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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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(17 Maggio 2018)
Un tema agitato nella campagna elettorale dal capo della Lega, Matteo Salvini, e che ha fruttato numerosi consensi presso gli operai delle regioni settentrionali e dei distretti industriali, è stato quello dell’abolizione della legge Fornero.
Occorre subito notare come questo slogan sia stato infilato, dalle forze politiche che fanno della demagogia sociale il mezzo per ottenere a buon mercato suffragi elettorali, in un sacco che conteneva insieme gli slogan più sordidi contro gli immigrati, nuovi saccheggi delle finanze pubbliche per il sostegno del grande capitale parassitario, qualche marchingegno escogitato per mascherare un’insopportabile disoccupazione di massa, specie giovanile.
Ma, infine, dopo un’alluvione di “frasi” altisonanti è iniziata la politica del civettare tra i capi dei partiti risultati vincitori alle elezioni, e da allora lo slogan della cancellazione della legge Fornero si è sbiadito sui cartelloni fino a sparire nelle chiacchiere con le quali si vorrebbe stordire le classi lavoratrici.
È la conferma che solo la lotta organizzata degli operai e di tutti i salariati potrà “stracciare” l’infame legge Fornero come il Jobs Act di Renzi e qualsiasi altra legge fatta a danno dei lavoratori sfruttati e contro di essi.
La classe operaia deve ricominciare a ribellarsi in massa e lottare per la sua emancipazione. E deve comprendere che questa grande lotta le impone un altrettanto grande obbligo, quello di prendere la testa di ogni protesta politica e sociale contro il capitalismo e di sostenerla con ogni mezzo a disposizione.
Coloro che hanno agitato unicamente nei comizi il tema della pensione, mai chiameranno i lavoratori a battere ogni resistenza all’eliminazione delle vessazioni crudeli che gli sono state imposte con l’arroganza dei governi dei capitalisti e con l’acquiescenza dei vertici sindacali che hanno tradito la classe operaia.
Il tema delle pensioni interessa direttamente tutti i lavoratori sfruttati, perché le pensioni sono una delle principali forme di salario differito e nel modo di affrontarlo si rivela l’immediato contrasto tra il capitalismo e i salariati.
Una compiuta e conseguente legislazione che assicuri quella “previdenza sociale” cui aspira il lavoratore, nel nostro come negli altri paesi capitalisti, non potrà essere ottenuta se non dopo la conquista del potere politico da parte della classe operaia, ma non per questo i lavoratori devono trascurare o addirittura rinunciare alla lotta specifica contro la beffa delle cosiddette “riforme previdenziali” di questi anni.
Il nostro giornale non ha mancato di dare in questa materia agli operai la propria indicazione di azione: lottare per l’abolizione delle controriforme delle pensioni; ripristino del retributivo e delle pensioni di anzianità: 35 anni di contributi e 60 anni di anzianità per il pensionamento con assegno pari all’80% dell’ultimo salario; abolizione delle pensioni d’oro.
Indicazione di massima, che dovrà necessariamente allargarsi al principio di un’anzianità lavorativa inferiore per tutti i lavoratori occupati in lavori particolarmente gravosi o nocivi alla salute, all’abbassamento dell’età del pensionamento per le lavoratrici madri riconoscendo la funzione particolare della donna nella società e nella famiglia.
La banca, la grande industria, il grande commercio, la casta burocratica e militare posta alla testa dello Stato e dell’apparato economico - gli strati decisivi della borghesia - vorrebbero con delle manovre politiche ed economiche – qualsiasi combinazione governativa borghese metterà in atto queste manovre – uscire dalla grave crisi che indebolisce il dominio del capitalismo nel paese e condurre la lotta di concorrenza imperialista per i mercati con i suoi rivali, addossandone ogni gravame sulle spalle della classe operaia e delle masse popolari.
D’altro canto nessuna illusione deve farsi l’operaio a proposito del piccolo capitale e dei suoi rappresentanti politici, poiché sono mossi dallo stesso principio regolatore della società capitalista e partecipano con tutte le loro forze alla lotta per lo sfruttamento del lavoro salariato cercando il proprio profitto all’ombra del grande capitale.
Per la conquista dei diritti che ai lavoratori spettano, per cancellare le riforme antioperaie (come la legge Fornero e il Jobs Act) sarà indispensabile avviare una grande iniziativa nei luoghi di lavoro per combattere ogni forma di indifferenza politica, per rovesciare le barriere artificiose che separano gli operai, e contribuire a far rinascere presso di essi in generale la fiducia nelle proprie forze.
Solo un’unità d’azione immediata alla base tra gli operai di tutte le correnti politiche e sindacali, per la lotta immediata a difesa dei propri interessi, potrà aprire delle possibilità all’attuazione delle più impellenti richieste che essi hanno voluto porre in primo piano con il loro voto, far risuonare ovunque la voce rivoluzionaria.
Solo con una politica di fronte unico si possono unire tutte le masse malcontente, stringerle in un largo fronte di lotta, dare loro slancio, portarle in lotta contro il capitalismo e aprire delle possibilità alla realizzazione delle più sentite aspirazioni dei lavoratori.
Anche gli operai leggono le statistiche di contabilità nazionale. Essi hanno imparato che la “ripresina” non ha portato e né potrà portare ad un elevamento del tenore di vita delle masse lavoratrici e della classe operaia, ma al contrario porta all’aumento della ricchezza delle classi proprietarie, all’aumento del consumo parassitario di queste ultime e dei loro vassalli.
La situazione politica e sociale del nostro paese esige la preparazione dello sciopero generale nazionale, con un carattere politico e classista, contro lo sfruttamento e la miseria, contro la disoccupazione e il precariato, per l’abolizione delle leggi e delle misure antioperaie e reazionarie adottate dai governi borghesi, contro la negazione dei diritti dei salariati nei luoghi di lavoro, contro i preparativi di nuove guerre, contro il sistema capitalistico che genera incessantemente tutti questi abomini.
Da Scintilla n. 89 – maggio 2018
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