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Il caso Comune di Firenze

(29 Ottobre 2007)

Si può parlare di caso Firenze ed in particolare “caso Comune di Firenze”?
Ed ha senso iniziare questa riflessione partendo da 11 provvedimenti disciplinari avviati dal Comune nei confronti di altrettanti lavoratori accusati di aver distribuito poche decine di copie di un banale documento informativo considerato diffamatorio nei confronti dell’Ente. Un volantino più che pacato sia nella forma che nella sostanza, riguardante possibili ricadute negative causate dall’attuazione di una riorganizzazione del settore voluta dalle direzioni competenti dal Comune, documento apparso nel pieno di una vertenza sindacale e rivolto all’utenza specifica del servizio di autotrasporto.
Una vertenza sindacale durissima che va avanti ormai da alcuni mesi tra i lavoratori dell’Autoparco comunale e l’Amministrazione la quale vuole imporre una riorganizzazione del lavoro finalizzata a produrre esuberi di personale. Tale riorganizzazione oltre a tagliare la pianta organica e a peggiorare significativamente le condizioni del lavoro (esasperata flessibilità oraria, numerosi turni pesantissimi di 10 ore ecc.) abbassa innegabilmente la qualità, l’efficienza e la sicurezza del servizio di autotrasporto offerto all’utenza.
Ebbene, questo fatto, tanto banale quanto assolutamente normale all’interno delle dinamiche sindacali che prevedono, anche sul piano normativo, una sorta di funzione sociale riguardante l’informazione all’utenza, in questa città diventa un fatto eversivo, meritevole di un’esemplare punizione che potrebbe arrivare persino al licenziamento. Si tratta di provvedimenti prettamente politici che colpiscono lavoratori che hanno la sola “colpa” di essersi messi di traverso su di un percorso consociativo tra Amministrazione e sindacati concertativi che vede la cogestione dei processi di dismissione e di esternalizzazione dei pubblici servizi. Una reazione degna di un regime totalitario, scattata subito dopo che l’assemblea dei lavoratori aveva respinto l’inaccettabile accordo sottoscritto tra RSU e Amministrazione e aver dato mandato all’O.S. Cobas di proclamare lo Stato di Agitazione.
Al di là del merito della questione è proprio questo aspetto che determina l’intollerabilità di questo episodio che si aggiunge ad una serie di accadimenti altrettanto intollerabili più o meno recenti che forniscono conferma a quanto andiamo sostenendo da tempo: esiste un caso Comune di Firenze. Ebbene sì.
Questa città e questa Amministrazione che vende nel mondo un’immagine fasulla basata sulla sperimentazione di forme di democrazia partecipativa, che organizza costosissimi convegni su tolleranza e pacifismo, in questa città che vorrebbe presentarsi come crocevia del dialogo e laboratorio di democrazia, in questa città simbolo della Resistenza, patria dei fratelli Rosselli, dei La Pira, dei Don Milani, culla dell’Umanesimo Cristiano, ebbene in questa città ogni genere di emergenza sociale: migranti, esuli politici, sfrattati, senza casa, nuovi poveri, precari, cittadini violentati in ogni modo da progetti infrastrutturali quanto meno discutibili, oppure da politiche ambientali devastanti, per finire agli stessi lavoratori in lotta dipendenti della stessa Amministrazione, sono solo un problema di ordine pubblico da risolvere manu militari.
Questa città capace di emergere nelle cronache giornalistiche solo quando reparti speciali della Polizia Municipale, uomini addestrati e armati di tutto punto compresi gli spray al peperoncino, assaltano centri sociali, sgomberano case occupate da famiglie senza casa, o eseguono le migliaia di sfratti in programma per consegnare intere zone della città a speculatori ed immobiliaristi.
I media riportano quotidianamente le cronache dove si descrive con quale ferocia il Comune di Firenze stia conducendo le politiche sui problemi connessi con l’immigrazione tanto da meritarsi la tessera gratis dai razzisti della lega, a partire dal rifiuto di concedere lo status di esuli alle centinaia di profughi e perseguitati politici somali ed eritrei in fuga dalle zone di guerra,
In un clima da inquisizione il Comune di Firenze ha scatenato una sorta di guerra santa per sgominare qualche decina di lavavetri emettendo ben tre ordinanze visto che la prima era in palese contrasto col c.p.p. che non individua reati penali in questa attività e la seconda perché era comunque piena di forzature normative.
Guerra ai parcheggiatori abusivi con l’azione coordinata dai vigili urbani con tutte le forze di polizia coinvolte nella brillante operazione che conduce all’arresto di ben cinque di questi abusivi, notizia passata dai media nazionali addirittura in prima serata a cui è stato dato un risalto pari all’arresto di Provenzano.
Cittadini, lavoratori e precari in lotta espulsi, malmenati e schedati, in occasione delle riunioni del Consiglio Comunale, dai Vigili Urbani guidati da un gerarca Nazifascista tale Bartolini, non per caso nominato comandante della Polizia Municipale.
A proposito di vigili urbani è bene fare qualche considerazione: questo corpo nel comune di Firenze sta progressivamente abbandonando le sue funzioni tradizionali: controllo della viabilità, repressione dei reati amministrativi e annonari, abusi ambientali ecc, per diventare il braccio armato delle politiche repressive ed antisociali condotte dall’Amministrazione.
Quelli che fino ad un po’ di tempo fa erano dipendenti comunali come tutti gli altri sono stati trasformati in veri e propri poliziotti utilizzati in prevalenza in funzioni di ordine pubblico, oltre che a schedare e fotosegnalare gli arrestati. Ciò sta scatenando un enorme malcontento nella categoria, anche se con inevitabili contraddizioni. Esse sono dovute al fatto che i nuovi assunti vengono inseriti negli organici attraverso prove concorsuali orientate ad una nova sociologia del servizio per la quale saranno né più né meno che poliziotti, con uno psicologo il cui parere è vincolante e serve a stabilire se il soggetto è tagliato per svolgere tale funzione.
Vengono altrimenti impiegati a sanzionare i cittadini vittime delle ganasce in una città dove non esiste più un a zona franca, la città dell’occhio implacabile delle “telecamere amiche” , dove si paga qualsiasi porzione di bene comune compreso ogni centimetro di suolo pubblico.
Una città bloccata dentro ad una enorme ganascia sociale cresciuta nella ventata securitaria che qui raggiunge vette impensabili, con il sindaco sceriffo che chiede di sostituirsi ai prefetti acquisendo poteri di polizia. Il tentativo patetico, quanto pericoloso per la democrazia e la salvaguardia dei diritti individuali e collettivi, di spossessare la destra dei suoi storici cavalli di battaglia quale il tormentone sicurezza.
La città dell’arte e della Cultura che su questo piano fa notizia quando i musei sono chiusi per mancanza di personale o perché lo stesso, quasi intermante precario da decenni, è in lotta per la stabilizzazione del posto di lavoro, tante volte promessa e mai arrivata.

L’elemento che però ci porta ad un ulteriore riflessione è che tutto ciò non può dipendere dall’impazzimento improvviso di un manipolo di politici conquistati ad un arcaico decisionismo di ritorno a dall’innamoramento per rozze formule autoritarie di governo del territorio.
Il caso Comune di Firenze è il risultato di un processo che parte da lontano e che vede questa Amministrazione laboratorio e capofila di programmi di governo del territorio scientificamente pianificati per compiere una radicale trasformazione delle Amministrazioni pubbliche.
Un vasto processo di aziendalizzazione, in particolare del Comune, che in questi anni ha costituito decine di società partecipate, che ha dato vita alla privatizzazione di molteplici attività.
Processo accompagnato e sostanzialmente condiviso in un clima pattizio e consociativo che vede coinvolte le organizzazioni sindacali confederali e le forza politiche di riferimento.
Un’Amministrazione che ha costruito un sistema mafioso degli appalti che vede le solite ditte e cooperative che di sociale hanno solo l’aggettivo, aggiudicarsi regolarmente gli appalti pubblici.
All’interno di questo percorso ha preso corpo un ceto politico, economico ed amministrativo, sempre quello: qualche centinaio di nomi che da anni si spartiscono i consigli d’amministrazione delle società partecipate, presidenze di cooperative, dirigenze di associazioni di categoria e di gruppi finanziari, assessorati, ASL, associazionismo del terzo settore e compagnia cantando.
Un sistema di potere politico-economico paramafioso, gestito da una vera e propria casta, però oggettivamente diversa da quella parlamentare descritta da Stella, parassitaria e delinquenziale che gozzoviglia alle spalle dei contribuenti, al contrario una casta operativa capace invero di distruggere i bilanci delle partecipate solo con gli stipendi d’oro, ma nella stesso tempo altamente produttiva.
Essa produce da tempo saperi reazionari, tecniche repressive destinate a “risolvere” le emergenze sociali. Tecniche legislative raffinate, capaci di generalizzare ed esportare forme di aziendalizzazione basate sulla legalizzazione del vecchio sistema tangentista da prima repubblica.

Comune di Firenze, sicuramente laboratorio , certo non di democrazia partecipativa ma bensì del dispiegamento delle più feroci politiche liberiste a partire dall’applicazione di tutte le peggiori formule contrattuali previste dal pacchetto Treu e successivamente dalla Biagi, capaci di produrre un esercito di precari proprio tra i dipendenti del comune.
Un liberismo selvaggio, con la particolarità di non aver immesso nel circuito del cosiddetto libero mercato basato sulla libera concorrenza la quasi totalità dell’economia pubblica, ma di aver costruito un sistema basato su di una serie di monopoli imprenditoriali, in particolari nell’industria dei servizi, costituiti in accordo tra massoni, gruppi finanziari, società immobiliari e amministratori di questa città. Un sistema che prevede una continua mobilità nei ruoli, tanto è vero che i soliti soggetti li troviamo, di volta in volta, prima come assessori impegnati a costituire società per azioni privatizzando i servizi pubblici e successivamente presidenti delle stesse società che hanno in precedenza costituito, per poi magari, nella successiva legislatura, ricoprire nuovamente un ruolo politico.
Ebbene l’applicazione del progetto non vuol conoscere ostacoli, hanno bisogno di macinare qualsiasi insorgenza o resistenza sociale col manganello o con le Procure.
Decine di processi e centinaia di anni di carcere a carico dei soggetti più esposti nelle lotte sociali, e ora anche l’inaugurazione di nuove “relazioni sindacali interne” basate sulle denuncie, sulle delazione e l’utilizzo politico del codice disciplinare mirato a stroncare le lotte dei lavoratori resistenti.
E allora come negare l’esistenza di un modello e un caso Firenze…

COBAS Pubblico Impiego
aderente alla Confederazione COBAS

Fonte

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