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1° marzo - Per l'unità della classe operaia al di sopra di tutte le divisioni.

(18 Febbraio 2010)

Il proletariato è una classe di migranti, una unica classe mondiale di sfruttati, senza patria, la cui sola vera e comune necessità è la lotta per difendere le sue condizioni di vita e di lavoro, non avendo oggi nulla da perdere, e domani un mondo intero da guadagnare.

In ogni paese la borghesia nasconde ai lavoratori questa verità chiudendo la visione dei loro problemi entro l’angusto orizzonte nazionale. I media di massa, con una cinica e ben organizzata campagna razzista, fomentano la diffidenza e l’odio fra proletari indigeni e immigrati. In questa infamia le democrazie si stanno dimostrando anche più sofisticate ed efficienti dei regimi borghesi apertamente razzisti e dittatoriali del presente e del passato.

La propaganda borghese del razzismo approfitta della concorrenza fra lavoratori immigrati e indigeni creata dalla borghesia contro la classe operaia, per dividerla, indebolirla, e meglio sfruttarla. In quanto tale il razzismo non si differenzia dagli altri mezzi di divisione che il padronato utilizza, come l’impiego di lavoratori precari, la cessione di rami d’azienda in appalto a ditte esterne, la frattura fra vecchi operai "garantiti" e giovani privi di qualsiasi protezione e previdenza, la concorrenza fra lavoratori di diverse aziende o stabilimenti ottenuta grazie al progressivo smantellamento della contrattazione nazionale.

Il razzismo perciò non è un istinto malato da cui la società borghese possa guarire, ma un frutto inevitabile delle sue condizioni d’esistenza ed un’arma nella guerra di classe fra proletariato e capitale. Esso scomparirà quando cesserà la lotta di classe, con l’estinzione delle classi stesse, possibile solo attraverso l’emancipazione del proletariato dal lavoro salariato, nel comunismo.

Per questa ragione combattere il razzismo con l’anti-razzismo, sul piano astratto delle opinioni e di valori morali, non solo è impotente, ma è dannoso. Il comunismo non sarà una impossibile mediazione inter-culturale, ma il superamento e sintesi delle antiche culture storiche dell'uomo in una forma superiore che le verrà tutte a negare.

La lotta oggi da ingaggiare è invece quella classista proletaria, che ha per obiettivo la sua unione. Suo scopo è impedire l’impiego di lavoratori a condizioni peggiori, siano esse un salario più basso, una maggior libertà di licenziamento o il vile ricatto dell’espulsione in caso di licenziamento! La vera lotta della classe operaia va a coincidere con la difesa della sua parte più debole: con ciò i lavoratori relativamente meno sfruttati tutelano innanzitutto se stessi dalla concorrenza al ribasso dei loro fratelli di classe più ricattabili.

Questi semplici e sani principi dell’azione e della lotta di classe sono stati calpestati a scala internazionale da tutto il sindacalismo di regime, che ha agito ovunque secondo il metodo diametralmente opposto: hanno attuato con Stato e padroni una tattica che ha visto prima l'attacco alle condizioni di precari, immigrati, giovani, dipendenti di piccole aziende, e subito dopo quello ad una ultima ristretta cerchia d’operai "garantiti", ottenendo così la sconfitta dell’insieme della classe operaia.

In ogni paese i sindacati ufficiali (in Italia Cgil-Cisl-Uil-Ugl, in Francia Ugt e Cfdt, in Inghilterra le Trade Unions) sono organizzazioni irreversibilmente passate dalla parte dei padroni e chi vi continua a militare con l’obiettivo di risanarle (come la sinistra CGIL) in trent’anni ha ottenuto il solo risultato di facilitarne l’azione anti-operaia con l’illusione del pluralismo interno e di ritardare e boicottare l’opera di ricostruzione di un vero Sindacato di Classe.

Ma chi oggi, prendendo a pretesto il tradimento di Cgil-Cisl-Uil, proclama di voler lottare contro il razzismo fuori dal campo della lotta sindacale, organizzando manifestazioni d’opinione interclassiste o proponendo scioperi di soli lavoratori immigrati, impossibili a realizzare e falliti in partenza, contribuisce solo ad nuovo e peggiore disorientamento e confusione.

La strada obbligata è quella della ricostruzione dell’organizzazione sindacale di classe, strutturata territorialmente come nella tradizione delle Camere del Lavoro, al di fuori delle aziende e unendo le categorie, per poter inquadrare anche i lavoratori delle piccole imprese, che si muova secondo i principi della lotta di classe. Un movimento che, per esempio, non prenda le distanze ma faccia proprie le rivolte come quella dei braccianti di Rosarno e la loro sacrosanta reazione alle fucilate padronali, e che si ponga seriamente l'obiettivo di un movimento di lotta sempre più vasto e che culmini nello sciopero generale per imporre i veri obiettivi immediati della classe operaia:

- riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario!
- salario garantito ai lavoratori disoccupati!
- aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate!
- diritti di cittadinanza ai lavoratori immigrati!

Partito Comunista Internazionale

http://www.international-communist-party.org/ItalianPublications.htm

Partito Comunista Internazionale

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