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Morti bianche

Morti bianche

(1 Settembre 2011) Enzo Apicella

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(13 Maggio 2008)

L'Italia è il paese comunitario dove accadono più morti sul lavoro.

Questo triste traguardo l'abbiamo raggiunto superando il milione di morti sul lavoro, proprio quest'anno. Nel 2007 sono morti più di 1300 lavoratori. Uno ogni 7 ore. Il doppio rispetto alla Francia e sei volte di più rispetto alla Gran Bretagna. Per darvi un'idea: i soldati della coalizione anglo-americana caduti in Iraq tra il 2003 e il 2007 sono stati 3500. In Italia tra il 2003 e il 2007 sono morti 5200 lavoratori! Un vero e proprio bollettino di guerra. Si dovrebbero operare maggiori controlli, dato che in Italia solo il 3% dei cantieri viene ispezionato. Nel 2007 tra i cantieri ispezionati nel Lazio 84 su 100 erano irregolari. Nei cantieri edili comunque, chi paga il prezzo più alto sono gli stranieri che vengono da noi a lavorare. Un lavoratore su sei che muore sul lavoro, oggi è un immigrato. Muoiono in tanti sul lavoro. E forse ci si è accorti che si muore troppo. 1326 lavoratori morti in Italia nel 2007. Di questi, nei cantieri, la percentuale di morti straniere ha raggiunto quasi il 17%. Una percentuale troppo alta che è destinata a crescere in quanto il numero degli stranieri presenti in Italia è in aumento.

Nel 2006 sono morti 1341 lavoratori, tra loro molti erano stranieri. È l'esempio (uno dei tanti) di una palazzina in costruzione crollata il 20 Settembre 2006 a Tor di Gaffe, vicino Licata in provincia di Agrigento. I passanti ricordano un'enorme nube bianca ed un enorme botto. Nessuno si è fatto male, la palazzina era vuota, hanno raccontato ai primi soccorritori. Purtroppo non era così. Sotto le macerie c'era un operaio rumeno, Mircea Spiridon sposato e padre di tre figli. In casi come questo deve avvenire la denuncia del datore di lavoro. Cosa che non è avvenuta. Durante i soccorsi, vigili del fuoco e protezione civile hanno riscontrato, mediante sofisticate apparecchiature, la presenza di un battito cardiaco, sotto le macerie. Mircea rimane incastrato sotto le macerie, risponde al grido del suo nome, ma un pilone crollato gli impedisce l'uso delle gambe. Il datore di lavoro, messo sotto torchio è costretto ad ammettere la presenza dell'operaio, una presenza occasionale, una tragica fatalità, ci tiene a precisare che non era un operaio del cantiere. Mircea Spiridon lavorava in nero presso quella ditta fin dall'Aprile del 2005. Iniziò con paghe da 25 euro al giorno, poi 30 e fino a 35 euro al giorno. Aveva chiesto tante volte di essere messo in regola. A tale richiesta conseguiva sempre la stessa risposta "aspetta, aspetta". Dopo due giorni sotto le macerie decidono l'amputazione delle gambe per Mircea, ed il conseguente trasporto in ospedale mediante l'elisoccorso. Tutto inutile, Mircea muore a trentadue anni, lasciando una moglie e tre bambini. Il titolare della ditta cosa rischia per questa morte? Un'accusa di omicidio colposo, ma secondo il nostro ordinamento giuridico tutto si risolve con qualche mese di carcere. Questa è la situazione in Italia. Muore un tuo operaio non in regola e si rischia poco e niente. Ma se è vero che in tante aree italiane, i lavoratori, specie quelli dei cantieri edili, non sono in regola, è pur vero che manca una diffusa cultura della sicurezza e che tale cultura è totalmente assente nei paesi di provenienza di molti lavoratori immigrati.

I supervisori dei lavori edili spesso non ci sono sui cantieri, perché si avvalgono di squadre esperte integrate da agenti immigrati, e le squadre sanno già cosa fare. Nella provincia di Licata su 385 cantieri ispezionati dai carabinieri e dall'Ispettorato del lavoro 160 sono risultati irregolari, cioè mancanti di norme elementari della sicurezza. E si scopre con una certa meraviglia che un casco protettivo è merce rara nei cantieri.

Si riscontrano casi in cui, a seguito di ispezioni i datori dimostrano, con documenti alla mano, che i dispositivi di protezione (caschi, guanti, giubbotti ad alta visibilità) sono stati effettivamente consegnati al personale, ma quest'ultimi non lo indossano. E questa cultura viene anche esportata in strada dove i ragazzi sui motorini non indossano il casco a Napoli e in gran parte del meridione. Comunque secondo l'Ispettorato del lavoro su 60 lavoratori 22 risultano in nero. Cioè il 35%. Le possibilità che nel mio cantiere vengano gli ispettori del lavoro sono molto poche in Italia. Anche se, dati alla mano, l'ispezione resta una delle armi più vincenti contro il lavoro nero e la prevenzione degli infortuni.

Allora perché di lavoro si continua a morire? Perché c'è un fenomeno di non poco conto che si è sviluppato nelle aziende private e di Stato, ed è la competitività. Lavorare, produrre, velocizzare tutti i vari passaggi impegnando anche i tempi di inattività. Sono le aziende che competono tra di loro, specie le multinazionali su scala mondiale, è una sorta di campionato del mondo, battere la concorrenza con ogni mezzo e fa niente se ci scappa il morto, fa parte dei costi! Operai meccanici, stranieri sottopagati, le qualifiche scomposte in varie ditte subappaltatrici, dove ogni operaio non sa ciò che fa l'altro perché appartenente ad un'altra ditta. Spesso queste ditte applicano i nuovi "contratti globali" che sono totalmente illegali. Cioè il corrispettivo figurato in busta paga, le ferie, i permessi, il monte ore lavorate e persino il corrispettivo economico sono fittizi. Figurano 40 ore alla settimana di lavoro per 800-900 euro ma in realtà si lavora dodici ore al giorno anche quattordici per 1800-2000 euro versati parzialmente in nero e niente ferie, malattia e tutti i vari diritti che il lavoro dipendente comporta. Questo tipo di ditte ha vita breve, in genere durano uno o due anni e se ci scappa il morto si sciolgono in pochissimo tempo per non invischiarsi in risarcimenti di natura civile e penale. Le sedi sono spesso in Campania, Calabria e Sicilia dove i controlli circa la competenza di tali ditte, sono pari allo zero (L'Espresso 21 Febbraio 2008). Storie di comunicati dirigenziali dove ci si complimenta col personale perché la sede italiana di quella multinazionale è terza nel mondo come produttività rapportata ai costi e dopo una settimana muore l'ennesimo operaio che va ad inglobare le 123.000 vittime, 123.494 feriti e 3.087 invalidi sul lavoro da inizio 2008 (Febbraio 2008).

Ma la piaga dell'immigrato vittima del lavoro si fa sempre più profonda. Gli immigrati per sopravvivere, soprattutto all'inizio della loro permanenza in Italia, fanno qualsiasi lavoro spesso a prezzi ridicoli. E quante sono le patologie che colpiscono gli operai e che non rientrano nelle statistiche perché non si verificano subito, ma con gli anni? Se andate in giro nelle serre dove si coltiva di tutto, troverete che l'80% di lavoratori sono stranieri. Sono stranieri perché il contatto con i pesticidi è altamente nocivo per la salute umana, ma questo agli stranieri non viene detto, gli viene solo dato un panino che consumano nella serra, e venti euro, se va bene, quando finisce la giornata di lavoro. Poi dopo due anni ti ritrovi con un cancro alla prostata e il dottore ti chiede "ma lei è a contatto con pesticidi?" bella domanda, il problema è dimostrarlo. Ancora, storie di immigrati caduti da trenta metri e rimasti due mesi in coma, che al loro risveglio si trovano davanti alla proposta che se non denunciano vengono messi in regola. Molti accettano, e tanti dopo un mese si ritrovano senza lavoro, altri denunciano ma molte volte i reati cadono in prescrizione e così anche la possibilità, in casi di menomazione seria, di ricevere una pensione. Niente sentenza, niente pensione. Le morti bianche sono dette tali perché non causate da una diretta volontà di nessuno, ma le morti bianche in Italia si tingono sempre più di nero.

Mario Secondo

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