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La Fiom e la Fiat

La Fiom e la Fiat

(29 Dicembre 2010) Enzo Apicella
La Cgil attacca la Fiom per essersi opposta al ricatto di Marchionne

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Speciale Fiat 2

(22 Giugno 2010)

1- la nostra critica all'accordo Fiat

A premessa dell'accordo

“L'azienda ribadisce che, al fine della realizzazione del Piano si debbano concretizzare le condizioni che rendono operativo e praticabile, mediante l'adesione effettiva dei soggetti interessati, quanto convenuto per la sottoscrizione della presente ipotesi di accordo”.

In questo punto è formalizzato in forma anomala rispetto agli accordi sindacali ordinari una sorta di clausola di dissolvenza, per cui “l'adesione effettiva dei soggetti interessati”, intesa ben oltre i sindacati firmatari dell'accordo, viene posta a condizione della realizzazione del piano. Di conseguenza, il ricatto è permanente e l'accordo può essere disdetto unilateralmente dall'azienda quando essa ritenga che manchi “l'adesione effettiva”.

A pag. 3 dell'accordo, dopo aver esposto il progetto, si aggiunge: “fatti salvi eventuali slittamenti dell'avvio produttivo e della data di lancio del prodotto dovuti alla complessiva situazione economica internazionale e/o alle condizioni generali del mercato autoveicolistico, oltre che al ritardato avvio degli investimenti derivante dal protrarsi dalla trattativa sindacale per la sottoscrizione del presente accordo”.

A parte l'ultima frase che chiaramente vuole solo rafforzare l'intimazione ricattatoria e imporre subito la firma dell'accordo come condizione dell'avvio produttivo, con l'inserimento di questa altra premessa nell'accordo la Fiat dice tranquillamente che gli impegni possono essere elusi come e quando vuole, rispetto a generici quanto incontrollabili eventi nella fase di crisi, sempre possibili oggi. Quindi non c'è nessun vincolo per l'azienda. Nè per i tempi di avvio della produzione della Panda, nè, anche, – visti i generici richiami a situazione internazionale e mercato – per la presenza del gruppo sul territorio e la conservazione dei posti di lavoro.

L'azienda pretende la schiavitù dei lavoratori ma si riserva la libertà del bluff.

I punti dell'accordo:

L'accordo introduce i 18 turni, dal lunedì al sabato, 8 ore su 3 turni, la settimana lavorativa avrà inizio alle ore 6 del lunedì e cesserà alle ore 6 della domenica successiva. il riposo individuale settimanale sarà a scorrimento. Il 18° turno sarà coperto con la retribuzione di Par, festività, e con cumulo della mezz'ora accantonata per turno. Nella manutenzione i turni sono 21. Per i lavoratori del turno centrale l'orario va dalle 8 alle 17 con un'ora di intervallo non retribuita.

Cosa significa passare a 18 e addirittura 21 turni, in termini di fatica, di stress, di sconvolgimento della vita individuale e familiare lo sanno bene gli operai della Fiat di Melfi che non per 18 ma contro 17 turni hanno in passato duramente lottato.

Ma qui vi è anche la beffa, il 18° turno “cadente tra le ore 22 del sabato e le 6 del giorno successivo o dalle ore 22 della domenica alle ore 6 del giorno successivo” se lo devono pagare i lavoratori, utilizzando permessi, festività, ecc. O come vedremo nei punti successivi sarà lavorato.

Una turnazione fatta in deroga, come tranquillamente dice l'accordo, a quanto previsto dalla L. 66/03 in materia di riposi giornalieri e settimanali.

Con questa turnazione la pausa mensa viene spostata a fine turno, con mezz'ora retribuita e con orari per mangiare che diventano abbastanza assurdi per il 2° e 3° turno°: dalle 21,30 alle 22 e dalle 5,30 alle 6.

Questo spostamento ha lo scopo di un utilizzo pieno del turno da parte della azienda; per gli operai significa aumento della fatica, con conseguenze su salute e sicurezza, con sconvolgimento del normale ciclo alimentare. Ma per Marchionne gli operai non sono persone che devono mangiare quando è necessario, ma quando lo vuole il padrone.

Il lavoro straordinario: 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi. Il lavoro straordinario potrà essere effettuato nel 18° turno già coperto da retribuzione o nelle giornate di riposo. L'azienda comunicherà ai lavoratori di norma con 4 giorni di anticipo, e terrà conto di esigenze personali entro il 20% con sostituzione con volontari...

Con accordo individuale tra azienda e lavoratore, l'attività lavorativa sul 18° turno potrà essere svolta a regime ordinario con la sola maggiorazione del lavoro notturno.

Il lavoro straordinario nell'ambito delle 200 ore pro capite potrà essere richiesto anche durante la mezz'ora di mensa, con un preavviso che si riduce a 48 ore.

Le ore di straordinario complessive aumentano a 120 (40 già previste nel contratto + 80 di quest'accordo). L'azienda con accordo/ricatto col singolo operaio non pagherà neanche la maggiorazione dello straordinario. Farà saltare anche la pausa mensa; benchè l'uso della pausa mensa per far fare straordinario sia contrario alla direttiva europea sugli orari e alla legge 66/03, con questo punto dell'accordo viene tolto anche il diritto di mangiare affinchè ogni minuto dell'operaio, anche quelli necessari per campare siano al servizio del profitto padronale.

La possibilità di sottrarsi allo straordinario fino al 20% vale solo per le 80 ore non per le 40; per di più l'uso di personale “volontario” vuole dire per il lavoratore doppi turni, con una violazione della pausa di riposo tra un turno e l'altro, in deroga arbitraria, anche in questo caso, alla legge che obbliga ad un periodo minimo di 11 ore di riposo giornaliero.

Sulle mansioni , si dice che “a fronte di particolari fabbisogni potrà essere richiesto ai lavoratori la successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro”.

Mentre nel punto “bilanciamenti produttivi” vengono fatti decadere gli accordi precedenti e viene stabilita la possibilità di “mobilità interna dei lavoratori da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell'arco del turno, per fronteggiare perdite derivanti da eventuali fermate tecnico-produttive”.

Un punto che dà mano libera a direzione, capi nell'utilizzo degli operai con una mobilità selvaggia, flessibilità di mansioni, con inevitabile aumento del rischio infortuni.

Sull'organizzazione del lavoro e pause: “si opererà sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorative con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-Uas... che costituisce parte integrante del presente accordo.

Le soluzioni... migliorative derivante dall'applicazione del sistema Ergo-Uas permettono sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuno fruite in modo collettivo che sostituiscono le attuali 2 pause di 20 minuti ciascuno”.

La riduzione delle pause e il corrispondente incremento di 10 minuti della prestazione lavorativa viene monetizzata “in una voce retributiva specifica denominata “indennità di prestazione collegata alla presenza”, un importo forfettario di 0,1813 euro lordi/ora... importo onnicomprensivo, da corrispondere solo per le ore di effettiva prestazione lavorativa, con esclusione delle ore di inattività, della mezz'ora di mensa ecc... tale indennità è esclusa dalla base di calcolo per il TFR”.

Questo punto dell'accordo è quello più grave rispetto alle condizioni di lavoro degli operai; esso insieme ai 18 turni porta ad una intensificazione dei ritmi, un aumento del 20% della velocità di linea, che insieme allo spostamento mensa a fine turno, riduzione delle pause, vorrà dire massima intensificazione dello sfruttamento, fatica e fatica.

I sistemi WCM e Ergo-UAS, sono sistemi per il controllo minuto per minuto dei movimenti e dei tempi degli operai, per la vivisezione del corpo degli operai per un perverso uso scientifico dei movimenti di braccia, gambe, ecc., allo scopo della massima riduzione dei tempi di ogni operazione lavorativa. Un sistema che lì dove è stato applicato (vedi alla Fiat Sata, chiamato TMC2) porta ad ogni operaio serie patologie invalidanti alle braccia, mani, ai muscoli, insieme ad uno stress per i ritmi e il controllo a cui vengono sottoposti. Un sistema considerato illegale dalla stessa Magistratura.

Ma questa volta avviene anche qualcosa in più: questi sistemi mai contrattati, vengono messi ora come allegati nell'accordo e pertanto considerati da ora in poi non politiche aziendali (e, quindi, anche contestabili) ma parte dell'accordo e quindi chi accetta l'accordo accetta anche il WCM e Ergo-Uas.

Le attività formative si svolgeranno contemporaneamente alla ristrutturazione degli impianti e saranno fortemente collegate alle logiche WCM... La frequenza dei corsi è obbligatoria, il rifiuto di partecipazione o la mancata presenza sarà disciplinarmente perseguibile.

Le OO.SS. e le Rsu confermano che non sarà richiesta a carico dell'azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta”.

La formazione “fortemente collegata alle logiche del WCM” vorrà dire dare ai corsi di formazione una precisa funzione, come già è avvenuto nella stessa Pomigliano nel 2008, di imbonimento ideologico e di selezione tra operai buoni e cattivi. L'accettazione, poi, da parte sindacale di non richiesta di integrazione da parte dell'azienda, che è in contrasto con la legge 102 che prevede invece esplicitamente il pagamento della differenza di trattamento tra cig e salario, in caso di obbligo di presenza di lavoratori in cigs, è una conferma della subordinazione indecente dei sindacati alle logiche Fiat.

Recuperi produttivi: “Le perdite produttive per cause di forza maggiore o per interruzione delle forniture vengono recuperate collettivamente a regime ordinario, entro sei mesi successivi, sia nella mezz'ora di mensa, sia nel 18° turno, sia nei giorni di riposo individuale”.

In questo modo l'azienda può fare bellamente saltare sia la mensa, sia i giorni di riposo individuale; e, benchè si tratti di perdite non determinate da operai, per assenze o altro, ma frutto di cause oggettive, la Fiat non pagherà neanche la maggiorazione per quelle ore di lavoro straordinario, e di sottrazione di ore vita.

Tutto questo ancora una volta è in contrasto con norme e leggi: l'art. 4 del CCNL e la legge 66/03 e con la Direttiva europea.

Sull'assenteismo. Per contrastare forme anomali di assenteismo che si verifichino in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche... le parti, nel caso in cui la percentuale di assenteismo sia significativamente superiore alla media, individuano quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell'azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell'evento”.

In caso di assenteismo verificato nelle tornate elettorali, “tale da compromettere la normale effettuazione dell'attività produttiva... lo stabilimento potrà essere chiuso, la copertura retributiva effettuata con Par e ferie e il recupero della produzione sarà effettuato senza oneri aggiuntivi a carico dell'azienda...”.

Si tratta di un colpo di mano su diritti sanciti dalle leggi. E anche qualcosa di più e di inedito: parlando di “percentuale superiore alla media” per la malattia si porta avanti una forma di pressione/ricatto verso tutti, costringendo tutti gli operai a farsi controllori dei propri compagni di lavoro, e applicando una logica fascista per cui per alcuni lavoratori che si assentano pagano tutti. Qual'è poi la percentuale “superiore alla media”? Rispetto a quale area della fabbrica? A tutta la fabbrica? Quanti operai si autocostringeranno o saranno costretti per non essere malvisti dagli altri lavoratori, a scendere al lavoro anche con la febbre?

Lo stesso ricatto avviene per le assenze nei periodi elettorali, per cui arbitrariamente nell'accordo viene anche deciso di escludere dai pagamenti e riposi i rappresentanti di lista; assenze che evidentemente vengono sempre autorizzati dai partiti, quegli stessi partiti, in primis a Pomigliano il Pd, che oggi da buon ipocriti moralisti dell'ultim'ora si dichiarano strenuamente a favore del piano Marchionne.

Sulla CIGS: nell'accordo vengono confermati i 2 anni di cassintegrazione straordinaria e si aggiunge che “non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori”. Allora che valore ha scrivere “Previo esperimento delle procedure di legge”, visto che un aspetto centrale di queste procedure è proprio la verifica attuazione della rotazione? Vuol dire solo che i sindacati firmatari accettano, senza un minimo di vergogna, una procedura solo sulla carta e fasulla nella sostanza.

A partire dal 1° gennaio vengono abolite alcune voci retributive, paghe di posto, indennità di disagio, premio mansioni, premi speciali e parte di queste sono accorpate sotto la voce “superminimo individuale non assorbibile”, che però viene riconosciuto solo agli operai attualmente in organico e non agli eventuali futuri assunti.

Sede di Nola: “E' confermata la missione del Polo logistico della sede di Nola. Eventuali future esigenze di organico potranno essere soddisfatte con il trasferimento di personale dalla sede di Pomigliano”.

Viene quindi confermata la natura di reparto confino dello stabilimento di Nola, da continuare ad usare per trasferire operai eccedenti, operai scomodi da Pomigliano, con assoluta discrezionalità da parte della Fiat.

Clausole di responsabilità per sindacati e operai = la repressione: “Il presente accordo costituisce un insieme integrato, sicchè tutte le sue clausole sono correlate ed inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni (anche di uno solo)dalla O.S. o dalla Rsu, anche a livello di singoli componenti, ovvero comportamenti inidonei a rendere inesigibili le condizioni concordate per la realizzazione del Piano e i conseguenti diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti all'Azienda libera l'Azienda dagli obblighi del presente accordo nonché da quelli derivanti dal CCNL...” - e quindi non pagherà contributi sindacali e non concederà permessi sindacali.

Ma chiaramente Marchionne ha pensato anche a punire i comportamenti degli operai. Continua questo punto dell'accordo: “le parti si danno atto altresì che comportamenti individuali e/o collettivi dei lavoratori idonei a violare in tutto o in parte le clausole del presente accordo o a rendere inesigibili i diritti e i poteri dell'Azienda”, ugualmente libera l'azienda dagli obblighi sindacali. Mentre per gli operai, come viene scritto nel punto successivo: “Clausole integrative del contratto individuale di lavoro” vi sono provvedimenti disciplinari fino al licenziamento.

Siamo alla dittatura padronale, anche il linguaggio ha un sapore fascista e il sistema è fascista: basta un comportamento di un solo delegato, il mancato rispetto di uno solo degli impegni, o addirittura comportamenti (non meglio specificati) che l'azienda ritenesse lesivi dei suoi “poteri, e la Fiat può tranquillamente fare carta straccia dello Statuto dei Lavoratori e del Contratto nazionale, può cancellare a Pomigliano tout court il sindacato e portare la condizione degli operai indietro di più di 50 anni o a livello di un laboratorio cinese fuorilegge!

Una dittatura in cui i delegati sono incatenati, messi in condizione dagli stessi sindacati firmatari dell'accordo di non fare niente se non i controllori di sé stessi e soprattutto dei comportamenti operai.

Anche una iniziativa di un Rsu sulla sicurezza verrà presa dall'azienda come comportamento che rende inesigibile le condizioni del piano.

Con questo accordo viene reso esplicito il ruolo delle OO.SS. come cinghia di trasmissione del padronato verso gli operai. Ai capi si aggiungono i rappresentanti sindacali per imporre le condizioni capestro di questo accordo, per spiare e reprimere comportamenti individuali, la cui definizione è tanto volutamente generica quanto arbitraria, facendo diventare Pomigliano non una fabbrica ma un carcere.

E' chiaro che questo punto finale dell'accordo non poteva non esserci per la Fiat, perchè è la condizione capestro per imporre tutti gli altri punti dell'accordo, e fanno capire più di tante parole la gravità delle condizioni poste dall'accordo.

Rispetto a tutto questo, l'aggiunta all'ultimo momento del punto sulla “Commissione paritetica di conciliazione”- tra l'altro presieduta da un rappresentante di parte datoriale dell'Unione Industriale di Torino, oltre che un misero contentino dato da Marchionne ai sindacati, verrà usato dalla Fiat per corresponsabilizzare ancora di più le OO.SS. nella repressione dei comportamenti dei delegati e degli operai che violassero gli impegni dell'accordo.

Quale Stato, quale governo, almeno per salvare la faccia di una parvenza di legalità, permette che ogni azienda si faccia le sue deroghe a leggi di Stato, alla Costituzione, ai Contratti nazionali? E qui invece viene fatto!

Dopo questo accordo, come già stanno dicendo altri padroni, la stessa Pres. della Confindustria, ogni azienda potrà violare leggi, Costituzione (e in questo senso va evidentemente la modifica dell'art. 41 della Costituzione), farsi le leggi proprie. Altro che federalismo della Lega, è anche peggio, siamo al fatto che ogni capitalista potrà farsi le leggi a proprio uso e consumo e lo Stato ratifica.

Questo accordo è illegale, non si poteva fare. Insieme ad un peggioramento grave delle condizioni di lavoro, stabilisce – come hanno denunciato dei coerenti democratici - la liquidazione di diritti indisponibili, diritti che nessun sindacato potrebbe negoziare per il semplice fatto che non gli appartengono, diritti che nessuno, neppure i titolari diretti, può alienare perchè costitutivi di una civiltà giuridica che trascende le parti sociali e gli individui.

Si vuole portare la condizione operaia a livello di laboratori a nero gestiti da cinesi in violazioni di norme contrattuali e di leggi, senza controlli, senza tutela sindacale, con la differenza che mentre questi padroncini vengono ispezionati, sanzionati, condannati, le loro aziende anche sequestrate, Marchionne e i sindacalisti firmatari dell'accordo sono difesi e presi ad esempio.

2 - La marcetta su Pomigliano

Nonostante tutti siano convinti che il Si passerà a larga maggioranza e sarà “un plebiscito” come padron Fiat vuole, viene comunque proseguita con ritmi intensi la campagna antioperaia.

La marcia di Pomigliano ne è stata un’altra pagina con le caratteristiche di tragedia e farsa che tutta questa vicenda sta assumendo.

È stata organizzata direttamente dal braccio destro di Marchionne in persona, Stefan Ketter, responsabile del gruppo, che ha radunato i capi reparto, lanciato l'indicazione: “mobilitiamoci altrimenti le adesioni al No cresceranno”; è seguito l'incontro col direttore Sebastiano Garofalo, quest’ultimo trasformatosi da direttore aziendale ormai in una sorta di capo partito di stampo berlusconiano; si è tenuto un vertice con 15 dirigenti ed è partita la costruzione della marcia.

Ma i risultati di questo battage sono stati davvero modesti.

Sfilano circa un migliaio di impiegati, professional, ex quadri, capi con mogli, figli, parenti, uno stuolo di politici portati dal Sindaco di Pomigliano, sindacalisti della Cisl, e poi rinforzati dai precari licenziati che sin dall'inizio hanno fatto una lotta equivoca, fatta di appoggi di sindaci del PdL e processioni alla madonna.

Ai manifestanti viene distribuito un Dvd del capo del personale. Dopo di che si parte in una processione indegna e patetica allo stesso tempo, così fallimentare da spingere gli stessi sindacalisti che l'hanno appoggiata, vedi quelli della Uilm, a dissociarsene ex post.

La maggior parte di coloro che vi partecipano, oltre che fare grande profferta di lecchinaggio verso il padrone, non esita a dire di essere gente che non ha mai scioperato, sì da rendere del tutto giustificato lo striscione degli operai cobas che li definisce “servi del padrone”.

Se si guarda dal lato della sua organizzazione, al fatto assolutamente inedito della Questura che dichiara che si tratta di 5 mila persone, al fatto che televisione e grande stampa le abbiano dato così grande risalto nelle prime pagine, si capisce che la marcia è qualcosa in meno chiaramente della “marcia dei 40 mila” (che poi non sono mai stati 40 mila), ma qualcosa in più per quanto riguarda il carattere di regime che si vuole fare assumere all'accordo, al referendum, e che spiega fino in fondo il carattere fascista, militarizzato con cui si vuole imporre l'accordo.

In questo quadro va considerato il massiccio sostegno dato dai politici del centro destra. Scrive Il Fatto: “Di mattina sono piombati a Pomigliano Mario Landolfi e Nicola Cosentino, quello che i pentiti di camorra chiamano o' americano. Venuti a spiegare agli operai come deve andare il mondo e come si deve lavorare alla catena di montaggio. Partecipa Luigi Cesaro presidente della Provincia, più noto come “Giggino a' polpetta”, che dichiara “questo nuovo corso metterà fuori tutte queste persone, ha ragione Marchionne, quelli che abusano della malattia, dei permessi, quelli della Fiom...”.

3 - Marchionne, il voto, le attività illecite

Che Marchionne voglia fare ben più del proprio mestiere è dimostrato dalle dichiarazioni stampa di sabato 19 giugno, in cui si lamenta che ci sia tutta questa polemica per un fatto estremamente semplice: se si vuole fare un'operazione come quella che lui sta facendo o si fa in questa maniera o non se ne fa niente, “se vince il No chiudiamo la fabbrica... e chi si oppone all'accordo lo fa per un'ideologia che non ha più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storie vecchie di 30, 40, 50 anni fa. Stiamo ancora a parlare del padrone contro il lavoratore, sono cose che non esistono più”.

A questo Marchionne fa seguire un'attività conseguente.

In fabbrica dai capi reparto vengono esercitate pressioni sugli operai per il voto: “Ci sono dirigenti in guardiola che ci osservano... qualche capo nella pausa mi ha chiesto se andavo a votare e quando ho risposto che avrei votato No mi ha detto con un sorriso ironico che era meglio che mi licenziavo prima di martedì, perchè se non c'è un Si plebiscitario la fabbrica chiude”. “Anche il mio capo – dice un altro giovane lavoratore – mi ha detto di non mettere a repentaglio il futuro di venti mila persone”. Lello da 15 anni in fabbrica dichiara: “non sono stato richiamato al lavoro, oggi però dalla direzione mi hanno telefonato per avvisarmi di un'assemblea convocata per lunedì dall'azienda. Vogliono spiegarci i termini dell'accordo. Poi mi è stato raccomandato di votare bene dato che ho due figli e di votare per loro”.

L'azienda sta organizzando una fiaccolata precettando i lavoratori alla partecipazione.

In questi giorni sulla stampa padronale, a sostegno dell'accordo, si dice che gli operai a Pomigliano sono “fannulloni”, “c'è troppo assenteismo. Troppi godono di permessi sindacali durante i periodi elettorali, ecc”.

Si dice anche che in fabbrica ”diversi operai fanno attività poco lecite”. Però tutti tacciono il nesso che alla Fiat di Pomigliano, come in molte fabbriche meridionali c'è tra gestione della fabbrica, carriera nella fabbrica, assunzioni nella fabbrica, e malavita organizzata, che a Napoli significa camorra. E quando si dice che vi sono molte forze attive in questi giorni per il Si non si dice che tra queste forze vi è anche la camorra e che soprattutto nei paesi viene attivato un sistema capillarizzato che conta su questo. Camorra presente, oltre che nel sistema dei capi, anche in parte di quelli che sono i sindacati per il Si.

Il sindaco di Pomigliano che organizza i gazebo ed è attivo nel sostenere la cosiddetta “marcia” è uno di quelli eletti col sostegno della camorra e che nei gazebo la star è il sottosegretario Nicola Cosentino, referente politico principale della camorra in tutta la zona, verso il quale, come si sa, esiste un mandato di arresto ma il governo lo difende strenuamente.

La Fiom che dice comunque di andare a votare per evitare “rappresaglie padronali”, allude anche a questo tipo di “rappresaglia”? Non ha quindi ragione lo Slai Cobas Pomigliano nell'affermare: “è come dire al commerciante di pagare il pizzo altrimenti la camorra lo uccide”?

Alla vigilia del referendum, alla marcia-flop corrisponde anche un'azione illegale molto più incisiva. I lavoratori vengono chiamati a casa dal Direttore in persona. “lunedì dalle 11 alle 18 l'azienda ha messo su un gruppo d'ascolto che poi in realtà è un gruppo di chiamata.

Un operaio ammalato viene invitato a farsi accompagnare se è impossibilitato a recarsi da solo allo stabilimento per votare Si al referendum. Si mutua cioè un sistema politico di vecchia data, stile anni '50, democristiano, ai tempi della Legge truffa, quasi a rendere chiaro di quale partita si stia trattando.

Le voci operaie che denunciano tutto questo vengono soffocate, così come quando denunciano che chi chiede di firmare l'accordo nella maggior parte dei casi non sa cos'è un turno di fabbrica, così come quando viene detto che Marchionne non può chiudere Pomigliano, quello stabilimento fino all'ultimo giorno è tenuto in piedi, non certo dai capitali Fiat, ma da una montagna infinita di aiuti di Stato, in forma diretta e indiretta, di casse integrazioni endemiche.

4 - Accordo fiat e sicurezza sul lavoro

A Pomigliano dietro il cancello un tabellone esorta “impegniamoci a lavorare in sicurezza”, e i numeri rossi e verdi sul display sono coerenti con l'invito. E martedì 15 giugno il tabellone indica: “267 giorni 0 infortuni”.

Dice un operaio: “E grazie che non ci facciamo mai male, non fatichiamo mai!”.

Dopo quest'accordo questo tabellone indicherà numeri completamente diversi. La sicurezza non sarà quella dei lavoratori, e non solo perché con il sistema fabbrica previsto ci si infortunerà ma anche perché il sistema stesso è nocivo. Il carattere endemico di “produzione di invalidità permanente” del TMC2 è stato ampiamente dimostrato in tutti gli stabilimenti Fiat e, per altro, anche sanzionato da un’inchiesta giudiziaria riguardante Mirafiori; è stato applicato in forme ancora più aggravato alla Fiat Sata di Melfi, e qui non sanzionato per la complicità e subordinazione di Magistratura, Asl, Ispettorato a Melfi e Potenza.

“Alla Fiat Pomigliano si prevede l'applicazione congiunta del World Class Manufactoring e del sistema Ergo-Uas, ottimizzazione dei gesti e movimenti minimi alla base della nuova filosofia” scrive il Sole 24 Ore. Più che giustificato a fronte di questo il volantino trovato nella saletta sindacale della Fim: “Se firmate, ve spezzamm'e e ccosce”.

5 - Tragedia e farsa

In questa vicenda Fiat i personaggi si sono presentati, come sempre avviene nella storia, ora in forma di tragedia ora in forma di farsa. Anche se, quando la loro presenza è farsesca, gli esiti verso i lavoratori sono sempre tragici.

Una punta alta di questo è stata raggiunta da Marchionne quando, scatenandosi come un guitto, somiglia sempre più alle performance di Berlusconi o di un Brunetta. Quando attacca gli operai di Termini per “aver scioperato perché giocava la Nazionale”, che a parte il fatto che la titolarità del diritto di sciopero è dei lavoratori che lo pagano con le loro tasche, dire questo della Fiat di Termini Imerese, dove caso mai si sta scioperando troppo poco a fronte della annunciata chiusura e dove alla fin fine a Marchionne non dovrebbe molto interessare visto che ne ha decisi la chiusura ...

Bonanni Cisl “stelle e strisce” risponde rivolto agli operai la frase di Kennedy: “non chiedete solo cosa può fare l'America per voi, ma anche quello che voi potete fare per l'America”.

6 - Unità sì ... ma con la Fiat !

Epifani, Sole 24 Ore del 15/6: “A Pomigliano non vi sono alternative alla vita di quello stabilimento e del suo indotto... è essenziale che si dia corso all'investimento Fiat. La Cgil accetta di affrontare il tema dell'assenteismo e di ridurlo ai minimi fisiologici, confermando che gli accordi sottoscritti impegnano tutta l'organizzazione al loro rispetto integrale.

Questa dichiarazione della segreteria Cgil ha aperto e segnato la fase finale di questa vicenda, il passaggio dal NI al SI che è diventato il punto chiave per far passare l'accordo tra i lavoratori.

Il discorso di Epifani è stato salutato con vero entusiasmo da Cisl e Uil che hanno colto l'importanza del passaggio. Bonanni Cisl “Sono molto soddisfatto del fatto che ritroviamo l'unità sindacale su uno dei punti salienti per la vita del paese”. Angeletti Uil: “una vicenda spartiacque del sistema delle relazioni sindacali destinate ad un cambiamento definitivo”.

7- Callieri e la Camusso - nuova speranza fiat

Importante nel quadro generale della vicenda è la ricomparsa simultanea su tutti i giornali di Carlo Callieri, direttore del personale della Fiat nell'ottobre 80, all'epoca di Romiti e della “marcia dei 40 mila”, che nelle diverse interviste lancia un messaggio netto: “La marcia dei capi cambiò il rapporto di forza a favore dell'azienda”. Oggi che questo problema sembra non esserci, qual è quindi lo scopo di questa mobilitazione, se non quello di imporre una vera dittatura, come dice Sacconi: “nessuno ostacoli il percorso”.?

Callieri in forme molto precise sostiene che bisogna completare l'opera di quegli anni, cancellare ogni traccia del sindacalismo di classe o di quello che potrebbe diventare.

“Tutta la vicenda di Pomigliano può produrre effetti rilevanti per il futuro del paese... allora nell'80 il sindacato era compatto, dopo la marcia ci fu una riflessione che portò Lama, Carniti e Benvenuto a chiederci di presentare il documento con le condizioni di accesso alla fabbrica... noi lo facemmo e loro lo firmarono subito. Oggi il problema si chiama Fiom, ferma all'ideologia di 30 anni fa: il conflitto permanente, il modello antagonista e il salario come variabile indipendente”.

Quello che Callieri chiama Fiom, non è la Fiom, e quindi non è della Fiom che in realtà sta parlando ma delle lotte operaie, dell'organizzazione operaia, del sindacato operaio qualunque sia la veste. E' verso di questo che i padroni e il governo vogliono una sorta di 'soluzione finale'.

Qual è la “soluzione”, la soluzione del problema Fiom Callieri la indica, ed è la Cgil e la Fiom stessa: “Va detto che anche nella Fiom di oggi ci sono punti di vista differenti. Un conto è l'atteggiamento dialogante della Fiom di Torino, altro è quello oltranzista della Fiom della Campania”.

E nella Fiom Callieri richiama in servizio i suoi referenti di sempre, e riferendosi a Mirafiori dell'80 dice: “purtroppo dai tempi della segreteria di Sabatini era stata espulsa dal gruppo dirigente tutta l'ala moderata dei Damiano, Sateriale, Camusso. E questi sono i risultati”. Come, quindi, Callieri auspica che si risolva oggi la questione? “conosco bene Guglielmo Epifani, sono sicuro che lui vorrebbe firmare, la mia speranza è che la Cgil sostituisca la Fiom al Tavolo del negoziato, anzi questa è la mia speranza ma anche la mia previsione. Epifani è un moderato e la posta in gioco è troppo alta. Se Epifani non lo fa, quella firma la metterà Susanna Camusso che come tutti prevedono sarà segretaria generale tra qualche mese”.

La nuova segretaria in pectore della Cgil è la Susanna Camusso. In questo sindacato il ricambio dei gruppi dirigenti è ormai molto più vicino ad una monarchia con investiture prolungate e rituali, frutto spesso di meschine lotte per il potere e rincorsa ad interpretare nella migliore maniera possibile il sindacalismo della aristocrazia operaia e della collaborazione, e la funzione di compatibilità e mediazione tra gli interessi, non del singolo padrone, ma dei padroni nel loro insieme dentro l'esigenza dell'economia nazionale nella contesa del mercato mondiale.

Ma se queste sono le leggi e i rituali che domina l'attuale Cgil, non è che le persone non contino, anzi le scelte danno il segno e in un certo senso personificano la direzione di marcia e il ruolo che si vuole svolgere. In questo senso la Camusso è “uscita dal silenzio” proprio mentre gli operai si trovano di fronte ad uno scontro di carattere storico, epocale e il sindacato, la Cgil in primis, rimodella il suo ruolo in questo scontro.

Giustamente il Corriere della Sera rileva che l'investitura della Camusso sia avvenuta proprio il giorno in cui la Fiom ha espresso il suo No all'accordo Fiat. Giustamente viene ricordato che Susanna Camusso ha rappresentato negli anni 1977-1997 la destra nella Fiom dalla quale fu in un certo senso estromessa sotto la segreteria di Sabatini considerato dall'area degli operai attivi di questo sindacato come un duro.

Sconfessata dal “sindacato operaio”, diventata la sconfessione ormai un titolo di merito, la Camusso nella Cgil finisce una corriera ma ne ricomincia un'altra, e infatti la Camusso, invece che sparire comincia lì la sua vera carriera.

Ricordiamo che la Fiat è stata una fabbrica chiave della Camusso perchè l'estromissione dalla Fiom avvenne nel 1996 in un modo abbastanza raro nella stessa Cgil. La Camusso venne estromessa dalla conduzione della vertenza Fiat, oseremmo dire “a furor di operai”, o almeno “a furor di sindacato Fiom”, per la posizione filo Fiat che aveva nella vertenza stessa. Per cui, voluto o no la scelta del giorno della sua investitura, la Camusso per la Cgil è la persona giusta al momento giusto per condurre nell'ambito di una vertenza Fiat la sua azione anti Fiom ma che è essenzialmente una azione antioperaia.

Ricorda Il Manifesto: “Nel '94 la Camusso responsabile del gruppo Fiat siglò un accordo unitario con cisl e uil che introduceva il lavoro notturno, i 18 turni nello stabilimento di Termini... in quel caso gli operai non ne furono informati che a cosa fatte – in quell'occasione il referendum bocciò l'accordo con il 70% di No - successivamente in sede di contratto nazionale la Camusso siglò la parte che le era stata affidata contenente per la prima volta la possibilità di licenziare il dipendente 'lungo degente' (fino ad allora poteva rimanere in aspettativa senza salario)...”. Questo fino al '96 in cui Sabattini la “sollevò” pubblicamente dall'incarico per “manifesta incapacità sul campo”, che era un modo di dire in linguaggio sindacalese che Camusso non faceva la sindacalista ma difendeva solo le ragioni dell'azienda.

Il primo a congratularsi con Susanna Camusso per il suo avanzamento nella Cgil è stato il Min. Del Lavoro Sacconi... “affinché possa operare per la ricomposizione dell'unità sindacale. Faccio affidamento alla sua provenienza socialista che mi fa ben sperare”. Scrive Il Manifesto: “La sua ascesa in ogni caso mostra l'incredibile vitalità di quel pattuglione di riformisti che si è fatto le ossa con Bettino, Sacconi, ma anche Cazzola, i vari Tremonti, Cicchitto, Brunetta”.

Quest’ala “socialista” del sindacato era già ascesa nella Cgil con la segreteria Epifani, perché i socialisti come partito sono spariti travolti dalla tangentopoli craxiana, ma molti di loro hanno continuato a fare brillanti carriere sia nell'ascesa berlusconiana, sia nelle istituzioni, ecc. sia nella Cgil.

Ciò che unisce la Camusso a Sacconi e alla Fiat è quindi assai più che una valutazione sindacale di trincea, ma è in un certo senso una storia, un'ideologia; i comportamenti sono poi conseguenti.

Appena l'accordo Fiat e il referendum sono diventati sempre più chiari per l'influenza che hanno, sono partiti gli scioperi nella fabbriche Fiat, alla Sevel, per esempio, con adesioni del 60% alla lastratura e al montaggio. Ma è a Torino che si evidenzia quello che scriviamo; mentre a Mirafiori 2500 operai delle Carrozzerie in due giorni firmavano contro l'accordo, la Camusso a Torino stessa dichiarava: “Siamo al fianco di quei lavoratori che diranno di Si, in ragione del fatto che per loro il lavoro è il punto fondamentale”.

8 - PD partito della Fiat

La posizione del PD è stata fin dall'inizio saldamente a sostegno della Fiat. La questione non è chiaramente nuova perchè da sempre questo partito si è caratterizzato come il partito della Fiat e dell'industria in generale, i suoi segretari, da Fassino a Bersani, ne sono stati interlocutori privilegiati, i presidenti di Regioni, Provincia e Comune di Piemonte e Torino i sostenitori territoriali dei piani Fiat.

La maggioranza della Cgil essendo nella quasi totalità collocata all'interno di questo partito non poteva in nessuna maniera avere una posizione differente.

Il responsabile economico del PD, Stefano Fassina, dichiara che sarebbe stato meglio evitare rotture, “a questo punto è inevitabile che i lavoratori dicano si al referendum”. Poi chiede che siano modificati alcuni punti, ma “perchè rischiano di essere inapplicabili perchè contrari alla Costituzione”. Il sostegno alla Fiat viene poi condito con la richiesta di avere un ruolo più grande nel quadro del governo, sostenendo in sostanza che l'accordo Fiat non è una vicenda solo sindacale ma interna a come la politica ritrova

Il partito della Fiat alla vigilia del voto

Fortemente in campo in queste ore è naturalmente il PD. Bersani dopo il suo Si, nella manifestazione nazionale che ha tenuto a Roma attacca il governo sulla manovra ma tace su Pomigliano. Un silenzio più eloquente di qualsiasi parola. Ma parla in sua vece Fassino: ”mi auguro che vincano i Si, perché questo garantisce occupazione e prospettiva”.

Giustamente due esponenti dello stesso PD dalle colonne de Il Manifesto mettono in luce: “Il Si all'accordo del PD è preoccupante. Conferma che una parte dei gruppi dirigenti del centrosinistra ragiona sulla crisi, sul futuro dell'economia, del welfare italiano, usando le identiche categorie della destra, riconoscendosi soprattutto nelle parole d'ordini: meno regole per chi fa impresa, più flessibilità e precarietà per chi lavora”. Si tratta della base programmatica del Piano Marchionne, dell'attacco alla Costituzione e mostra come su questo PdL e PD siano unite e operino insieme dentro la dimensione della costruzione del regime di moderno fascismo.

Sempre dalle pagine de Il Manifesto giustamente viene rilevato che ciò che unisce la “marcia dei 40 mila a quella patetica di ieri è “la vendetta di classe, il livore antioperaio” che è la vera sostanza del Piano Fiat. Quindi quanto di più ideologico e politico ci possa essere, mirabilmente fusi con l'essenza economica-produttiva, la dittatura del capitale.

Sempre nell'ambito della sinistra parlamentare viene fatto rilevare giustamente che tra chi 'tace e acconsente' vi è ampiamente una parte di ciò che si definisce “Il popolo viola”. Anche qui gli “oppositori” di Berlusconi, della “legge-bavaglio” si fermano ai cancelli della fabbrica, si mettono da soli il bavaglio e partecipano alla contesa volta a lasciar mano libera alla dittatura Fiat per isolare gli operai e a imporre ad essi ben più che un bavaglio, la costruzione della fabbrica lager.

Indigna Claudio Fava anche un'intervista di Veltroni dove si fa la predica agli operai per difendere il piano Marchionne facendo leva su quel risibile cavallo di battaglia dell'assenteismo per motivi elettorali: “Veltroni scandalizzato denuncia, e dice il vero – scrive Fava - che alle ultime elezioni a Pomigliano ci sono stati 1600 permessi tra gli operai per fare i rappresentanti di lista. Ma ha omesso di aggiungere che la maggiorparte delle richieste portavano la firma del suo partito”.

9 - La partita strategica in gioco

L'editorialista de Il Messaggero, Cisnetto Enrico, uno di quelli della grande stampa sostenitrice dell'accordo, richiama il rapporto che c'è tra il 1980 a Torino e l'accordo attuale, e lo richiama dicendo che quella ebbe il coraggio di aprire una nuova stagione che era la “liberazione di Mirafiori”, considerata evidentemente dai padroni fabbrica “occupata” dalla lotta operaia, ma anche l'espulsione di “quelle tossine terroristiche che furono generate nella 'zona grigia' a cavallo tra sindacato e “comunismo combattente””. E qui l'articolo richiama il ruolo svolto dall'aristocrazia operaia rappresentata dalla Cgil di Lama nel fiancheggiare questa operazione dei padroni e dello Stato.

Questo richiamo rende evidente la sostanza politica dello scontro in atto alla Fiat di Pomigliano oggi.

Si vuole “liberare la fabbrica” di ogni presenza operaia antagonista e si conta sul sindacalismo dell'aristocrazia operaia e si richiama la Cgil ad esserne interprete come parte attiva per fiancheggiare questa operazione che viene ad essere di carattere storico contro il movimento operaio e il comunismo.

È sostanzialmente, dal nostro punto di vista, il segno che ad esempio ha avuta l'azione della magistratura, apertamente fiancheggiata dal sindacalismo collaborazionista, alla Fiat sata e a Potenza contro lo Slai cobas per il sindacato di classe e i ritenuti “comunisti combattenti” che guidano la linea generale di questa organizzazione sindacale e in particolare agente all'interno della Fiat contro quelle avanguardie operaie che ne potevano potenzialmente costituire un referente nella fase della controrivoluzione e restaurazione contro la lotta dei “21 giorni”.

Ma nell'articolo si mette anche in luce l'effetto produttivo di questa operazione: la nuova stagione dell'industria italica che in termini scientifici è giusto chiamare la nuova stagione dell'imperialismo. Si scrive: “Firmando quest'accordo Marchionne si è impegnato a fare del bacino del Mediterraneo il suo nuovo mercato di sbocco di un'Italia che deve capire fino in fondo il vantaggio competitivo naturale che la sua posizione geografica le assegna, si possono conquistare i mercati del nord Africa, dell'Egeo, dei Paesi Arabi, a loro volta porta verso Cina e India”.

È quindi questo è il senso della nuova Pomigliano. “E il Mezzogiorno deve essere protagonista di questo riposizionamento neostrategico dell'economia italiana”.

L'autore dell'articolo però dimentica due aspetti in tutto questo,che il passaggio decisivo è la riduzione della condizione operaia a quel livello di schiavitù salariale necessaria per la concorrenza su questi mercati. E anche questo fa parte del “nuovo Mezzogiorno”, cioè quello che è stato in altre fasi sempre per la stessa Fiat, il bacino del manodopera a basso costo, utilizzata per il supersfruttamento.

10 - Ci tocca rimpiangere … Cofferati?

Quasi a sorpresa il dimenticato e finora non rimpianto ex leader della Cgil, Sergio Cofferati, che forse nel ben lauto pensionamento come parlamentare europeo può permettersi un aristocratico disinteresse sulle vicende interne al suo ex sindacato e di conseguenza una libera valutazione, stupendosi egli stesso di trovarsi in questa funzione, apre una delle sue interviste con: “ma guarda se devono essere dei moderati come me a dire queste cose!”; e quindi può dichiarare con estrema nettezza che l'accordo è contrario ai contratti, viola i diritti fondamentali e anticostituzionali”. E aggiunge un argomento “viola la Carta europea di Nizza” e che se i lavoratori facessero ricorso, l'accordo sarebbe invalidato.

La sua critica tocca anche chiaramente il suo partito dichiarando che “straparla quando applaude alla vittoria del riformismo”. Ma Cofferati qui ha poca conoscenza storica, oltre che pratica, degli ultimi decenni. Il riformismo – quello vero diciamo noi, l'unico che nella storia si è conosciuto - serve la reazione e assume le sembianze necessarie e assume le sembianze necessarie alla marcia verso il regime moderno fascista. Cofferati, poi, aggiunge anche altri elementi poco citati in altri interventi: l'accordo Fiat non produrrà soltanto la sua estensione alle altre fabbriche italiane, ma anche le altre aziende automobilistiche, là dove non sono già su questo modello e a volte oltre, cercheranno di far diventare le regole Fiat norme per tutti i produttori; e i risultati sul piano della concorrenza mondiale sono facili da prevedere.

Altri argomenti Cofferati li solleva a proposito del referendum: “Questo è il risultato di un'assenza di una legge sulla rappresentanza che stabilisca le regole per sapere 'chi rappresenta chi' e quale sia il livello di validazione di un accordo da parte dei .lavoratori. Il linguaggio giuridico non rende merito al concetto, Fim e Uilm non hanno rappresentanza né per firmare gli accordi per tutti e meno che mai per chiedere il referendum, per di più su un contratto mai approvato dai lavoratori e che mai può essere legittimato da un gruppo di lavoratori costretti dal ricatto a piegarsi e che finisce per sancire la violazioni anche di norme costituzionali.

Infine, Cofferati solleva l'argomento della politica e chiama per il suo nome il ruolo che essa sta svolgendo, alludendo qui giustamente a tutta la politica, governo e opposizione PD: “La parte politica mette in discussione la Carta fondamentale in nome di una visione neocorporativa e... la Fiat l'ha colto in pieno”. Quindi, poi, memore della lunga tradizione Fiat e immemore della lunga tradizione di collaborazione della Cgil, dall'80 ad oggi, con il gruppo Fiat e in ogni stabilimento Fiat e ricordando anche il passaggio sancito dalla costruzione dello stabilimento di Melfi dove Cesare Romiti pretese e ottenne con l'accordo di Fim, Uilm e anche della Cgil, un accordo che imponeva ritmi e salari diversi da quelli vigenti in altri stabilimenti Fiat e una deroga alla legge sul divieto del lavoro notturno delle donne, dice “Se Romiti era un falco, Marchionne che animale è?”.

11 - In attesa di tempi migliori...

Marco Revelli su Il Manifesto, dopo aver largamente denunciato l'accordo e la sua impossibilità di essere sostenuto “per il semplice fatto che vi si chiede la liquidazione di diritti indisponibili, diritti che nessun sindacato potrebbe negoziare per il semplice fatto che non gli appartengono, diritti che nessuno, neppure i titolari diretti, può alienare perché costitutivi di una civiltà giuridica che trascende le parti sociali e gli individui”. Dopo aver ben rilevato che l'unica legge che qui viene messa in campo è la “legge di mercato” – che sarebbe meglio chiamare “legge del profitto”, legge ben superiore alla norma costituzionale e alla legge ordinaria – e che l'amministratore delegato della Fiat “che non è un fascista, che non veste l’orbace ma un maglioncino casual ed è stato a lungo un esempio di liberal progressista, non ci rassicura affatto anzi ci spaventa di più”, ci si aspetterebbe un appello alla lotta e alla mobilitazione generale e un chiamare le cose con il loro nome, ma la confusione, come in tutti gli articoli de Il Manifesto in questa vicenda, fa sì che oggi non ci sarebbe davvero altra alternativa che piegarsi al ricatto e che il No della Fiom è importante perché è una testimonianza per "tempi migliori" ...

12 - Marchionne e Prodi-Scalfari-Bertinotti-Parlato

Ci mancava tanto Prodi ...

Il carattere di battaglia epocale a Pomigliano richiama in servizio i 'grandi vecchi', e qualcuno di essi, come Cofferati, è come se tornasse per un giorno a fare il sindacalista. Così come riappare Prodi, il quale non solo porta il suo sostegno chiaramente al piano Marchionne, ma ne rivendica quasi il primato. Egli dice di aver recuperato la serenità dell'accademico e può dire che il messaggio lanciato da Marchionne è lo stesso che lanciava lui 24 anni fa e che fu alla base della decisione dell'Iri di vendere l'Alfa Romeo alla Fiat. Ovvero: quella fabbrica non era efficiente, c'era troppo assenteismo, troppa conflittualità.

“Il vero tarlo dello stabilimento napoletano è l'assenteismo”. E come estirparlo e trasformarlo in una fabbrica della produttività, la risposta – secondo Prodi – può darla solo l'Amministratore delegato della Fiat. “Nessuno sembra rammentare – continua Prodi - che pochi anni fa Marchionne fece un esperimento per riorganizzare lo stabilimento, lo chiuse per un po' di mesi allo scopo di risistemare tutto. Trovai la cosa molto utile, seria e intelligente. Poi però non si è saputo nulla dell'esito di quell'esperimento che doveva servire a ristrutturare la testa della gente. Non se n'è mai più parlato e dopo tre anni siamo allo stesso punto”.

Scalfari ... Ma come parla bene lei ...

Eugenio Scalfari su Repubblica parla con il tono del vecchio socialista. Rileva innanzitutto come Marchionne nell'assumersi la responsabilità di quello che sta facendo dichiari, in preda alla megalomania di cui dà sfoggio in questo periodo, “io vivo nell'epoca dopo Cristo. Tutto ciò che è avvenuto prima di Cristo non mi riguarda e non mi interessa”. Il “Cristo” di Marchionne, oltre che riferito a sé stesso, è riferito allo stadio attuale della globalizzazione capitalista e alla contesa mondiale accentuata dalla crisi in corso.

Quindi Scalfari aggiunge: “Se la Fiat trasferisce la produzione di uno dei suoi modelli da una fabbrica dove i salari e le condizioni di lavoro sono più favorevoli al capitale investito ad una fabbrica dove sono invece più sfavorevoli, il trasferimento potrà farsi soltanto se le condizioni tenderanno a livellarsi, oppure non si farà... non si tratta di un ricatto ma di dati di fatto e con i dati di fatto è inutile polemizzare”. Poi prosegue: ”I sindacati che hanno firmato l'accordo ritengono che si tratti di un evento eccezionale e non più ripetibile, la stessa posizione la fa propria l'opposizione parlamentare. Passi per Pomigliano, purchè non si ripeta... Errore la legge dei vasi comunicanti ha carattere generale e quindi il livellamento salariale delle condizioni di lavoro si ripeterà. Molte imprese in difficoltà specialmente nel nord est, nelle Marche, in Puglia, in tutto il mezzogiorno metteranno presto i loro dipendenti di fronte allo stesso dilemma che riguarda gli operai Fiat. Pomigliano è l'apripista di un movimento generale e non sarà né la Fiom, né Bonanni che lo potrà fermare.” Il vecchio socialista, dopo aver spiegato come va il mondo, propone la ricetta del vecchio socialista: E' inutile e vano contrastare il piano Marchionne, anzi la “legge dei vasi comunicanti – così chiama la legge del capitale – deve entrare in funzione dovunque e spetta alla politica rimuovere gli impedimenti che la bloccano. Sindacati e forze di opposizione devono spostare l'obiettivo, impostare un piano globale di redistribuzione del reddito”.

Ma come?! Proprio nella fase in cui tutti i governi incalzati dalla crisi e interpreti dello scaricamento di essa sulle masse, tagliano ogni residuo di Stato sociale, concentrano tutti i fondi nella salvaguardia della finanza e del capitale ?

Fausto Bertinotti, il marchionnista pentito che aveva sempre espressa la sua ammirazione per Marchionne, considerato il “borghese buono”, ora appare tra i pentiti.

Chi invece non riesce proprio a pentirsi è Valentino Parlato de Il Manifesto, anche se il senso del ridicolo e il limite della decenza dovrebbe valere anche per lui: “la colpa non è sua. Lui è 'schiavo' di una situazione imposta dal capitalismo. Non è che Marchionne è cattivo ma è costretto a compiere certi passi”. Anche noi marxisti consideriamo non la persona Marchionne ma la sua funzione di agente del capitale e delle sue leggi, ma chiediamo a Parlato: perché prima parlava della persona Marchionne come 'ottimo manager' ed espressione appunto di quel capitale progressivo, rispetto al cattivo Berlusconi?

Proletari Comunisti

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