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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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(19 Ottobre 2023)
In Francia, come altrove, la risposta estremamente brutale del governo israeliano all’attacco di Hamas del 7 ottobre ha suscitato l’indignazione di milioni di giovani e di lavoratori. Eppure, in nome del “diritto di Israele a difendersi” e della “lotta contro il terrorismo e l’antisemitismo”, il governo Macron ha deciso che questa indignazione era inaccettabile e che doveva essere ridotta al silenzio ad ogni costo.
Le manifestazioni di solidarietà nei confronti dei Palestinesi di Gaza – e del popolo palestinese in generale – sono state prima proibite dallo stato e poi represse. Il 10 ottobre, il Ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ha annunciato che l’NPA [Nouvelle Parti Anticapitaliste, un partito di sinistra anticapitalista ndt] è indagato “per apologia del terrorismo”. La sera prima, lo stesso ministro aveva minacciato di “intraprendere procedure di scioglimento” contro ogni organizzazione “che facesse appello all’odio, all’intifada, all’apologia del terrorismo”. I dirigenti della FI [France Insoumise, il partito di Jean-Luc Mélachon, ndt], le cui posizioni sono (ahimè) molto moderate, vengono accusati costantemente di alimentare il terrorismo e l’antisemitismo, se non di essere essi stessi antisemiti “mascherati”. A Tolosa, il sindaco macroniano, Jean-Luc Moudenc, ha preteso l’annullamento di una riunione di solidarietà alla Palestina che dovrebbe tenersi nei locali della CGT, nella Camera del Lavoro. Moudenc ha anche dichiarato di riservarsi il diritto di rivolgersi al prefetto qualora la CGT non obbedisca. E così via.
Certo, non c’è niente di nuovo in questo, alla fine dei conti. L’imperialismo francese è un solido alleato dell’imperialismo israeliano, di cui difende i crimini da decenni. L’accusa di antisemitismo viene regolarmente sputata in faccia a chiunque osi criticare la politica reazionaria dello Stato sionista. Ma, sullo sfondo della profonda crisi del capitalismo francese e dell’estrema fragilità del governo Macron, dal 7 ottobre si sta oltrepassando una linea rossa nella repressione del movimento di solidarietà nei confronti del popolo palestinese. Il movimento operaio francese ha il dovere immediato di reagire – non solamente a parole, ma anche con i fatti.
Le minacce di scioglimento che pesano sull’NPA, nello specifico, sono assolutamente scandalose. Lo si è detto: Darmanin mette sullo stesso piano gli appelli “all’odio”, “all’intifada” e al “terrorismo”. Questa accozzaglia sarebbe solodi una stupidità sorprendente– il che è sempre possibile con Darmanin – se ciò non fosse voluto. Identificando l’Intifada – che si riferisce a una ribellione di massa contro l’oppressore – e il terrorismo, Darmanin minaccia chiunque appoggi la legittima rivolta del popolo palestinese contro l’oppressione che esso subisce da decenni.
Noi non siamo d’accordo con alcuni aspetti della posizione dell’NPA sul conflitto attuale, ma una cosa è perfettamente chiara: l’NPA non fa appello a atti terroristici; fa appello a una nuova intifada in Palestina. Così come fanno anche Révolution e tante altre organizzazioni e associazioni. È vietato ormai auspicare la ribellione del popolo palestinese contro il governo reazionario di Netanyahu? Questo è quanto afferma il Ministro degli Interni francese.
Le minacce all’NPA, gli attacchi contro la FI, le proibizioni di manifestare e di riunirsi non possono restare senza risposta da parte delle organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio. Il problema è che la maggior parte dei dirigenti della sinistra e del movimento sindacale si sono affrettati a capitolare sotto la pressione della propaganda anti-palestinese che riempie gli schermi televisivi dal 7 ottobre. Fabien Roussel, in particolare, ha calpestato nel giro di qualche ora la posizione storica del Partito Comunista Francese su questa questione. Quella posizione era lungi dall’essere perfetta, ma era molto migliore delle dichiarazioni pietose di Roussel, che mette sullo stesso piano l’attacco di Hamas e la risposta israeliana. François Ruffin fa lo stesso. La posizione della direzione della CGT è appena migliore, cioè comunque pessima. La posizione del Partito Socialista, senza alcuna sorpresa, non si distingue in niente da quella del governo. Sono precisamente tutte queste capitolazioni di fronte all’opinione pubblica borghese che permettono a Macron, Darmanin e compagnia di minacciare l’NPA e altre piccole organizzazioni di solidarietà al popolo palestinese.
Tutti i militanti di sinistra devono analizzare questa situazione nel contesto dell’inasprimento costante della repressione poliziesca e giudiziaria nei confronti della gioventù e del movimento operaio in Francia. Le proibizioni di manifestare si moltiplicano, in questi ultimi anni, sulla base di pretesti assolutamente inaccettabili. Quand’anche venissero autorizzate, le manifestazioni vengono spesso represse brutalmente dalla polizia. Infine, c’è un legame – di classe- tra le minacce di Darmanin contro l’NPA e l’ondata di repressione giudiziaria che sta colpendo in questo momento centinaia di militanti sindacali, ai quali viene rinfacciato di aver lottato contro la riforma delle pensioni, tra gennaio e giugno di quest’anno.
I militanti della CGT, della FI, del PCF e di tutte le organizzazioni del movimento operaio devono reagire e pretendere che i propri dirigenti organizzino l’opposizione alla repressione del movimento di solidarietà alla Palestina. Devono anche esigere che le proprie organizzazioni partecipino pienamente a questo movimento. Questo deve prendere, per cominciare, la forma di grandi manifestazioni – autorizzate o no, poco importa – contro l’aggressione di Gaza, contro i crimini del governo israeliano e, sì, per una nuova e vittoriosa intifada in Palestina!
Révolution, da Parigi (marxiste.org)
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