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(Il saccheggio del territorio)

La Corte Ue condanna la Germania per violazione della direttiva Habitat

(28 Aprile 2017)

corte di giustizia europea

La Corte di Giustizia europea condanna la Germania per mancanza di una valutazione corretta e completa dell’incidenza della centrale a carbone di Moorburg, vicino ad Amburgo. Non avendo eseguito correttamente, all’atto dell’autorizzazione alla costruzione della centrale, la valutazione dell’incidenza, la Repubblica federale è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (direttiva habitat).

La centrale a carbone di Moorburg è situata sul porto di Amburgo sulla riva sud del versante meridionale dell’Elba, che, in quanto via migratoria per taluni pesci – le lamprede di fiume (Lampetra fluviatilis), le lamprede di mare (Petromyzon marinus) e il salmone (Salmo salar), figuranti all’allegato II della direttiva «habitat» – ha una funzione importante per una serie di zone Natura 2000 i cui obiettivi di conservazione comprendono tali specie.

L’autorizzazione per la costruzione della centrale rilasciata nel 2008, è stata preceduta da una valutazione dell’incidenza ambientale, ai sensi della normativa tedesca sull’acqua. Secondo la valutazione l’autorizzazione era compatibile con gli obiettivi di conservazione delle zone Natura 2000, in considerazione dell’impegno assunto dal gestore di installare a circa 30 km da tale centrale, alla diga di Geesthacht, un secondo impianto di risalita per i pesci, destinato a controbilanciare le perdite degli esemplari durante il funzionamento del meccanismo di raffreddamento di detta centrale, che presuppone il prelevamento di quantità considerevoli di acqua per raffreddare la centrale di Moorburg. Inoltre, la conclusione della valutazione dell’incidenza menzionava una sorveglianza in più fasi, destinata a verificare l’efficacia di tale misura.

Ma secondo la Commissione, intervenuta a seguito di due denunce, la valutazione dell’incidenza ha determinato insufficientemente, ovvero non correttamente gli effetti della centrale. Da un lato, l’amministrazione regionale dello sviluppo urbano e dell’ambiente della città libera ed anseatica di Amburgo, avrebbe considerato erroneamente l’impianto di risalita come una misura di attenuazione e, dall’altro, la valutazione dell’incidenza non avrebbe preso in considerazione gli effetti cumulativi con altri progetti pertinenti.

La direttiva Habitat impone agli Stati membri di contribuire ad assicurare la biodiversità mediante la conservazione della fauna selvatica. In tale contesto, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per introdurre un sistema di rigorosa tutela di talune specie animali.

Quindi prevede l’individuazione di zone di conservazione finalizzate a garantire la protezione di determinati tipi di habitat (elencati nell’allegato I della direttiva) e di alcune specie animali e vegetali (allegato II).

Quindi prevede che qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, formi oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza. Alla luce delle conclusioni della valutazione le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

Le autorità nazionali competenti dovrebbero autorizzare un’attività sul sito protetto solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito protetto. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti.

Secondo la giurisprudenza, tale criterio di autorizzazione integra il principio di precauzione e consente di prevenire efficacemente i pregiudizi all’integrità dei siti protetti dovuti ai piani o progetti previsti. Un criterio di autorizzazione meno rigoroso non potrebbe garantire in modo altrettanto efficace la realizzazione dell’obiettivo di protezione dei siti.

E. S

greenreport.it

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