolo in modo anche in questo caso inevitabile un altro tipo di alleanze alternative, che il Venezuela promuove con speciale interesse per rafforzare il suo stesso processo interno.

Infine perché la possibilità di attuare programmi di redistribusione e benessere su scala continentale grazie al fatto menzionato che il Venezuela è un paese ricco (un fatto che costituisce un esempio mondiale e sul quale i grandi poteri mantengono un vergognoso silenzio) suscita come è naturale una grande simpatia e favorisce l'avvio di progetti di integrazione basati su principi di solidarietà chiaramente contrari a quelli neoliberisti che seminarono miseria nella regione.

Logicamente, il problema di questa inevitabile connessione tra il processo venezuelano e la politica generale del continente è che suscita un timore moltiplicato nei grandi poteri e in special modo negli Stati Uniti.

5. Gli assi della proiezione internazionale della rivoluzione bolivariana

Per concludere conviene segnalare, sia pure sommariamente, i grandi assi della proiezione esterna della rivoluzione che vanno molto al di là di ciò che i media dell'impero permettono di vedere.

Al contrario di ciò che questi divulgano, la sua proiezione esterna non si è limitata a interventi orali del suo presidente in forum, incontri e vertici, che molte volte vengono raccontati in maniera caricaturale.

Le decisioni che il Venezuela sta prendendo sul terreno internazionale non solo sono più importanti, ma si stanno sviluppando ad una velocità che neanche i più ottimisti avevano pronosticato. Possiamo inquadrarli in quattro assi principali di realizzazione.

In primo luogo si è realizzato un riposizionamento strategico nelle alleanze della regione rinunciando alla Comunità Andina ed entrando come socio del Mercato Comune del Sud. In questa maniera si è materializzato l'allontanamento da quei paesi che negoziano trattati di libero scambio con gli Stati Uniti (Colombia e Perù) e ci si è avvicinati a quelli che spingono per un modello regionale (Brasile e Argentina).

In secondo luogo è stata rafforzata un'alleanza più stretta e la cooperazione economica con quei paesi che hanno eletto governi politicamente vicini, e che non dispongono di risorse finanziarie immediate per consolidare le prime tappe dei loro mandati, come è il caso di Bolivia, Nicaragua e Ecuador.

In terzo luogo sono stati intensificati i legami bilaterali con Argentina e Brasile, dando vita a iniziative come la Banca del Sud, che concentrerà 7 miliardi di dollari delle riserve internazionali dei tre paesi, e comprerà titoli di debito pubblico di questi governi, che nel caso argentino si stima siano arrivati ad un miliardo e mezzo di dollari.

In quarto luogo si sono consolidate alleanze con i paesi che oggi rappresentano i più importanti contrappesi dell'egemonia globale statunitense (principalmente Cina e Iran).

Infine, si è sviluppata una politica di cooperazione energetica in Centroamerica, Ecuador e Cina, e dato impulso alla creazione dell'Organizzazione dei Paesi Produttori ed Esportatori di Gas del Sud, con Bolivia e Argentina.

6. Attualità e orizzonti della politica estera bolivariana

La politica estera del governo del Presidente Chávez gode di certi vantaggi che le permettono di sperare nella possibilità reale del raggiungimento dei propri obiettivi.

Da una parte sta avendo successo nel formare un blocco di paesi che non condividono le impostazioni dell'egemonia nord-americana e in funzione di questo consenso sono riusciti a stringere alleanze geopoliticamente strategiche.

D'altro lato, il mercato energetico sembra rimanere instabile, arretrando ogni volta di più verso l'annunciata caduta dei prezzi e l'impulso che si vuole dare ai biocombustibili, come l'etanolo, per rimpiazzare il petrolio, sul quale si basa al momento l'acquisizione di risorse da parte del Venezuela.

Tuttavia nell'ambito internazionale ancora niente è detto. Primo, perché le componenti capitaliste dell'economia cinese sono più forti che mai e l'approvvigionamento esterno non è legato in modo speciale al Venezuela, dato che il paese asiatico sembra rispondere più a logiche di mercato che a logiche geopolitiche.

Secondo, perché la volontà di appoggio regionale può essere forte da parte dei governi sudamericani, ma il margine politico nel quale si muovono è assai più ristretto di quello venezuelano. Così, il presidente Lula si vede obbligato ad accompagnare le strizzatine d'occhio verso un settore (come quello del sostegno alla Banca del Sud) con le strizzate d'occhio in un' altra direzione (appoggiando accordi energetici con Bush a Camp David), una posizione duplice che rende difficile acquisire equilibri globali più avanzati nel continente.

Infine, perché gli Stati Uniti non hanno abbandonato la pressione, sicché c'è da aspettarsi che presto (forse via via che si libereranno dagli impegni in Medio Oriente) torneranno a riconsiderare la problematica latinoamericana con attenzione assai maggiore e più pericolosa.

Articolo originale pubblicato sulla Revista Pueblos, nel numero di Agosto 2007
Originale da: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=54946
Il traduttore Gianluca Bifolchi è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística.
URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=3597&lg=it

Juan TORRES LÓPEZ & Mauricio MATUS LÓPEZ

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