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(8 Febbraio 2011) Enzo Apicella
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(La tolleranza zero)

Torino. Nella nostra citta' c'e' un lager

(19 Luglio 2010)

Quello che vi trovate davanti non è un titolone ad effetto. Un lager è un campo di prigionia dove il diritto è sospeso. Ci si finisce insomma per quello che si è e non per quello che si fa. La sola colpa di chi sta dietro le mura di c.so Brunelleschi, a Torino, è quella di non avere un contratto di lavoro regolare (cui è strettamente legata la possibilità del permesso di soggiorno) o magari di non averlo più. Così, da un giorno all'altro, persone che cercavano di dare forma a un progetto di vita nella nostra città, sul territorio anche da molti anni, si trovano improvvisamente detenuti e in attesa di essere deportati. Rispediti a forza in Paesi che per i più fortunati significano tragiche condizioni di vita e per i più sfortunati sicure condizioni di morte. Per questo i reclusi inscenano proteste continue, che alle volte danneggiano le strutture in cui sono reclusi (come mercoledì pomeriggio a Torino), altre volte servono a favorire fughe di massa, più spesso si limitano a drammatici atti di autolesionismo (si cuciono la bocca, si tagliano, ingoiano pile, si bruciano). Dentro i C.I.E. (così si chiamano questi lager) sono impegnate le forze di polizia (in pestaggi e tentativi di violenze carnali sulle donne, come accaduto a Milano); associazioni "umanitarie" come la Croce Rossa (nella generosa distribuzione di psicofarmaci, sedativi e medicinali scaduti anche per gravi patologie, cfr. http://piemonte.indymedia.org/article/9360); aziende come la C.A.M.S.T. (nello smistamento di pasti scaduti o conditi con scarafaggi e schifezze varie). L'istituzione di questi centri non risponde a nessuna delle vostre istanze di sicurezza, non sono lì per garantirvi alcun tipo di tranquillità. Sono innanzitutto un monito per gli immigrati, affinché chinino la testa e lavorino a qualunque condizione, affinché non si sentano mai sicuri e li si possa selezionare come si fa con certe bestie. Sono in secondo luogo un efficace mezzo di pressione sui diritti di tutti, perché più gli immigrati son disposti a subire sulla propria pelle e più siamo costretti tutti ad adeguarci a questo gioco perverso, che fa degli immigrati un utile capro espiatorio e del nostro lavoro una merce di scarsissimo valore.

10luglioantirazzista

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