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(30 Luglio 2011) Enzo Apicella

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(Capitale e lavoro)

Non pagheremo la crisi del capitalismo!

Lottiamo per il socialismo!

(27 Giugno 2009)

I nostri partiti e organizzazioni d'Europa, membri della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti, si sono riuniti in Italia per discutere della situazione politica, della crisi del sistema capitalista, delle lotte dei lavoratori e dei popoli che si rifiutano di pagarla, e per tracciare prospettive di rottura con questo sistema in crisi profonda, per aprire la via alla rottura rivoluzionaria, per il socialismo, in quanto unica soluzione alla crisi del sistema capitalista imperialista.

Sulla crisi del sistema capitalista
Contrariamente alle affermazioni della borghesia, la quale vuol fare credere che si tratta di una crisi temporanea del sistema finanziario internazionale, che sarebbe sufficiente “regolare”, la crisi attuale è fondamentalmente una crisi del modo di produzione capitalista nel suo insieme, soprattutto una crisi di sovrapproduzione relativa. Il sistema capitalista è caratterizzato dallo smisurato arricchimento di un’esigua minoranza di possidenti e dall'immiserimento di vaste masse. Si creano così stock immensi di merci che rimangono invendute (automobili, case, beni di consumo, prodotti agricoli…), mentre gran parte delle masse impoverite ha sempre più difficoltà a procurarsi il minimo vitale.
La crisi del sistema finanziario internazionale ha approfondito, ha generalizzato all’intero pianeta questa piaga.
E’ una crisi che mette a nudo il carattere totalmente parassitario del sistema capitalista imperialista, di sfruttamento e di saccheggio: essa mostra che questo sistema ha fatto ampiamente il suo tempo.

“La crisi è appena cominciata” affermano gli esperti capitalisti, gli stessi che avevano proclamato, solo poco tempo fa, la crescita senza limiti. Nondimeno questa crisi acutizza tutte le contraddizioni fondamentali del sistema capitalista: la contraddizione fra capitale e lavoro; fra i monopoli e le potenze imperialiste; tra l’imperialismo ed i popoli oppressi.

Il capitale e la sua corsa al massimo profitto trasformano tutto in merce. Il profitto passa avanti ad ogni altra considerazione, specialmente in materia di ambiente, di salute dei lavoratori e dei popoli. L'inquinamento su scala planetaria, la distruzione della natura, le manipolazioni genetiche in agricoltura, in biologia… preoccupano e mobilitano giustamente larghi settori delle masse popolari.
Il capitale cerca di “risolvere” la crisi ecologica lasciando libero corso alle leggi del mercato, le stesse leggi che hanno condotto alla crisi attuale. Punta sullo sviluppo delle centrali nucleari per “risolvere” la crisi energetica. Ma i soli beneficiari di questa politica sono i monopoli della lobby elettro-nucleare, strettamente legata al complesso militar-industriale: sono i medesimi monopoli che controllano al tempo stesso la filiera nucleare e quella petrolifera (Total, Eni, Repsol, Suez, ecc.).
Questa scelta si traduce anche in un controllo rafforzato delle grandi potenze imperialiste sulle miniere d’uranio, molte delle quali si trovano nei paesi africani (in particolare nel Niger). E’ proprio verso questi paesi che le stesse grandi potenze intendono “esportare” i rifiuti dell’industria nucleare, chimica, ecc., con la complicità dei regimi reazionari al loro soldo.

Tutti i governi hanno iniettato miliardi di denaro pubblico per salvare i profitti dei banchieri, dei grandi capitalisti. Vanno in soccorso dell’oligarchia per fare pagare la crisi alla classe operaia, ai lavoratori del settore pubblico e privato, ai contadini, ai popoli. Intensificano le politiche di liquidazione delle conquiste sociali, di privatizzazione dei settori della salute, dell’educazione, di rimessa in discussione dei diritti ottenuti da generazioni di lavoratori.
I governi non si accontentano di assicurare i profitti: essi conducono una politica attiva per facilitare i licenziamenti, incrementare la flessibilità e la precarietà, diminuire i salari e allungare l’orario di lavoro. I giovani operai sono le prime vittime di questa politica di flessibilizzazione e di supersfruttamento.
Per imporre questi arretramenti sociali, i governi praticano una sistematica politica di indebolimento, di divisione e di distruzione degli strumenti di lotta della classe operaia, in particolare dei sindacati di classe. Essi favoriscono il sindacalismo collaborazionista, di cogestione della crisi, che accetta di far pagare la crisi agli operai ed alle masse lavoratrici.

La crisi accelera ed amplifica il fenomeno della concentrazione del capitale: le piccole e medie imprese sono liquidate, alcuni monopoli sono assorbiti da altri più grandi, con una concorrenza feroce che si conclude con la soppressione di centinaia di migliaia di posti di lavoro, chiusure di imprese, milioni di licenziamenti. Intere città e regioni sono colpite da questa politica di “distruzione di massa”.

La concentrazione del capitale a profitto dell’oligarchia finanziaria si traduce, sul piano politico, in un’accentuazione della concentrazione dei poteri nelle mani del potere esecutivo, nella instaurazione di Stati di polizia, nel rafforzamento della reazione, nell’approvazione di leggi che criminalizzano ogni forma di contestazione sociale dell’ordine stabilito.
Tale fenomeno di fascistizzazione si manifesta in molti Stati, come in Italia con Berlusconi, in Francia con Sarkozy, e nei paesi dell’Est europeo, con la comparsa di governi reazionari, populisti e xenofobi e con l’attivismo di gruppi e partiti apertamente fascisti.

Queste politiche sono incentivate da anni dalla Commissione europea, strumento d’assalto della politica neoliberista. Il rifiuto di questa politica da parte dei lavoratori e dei popoli si è manifestato in diverse occasioni, in particolare attraverso il “No” alla Costituzione europea, espresso in Francia e in Olanda, quindi il “No” irlandese al Trattato di Lisbona, clone del trattato costituzionale europeo. I governi, il Parlamento europeo e tutti i celebratori dell’Europa dei monopoli e della reazione, si sono ben guardati dal consultare gli altri popoli dell’U.E. su tali trattati, poiché sapevano che la risposta sarebbe stata identica. Ciò è una chiara manifestazione del carattere antidemocratico delle istituzioni europee che il Trattato di Lisbona, contrariamente alla propaganda dei sostenitori del rafforzamento dell’U.E., non “democratizza” assolutamente.
Tale rifiuto di massa si è espresso ancora una volta nelle recenti elezioni del Parlamento europeo, nelle quali si è avuto un tasso di astensione molto elevato negli ambienti popolari. Ciò pone in modo ancora più acuto la questione della rappresentatività di queste istituzioni.
Quattro esempi illustrano il carattere antioperaio e antipopolare della costruzione dell’U.E., un’unione dall’essenza capitalista ed imperialista.
E’ la Commissione europea che persegue, attraverso i suoi “libri bianchi” e altre “direttive”, la politica di privatizzazione e liquidazione dei settori pubblici, di eliminazione delle barriere poste in ogni paese allo sfruttamento della forza lavoro, promuovendo la “concorrenza libera e non distorta”.
E’ il Parlamento europeo uscente che ha votato la “direttiva della vergogna” che organizza la caccia agli immigrati “illegali” e trasforma l’Europa in una “fortezza” protetta da battaglioni polizieschi e flotte da guerra che controllano il Mediterraneo. Le vittime di questa guerra silenziosa sono le centinaia di migliaia di uomini e donne che fuggono la miseria, le guerre e i conflitti, che sono anzitutto le conseguenze delle politiche imperialiste di saccheggio, di lotta per il controllo delle materie prime, in particolare il petrolio, e dei mercati. Oggigiorno, l’U.E. subappalta questa sudicia guerra contro i poveri ai governi reazionari d’Africa, della Libia, del Marocco, della Tunisia.
E’ ancora questo Parlamento uscente che ha votato, sottobanco, una direttiva di criminalizzazione del comunismo, assimilandolo al nazismo; una direttiva che rafforza la campagna anti-comunista ed anti-operaia che si manifesta in modo sempre più aggressivo in molti paesi europei.
E’ infine l’U.E. nel suo insieme che ha affermato il carattere complementare della sua cosiddetta politica di difesa con quella della N.A.T.O., braccio armato delle potenze imperialiste che conducono la sporca guerra contro il popolo afghano; è ancora l’U.E. che ha mantenuto la sua cooperazione con lo Stato sionista d’Israele, nonostante la sua politica di guerra e i massacri sanguinari contro Gaza ed il popolo palestinese.

Le resistenze operaie e popolari si sviluppano
In tutti i paesi europei, gli operai e le masse lavoratrici sono scesi nelle strade per dire:questa non è la nostra crisi, ci rifiutiamo di pagarla”.
L’aspirazione a lottare “tutti insieme” aumenta. Le lotte si moltiplicano e si radicalizzano: sequestri di padroni, blocchi delle imprese, azioni spettacolari con le quali si accusano gli azionisti, operazioni "a pugno chiuso" contro i simboli del potere, del padronato, manifestazioni di massa che uniscono operai minacciati di licenziamento e diverse categorie della popolazione urbana che ne subiscono le conseguenze.
Importanti settori della classe operaia sono disposti a portare questa lotta ad un livello più elevato. Essi si scontrano con la repressione dell’apparato statale e la politica dei dirigenti riformisti che frenano la mobilitazione, che cercano di convogliarla verso “soluzioni” di cogestione della crisi, per evitare che la contestazione si rivolga contro il sistema in sé.
Tra queste lotte, sottolineiamo l’importanza di quelle portate avanti dai lavoratori delle imprese automobilistiche, della Seat, della Fiat, di Opel-GM, ecc. e delle imprese collegate, come quella dei lavoratori del monopolio Continental.
I lavoratori della Continental hanno strappato importanti compensazioni economiche (“50.000 euro per tutti”), che colpiscono direttamente i profitti capitalistici e consolidano l’unità di tutti i lavoratori, anziani e più giovani. Essi hanno anche offerto un esempio di solidarietà internazionalista manifestando assieme ai loro compagni tedeschi, colpiti dallo stesso piano di ristrutturazione di Continental. “Parliamo tutti la stessa lingua, quella degli operai!”

Le resistenze si sviluppano nel mondo nel mondo dell’insegnamento: gli studenti, i docenti, il personale amministrativo, lottano insieme contro le riforme di privatizzazione dell’università pubblica, sempre meno sovvenzionata dallo Stato, mentre quest’ultimo finanzia sempre più la scuola e le università private, contro le misure che mettono in concorrenza tra loro le università a livello nazionale ed europeo e le sottomettono agli interessi dei monopoli. Tutte queste riforme sono la traduzione della cosiddetta “direttiva europea di Bologna”.

I contadini poveri, i lavoratori del mare, gli artigiani e i piccoli commercianti si battono per la loro sopravvivenza, schiacciati dai diktat dei monopoli dell’industria agro-alimentare e della grande distribuzione come Carrefour, Auchan, Metro, Corte Inglés, Nestlé, Benetton, ecc…

L’opposizione alla politica di guerra cui partecipa l’U.E. si è dimostrata con forza al summit della N.A.T.O. che si è tenuto a Strasburgo, nello scorso aprile. Manifestanti venuti da tutti i paesi dell’U.E., dagli USA, dalla Russia, dalla Turchia, dall’Ucraina… hanno denunciato la N.A.T.O. e l’allineamento della U.E., in una città in stato d’assedio, totalmente militarizzata. Essi hanno reclamato il ritiro delle truppe impegnate nei differenti fronti di guerra (Afghanistan, Irak, ecc.), hanno denunciato le guerre che si preparano contro altri paesi, come l’Iran, il sostegno della N.A.T.O. e dell’U.E. alla politica terrorista del sionismo; hanno anche denunciato le manovre di destabilizzazione nei Balcani e nel Caucaso, l’allargamento della N.A.T.O. ai paesi dell’Est (Georgia, Ucraina…) e il dispiegamento dei missili U.S.A. nella Repubblica Ceca e in Polonia. Questa manifestazione ha illustrato la solidarietà internazionale dei popoli contro la politica di guerra condotta dalle potenze imperialiste. In questa mobilitazione, i partiti marxisti-leninisti, insieme ad altre forze, hanno insistito sul legame tra questa politica di guerra e la crisi, avanzando la parola d’ordine: “Noi non pagheremo la vostra crisi, noi non pagheremo le vostre guerre”.

La mobilitazione contro l’Europa fortezza, contro le leggi razziste e xenofobe, anti-migranti, è proseguita e si è allargata. La vittoriosa battaglia sindacale dei lavoratori “sans-papiers” in Francia, che sono entrati in sciopero con il sostegno dei loro compagni francesi, per strappare la loro regolarizzazione, è un potente antidoto alla campagna di divisione che la borghesia, il padronato e la reazione vogliono sviluppare, sullo sfondo del razzismo. I lavoratori immigrati, regolari o meno, sono la “variabile d’aggiustamento” delle imprese che non possono delocalizzare la loro produzione. Prendendo il loro posto nella battaglia dell’insieme della classe operaia, in quanto lavoratori sfruttati, essi rafforzano il fronte di lotta della classe operaia contro il capitale, per rifiutare di pagare la crisi. “Lavorano qui, vivono qui, restano qui!”.

Noi, partiti e organizzazioni membri della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti, riaffermiamo il nostro impegno a sviluppare i fronti di lotta e di resistenza nei nostri paesi, a lavorare per l’unità della classe operaia, per l’unità tra la classe operaia e tutte le vittime della crisi del sistema capitalista imperialista, così come a sviluppare il coordinamento e la solidarietà delle nostre lotte.
Questa politica ha per scopo di unire in un largo fronte tutte le forze che rifiutano che siano i lavoratori ed i popoli a dover pagare la crisi. E’ dunque di una politica d’unità contro l’offensiva del grande capitale, contro la reazione e la politica di guerra dell’imperialismo, per la solidarietà tra i popoli.
Nostro compito, nel corso di queste lotte, è quello di far crescere tra gli operai, i lavoratori e le masse, la coscienza che questa crisi è una crisi del sistema capitalista nel suo insieme e che essa non troverà una “soluzione” a loro favore nel quadro stesso di questo sistema.
Dentro queste lotte noi sviluppiamo la nostra alternativa di rottura rivoluzionaria, per il socialismo.
Chiamiamo i lavoratori, i giovani, i militanti antimperialisti, i rivoluzionari, a partecipare in ogni paese alla costruzione di partiti autenticamente comunisti, a rafforzare le fila di quelli esistenti, perché il partito comunista è lo strumento indispensabile per dirigere le lotte del movimento operaio e popolare e portarle alla vittoria. Questo processo di costruzione di nuovi partiti comunisti e di rafforzamento di quelli esistenti va portato avanti nel quadro della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti, che è oggi la forma organizzata dell’internazionalismo proletario.

Italia, giugno 2009

Partito Comunista degli Operai di Danimarca (APK)
Partito Comunista degli Operai di Francia (PCOF)
Partito Comunista di Spagna Marxista-Leninista (PCEML)
Partito Comunista Rivoluzionario di Turchia (TDKP)
Piattaforma Comunista

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