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(7 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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Resoconto della riunione del 12 settembre a Roma

Sciopero generale e generalizzato contro l'accordo del 23 luglio, una assemblea nazionale il 7 ottobre, un possibile percorso di azione comune tra le varie realtà di movimento

(14 Settembre 2007)

Ha visto una partecipazione di molto superiore alle previsioni la riunione convocata a Roma per il 12 settembre sulla base di un appelo lanciato alla fine di giugno da alcune realtà e soggetti della sinistra antagonista, dei movimenti sociali e del sindacalismo di base. Quella che doveva essere una riunione, di fatto si è trasformata in una affollata assemblea con più di un centinaio di partecipanti e circa 29 interventi. La composizione dell’incontro era rappresentativa della composizione di forze che ha messo in piedi la manifestazione del 9 giugno contro la visita di Bush e le politiche di guerra del governo Prodi. Gli interventi di apertura della discussione sono stati curati dalle forze firmatarie dell’appello di convocazione: Bernocchi (Cobas); Cannavò (Sinistra Critica); Cararo (Rete dei Comunisti); Alzetta (Action); Leonardi (CUB); Tomaselli (SdL); Cremaschi (Rete 28 aprile della CGIL)

Al dibattito che ne è seguito sono intervenuti soggetti di movimento, partiti, reti e organizzazioni sindacali: da Luca Casarini a Nella Ginatempo a Vincenzo Miliucci; dal movimento contro il Dal Molin (Olol Jackson, comitato Vicenza Est) ai centri sociali romani (Astra, Esc); dal Coordinamento per l’Unità dei Comunisti al PCL, dal PdAC ai Carc e a Red Link, ed ancora Slai Cobas (nazionale e Taranto), Assemblea contro la precarietà, Comitato lavoratori ACI informatica, , SLL, USI, collettivi universitari della Sapienza.

Il dibattito ha visto emergere posizioni convergenti di rivendicazione positiva della manifestazione del 9 giugno come atto politico di autonomizzazione dei movimenti dalla sinistra di governo, di rigetto frontale dell’accordo del 23 luglio e delle politiche del governo Prodi in materia sociale, militare e sulla sicurezza, di consapevolezza che la nascita del Partito Democratico sposti a destra tutto l’asse politico del paese, di una comune esigenza di trovare forme possibili di azione comune che non si limitino alla costruzione di manifestazioni nazionali che si esauriscono spesso a conclusione delle stesse ed infine la necessità che al più presto venga convocata dalle organizzazioni sindacali di base e anticoncertative la data dello sciopero generale – e generalizzato al territorio e non solo ai posti di lavoro -contro il governo e i suoi provvedimenti.

Nella discussione sono emersi anche punti di vista diversi sulla partecipazione alla manifestazione del 20 ottobre convocata dalla sinistra di governo e sulla consultazione sull’accordo del 23 luglio nei luoghi di lavoro blindata da Cgil Cisl Uil e che ha fatto registrare il dissenso della Fiom. Contrari o non interessati all’adesione o partecipazione alla manifestazione 20 ottobre si sono pronunciati Cobas, Rete dei Comunisti, Sinistra Critica, CUB, Slai Cobas, CUC, PCL, Centri sociali del Nordest e alcuni di Roma, . Favorevoli alla partecipazione – seppur critica – Action, SdL, Carc, PCL,SLL.

La CUB ha dato indicazione di boicottaggio della “consultazione certificata” sull’accordo del 23 luglio non essendo un vero referendum ed essendone già predeterminato il risultato, mentre SdL, Rete 28 aprile, Sinistra Critica, Action, PCL sono per la partecipazione e – ovviamente - per votare no all’accordo.

L’esistenza di posizioni diverse, ha confermato come la ricerca di forme di azione comune che non sia circoscritta a singole scadenze, non può che essere un processo di discussione che individui i punti o i terreni sui quali sperimentare le forme e gli obiettivi possibili di convergenza e per evitare che approcci diversi ad appuntamenti non determinati da una propria agenda ma da altri si trasformino in rotture nei rapporti tra le varie esperienze. E' un processo tutto da verificare ma che coincide con una spinta reale che c'è.

La riunione si è conclusa dando appuntamento per una assemblea nazionale di movimento per domenica 7 ottobre per discutere le ipotesi di azione comune, la partecipazione allo sciopero generale e la convocazione di una manifestazione nazionale su una piattaforma propria dei movimenti sociali. L’indicazione è quella di far precedere l’assemblea nazionale da assemblee locali quanto più rappresentative possibili sui punti in discussione (accordo 23 luglio, finanziaria, militarismo, casa, vertenze ambientali etc.)

La riunione ha fatto propri gli appuntamenti della manifestazione del 13 ottobre a Napoli contro gli inceneritori e della manifestazione internazionale di dicembre a Vicenza contro le basi militari.

Il nostro contributo alla discussione nella riunione del 12 settembre

Questa riunione è nata dal fatto che con la manifestazione del 9 giugno avevamo ottenuto un grande risultato politico sul piano della partecipazione di massa e della chiarezza nei rapporti tra movimenti e sinistra di governo. Il problema è che all’indomani di quella manifestazione non eravamo riusciti a “capitalizzare” quel risultato né la convergenza di forze e soggettività politiche e sociali che lo aveva reso possibile. Dobbiamo ammettere che anche noi scontiamo il fatto che spesso passiamo da una manifestazione ad un'altra senza riuscire a sedimentare le energie raccolte. Questo problema dobbiamo verificare se sia possibile superarlo e come sia possibile superarlo.

E’ ormai consapevolezza comune che la nascita del Partito Democratico metterà in moto un bulldozer e un processo di normalizzazione a sinistra e contro i movimenti che producono conflitto sociale. Lo spostamento reazionario dell’asse politico del paese presenta le caratteristiche di un blocco bipartizan che non nasconde di “odiare” i lavoratori che resistono a difesa dei propri diritti e delle proprie conquiste ma anche i settori sociali (dai no TAV ai No Dal Molin) che rappresentano un ostacolo alla “modernizzazione del sistema” che è il dogma intorno a cui ruota il pensiero politico del Partito Democratico. Questi vogliono riportare indietro le conquiste sociali di due secoli. Oggi la percentuale di reddito destinato al lavoro sulla ricchezza nazionale è scesa al 46% che è la quota che aveva nel 1881 !! Praticamente ai livelli di un secolo e mezzo fa.
Il governo, in attesa di chiudere la partita della nascita del Partito Democratico, si muove senza forzature. A Vicenza i lavori alla base Dal Molin non sono ancora partiti, sulle questioni sociali si creerà il “consenso” attraverso la consultazione di ottobre organizzata da CGIL CISL UIL sull’accordo del 13 luglio, poi ci sarà il “plebiscito” delle elezioni primarie del 13 ottobre. Chiusa questa fase di costruzione del consenso passeranno alla fase dello schiacciasassi

Come affrontare questo nuovo scenario? La situazione da un certo punto di vista non è male. Dentro la CGIL con il voto della Fiom sull’accordo del 23 luglio si è aperta una crisi del tutto imprevedibile. Il ceto politico della sinistra che da almeno trenta anni ipoteca e blocca qualsiasi ipotesi di rottura politica, culturale e sociale dell’esistente sta praticamente attaccato alla canna dell’ossigeno. Per i nostri contenuti e per la nostra identità ci sarebbe praticamente una prateria aperta, ma come percorrere questa prateria? Innanzitutto occorre dire basta alla subalternità e cominciare finalmente a dotarsi di una agenda politica autonoma di natura anticapitalista ed antimilitarista. In questo senso non aderiamo né parteciperemo alla manifestazione del 20 ottobre perché è esattamente la rappresentazione del ceto politico della sinistra che abbiamo ridicolizzato il 9 giugno. Certo ci andranno compagne e compagni che magari il 9 giugno erano con noi e quindi non ci sentiamo di sparare a zero contro di loro, ma abbiamo anche il dovere di dire le cose come stanno e impedire la “coazione a ripetere” che da troppo tempo immobilizza la situazione politica nella sinistra e nei movimenti e cerca di riprodurla esattamente identica anno dopo anno.

E’ possibile che le forze sociali e politiche si diano una propria identità e una propria indipendenza da questo quadro politico? Possiamo sperimentare il fatto che su tre o quattro punti di programma – precarietà-lavoro-reddito; lotta alla guerra; casa e intervento nelle aree metropolitane; questioni ambientali – si trovi un modello di azione comune e coordinata?

Di questo dovremo cominciare a discutere nelle prossime settimane affiancando o dando vita ad un processo che preveda incontri e iniziative.
Siamo d’accordo con la convocazione di una assemblea nazionale di movimento per il 7 ottobre che discuta delle iniziative ma anche di come sperimentare forme di azione comune su una nostra piattaforma autonoma.
Siamo d'accordo a far precedere questa assemblea da assemblee locali che cominincino a discutere nel merito e in qualche modo resocontino di questo dibattito nell'assemblea nazionale.
Siamo d’accordo con la convocazione dello sciopero generale e ci auguriamo che le organizzazioni sindacali di base – a meno che la Rete 28 aprile o la Fiom non ci facciano la sorpresa di stare anche dentro questa scadenza – fissino quanto prima la data di uno sciopero generale che dovremo però cercare di generalizzare sul serio e di far pesare sulla situazione. Si tratta di coinvolgere concretamente il territorio, di bloccare i flussi, di tirare dentro settori sociali anche esterni ai luoghi di lavoro.
Siamo d’accordo a dare vita per novembre ad una manifestazione nazionale dei movimenti su una propria piattaforma.
Riteniamo che vada assunta da tutti la scadenza internazionale di dicembre a Vicenza contro la guerra e le basi militari.

La Rete dei Comunisti

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