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Il mattino ha loro in bocca

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(6 Settembre 2011) Enzo Apicella
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(Dove và la CGIL?)

Epifani, eccoci: La Fiom di Livorno dice sì al protocollo su Pensioni e mercato del lavoro

Nel panorama politico livornese, a ferrea egemonia "riformista", il Sì della Fiom stupirà soltanto i non residenti

(29 Settembre 2007)

Il vittorioso "riformismo" livornese tracima dal sessantennale sistema dei vasi comunicanti che collegano a livello locale Economia, Politica, Sindacato. Ci manca adesso un Balzac.

Ormai non c'è più da stupirsi perchè si tratta di un dato di fatto confermato più volte: Livorno non è la città più rossa d'Italia ma in compenso è quella più conformista, quella che non si discosta mai dall'opinione di maggioranza, dalle dinamiche del potere. In questo caso quello che il segretario provinciale della FIOM livornese Strazzullo definisce "un esercizio di autonomia" (riguardo all'indicazione di votare SI' al protocollo del 23 luglio su pensioni, welfare e competitività) non è altro che un esercizio di genuflessione e dimostrazione di fedeltà al nascente partito democratico e tutte le forze conservatrici che girano intorno a questo nuovo grande partito della guerra e del liberismo.
Il voto della FIOM nazionale, invece, schieratasi verso un netto NO, è stato un atto coraggioso, un mostrare che si sta superando il limite e gli operai non ci stanno.

E’ la prima volta, nel dopoguerra, che una federazione della CGIL, respinge una proposta lanciata dai confederati sul protocollo sul Welfare e lo fa con schiacciante maggioranza (125 voti a favore della proposta di Rinaldini, 31 a sfavore e 3 astenuti).

Nella palude livornese invece questo coraggio non esiste così come già mostrato dall'Arci che a differenza della maggior parte dei comitati provinciali si è schierata a fianco del Partito Democratico anzichè degli ex ds di Sinistra Democratica.
Il ragionamento provincialistico di Strazzullo non fa una grinza: il protocollo non ci piace ma in questo momento di crisi politica non si può fare uno sgarro al governo amico e non si può entrare in diretto conflitto con la CGIL, quindi ci allineiamo ai forti e disconosciamo la voce discordante della FIOM nazionale. Con questa mentalità quando governa il centrosinistra i sindacalisti come Strazzullo potrebbero anche sospendersi per 5 anni, tanto non servono a niente.
Votare NO a questo protocollo è un dovere di ogni lavoratore che ha a cuore il proprio futuro e quello dei propri figli, infatti chi dice che questo accordo pensa al futuro facendo l'esempio della riforma pensionistica che guarda ai giovani, viene subito smentito nella parte riguardante il mercato del lavoro nella quale i giovani sono relegati a una precarietà a tempo indeterminato e alla mancanza di ammortizzatori sociali nella loro vita da "atipici".

Riprendiamo nel dettaglio, con un analisi a cura della Confederazione Cobas, i contenuti di questo accordo

SISTEMA PENSIONISTICO

La legge sulle pensioni approvata dal Governo Berlusconi prevedeva dal gennaio 2008 per la pensione di anzianità (basata dal 1995 su almeno 35 anni di contributi versati) l’innalzamento dell’età dagli attuali 57 anni ai 60 anni, che sarebbero diventati gradualmente 62 nel 2014.

Al suo posto, ora, il Protocollo di luglio stabilisce che dal gennaio 2008 si andrà in pensione di anzianità a 58 anni; dal luglio 2009 ad almeno 59 anni (mentre la “quota”, cioè la somma degli anni anagrafici e di quelli dei contributi versati, salirà da “92”, com’è ora, a “95”); dal gennaio 2011 ad almeno 60 anni (con la quota che salirà a “96”); dal gennaio 2013 ad almeno 61 anni (con la quota che salirà a “97”).

Francamente, mettendo insieme anni anagrafici, anni di contributi versati e quota, la differenza tra provvedimento berlusconiano e provvedimento prodiano, se proprio non si azzera, si riduce ai minimi termini. Per cui, se non si vuole tagliare il capello in quattro e se era da respingere il primo, è da respingere anche il secondo.

Senza contare che, entro il 31.12.2008, una Commissione sindacal-governativa ridefinirà i “coefficienti” di calcolo del trattamento pensionistico, da cui ci si deve attendere un impoverimento drastico, tra il 6.4% e l’8.4%, della “busta-paga” dei futuri pensionati.
Questo, mentre sono aumentati nel 2007 i contributi pensionistici a carico dei lavoratori dipendenti e dei co.co.pro., per i quali riaumenteranno nei prossimi tre anni dell’1% all’anno.

Quanto ai lavori “usuranti”, quelli che più di altri logorano chi lavora nel fisico e nella mente e che dovrebbero dare diritto ad andare in pensione con le vecchie regole, c’è da dire che, a fronte di decine di migliaia di lavoratori che vi sono interessati annualmente, il Governo fa sapere di avere risorse solo per 5mila persone all’anno e che le altre possono attaccarsi al tram!

MERCATO DEL LAVORO

Praticamente, resta tutto, ma proprio tutto, come la legge Treu nel 1997, la legge Maroni sui contratti a tempo determinato nel 2001 e la legge “regina” della precarietà, cioè quella cosiddetta Biagi, nel 2003 hanno stabilito: “precario è bello”, per i padroni, naturalmente; di certo non per i lavoratori!

Un accenno particolare merita, magari, la questione dei contratti a termine, che ormai rappresentano qualcosa come il 54% del totale delle assunzioni.
Il Protocollo, mentre parla di un limite di 36 mesi come durata di questo tipo di contratti (mica una bazzecola: 3 anni di assoluta precarietà e soggezione del lavoratore alle pretese dell’azienda!), subito dopo ammette la possibilità di una durata illimitata, se il contratto viene stipulato davanti alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL) con l’ “assistenza” sindacale.
Ma questo vuol solo dire che le aziende potranno rinnovare quel contratto quanto vorranno, basta che lo vadano a fare alla DPL, con la conseguenza che il precariato proseguirà all’infinito.

COMPETITIVITÀ

A favore delle aziende, viene abolito il versamento dei contributi sociali aggiuntivi istituiti con la legge finanziaria del 1996 sul lavoro straordinario. Come dire che il lavoro straordinario per le aziende diventa sempre più conveniente e sarà sempre meno necessario fare nuove assunzioni, con tanta soddisfazione di chi è disoccupato!
Ma anche con tanti auguri alle casse degli Enti Previdenziali, che saranno private di questi versamenti, come lo sono di tanti altri a causa della massiccia evasione contributiva praticata dalle aziende (40miliardi di euro all’anno). E poi c’è chi ha la sfacciataggine di dire che INPS e INPDAP sono in deficit a causa delle “buste paga” dei pensionati!

Franco Marino

Fonte

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