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Immigrati: tra “emergenza” e business

(13 Aprile 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.caunapoli.org

Immigrati: tra “emergenza” e business

foto: www.caunapoli.org

Le rivolte nel Nord Africa hanno sicuramente già prodotto alcuni importanti risultati. Tra questi ci limitiamo a sottolineare il fatto che con la caduta di Ben Alì e Mubarak si sono fortemente indeboliti quegli stati “gendarme” che eseguivano i compiti dettati loro dagli stati europei, Italia in primis. E così la gestione ed il controllo della forza-lavoro, dei flussi di immigrati, non può più essere efficiente come prima. I governi europei, con quello Berlusconi alla testa, sembrano essere molto preoccupati dalla prospettiva di un aumento del numero di immigrati pronti a giungere sulle nostre coste in fuga da condizioni spesso disperate e alla ricerca di un futuro semplicemente dignitoso. E così si affrettano a mandare emissari nelle capitali arabe per chiedere ai reggenti locali di riprendere a svolgere il ruolo di cani da guardia che così bene avevano ricoperto solo fine a qualche mese fa. Da questo punto di vista l’esempio libico era esemplare: Gheddafi trattava con pugno di ferro gli immigrati che da tutto il continente africano giungevano in Libia per dirigersi verso l’Europa: omicidi e veri e propri campi di concentramento nel deserto erano all’ordine del giorno. Ma si sa: occhio non vede, cuore non duole. E le nostre anime pie potevano continuare a stare tranquille e in pace con se stesse.
Con l’indebolimento di questi stati “gendarme” gli immigrati sono tornati ad affluire a migliaia sulle coste italiane e non solo. La classe dirigente ha cominciato a parlare di “emergenza”, un termine cui sempre più spesso se ne associa un altro: business. Ricordate l’“emergenza” terremoto a L’Aquila e in Abruzzo? E quella rifiuti in Campania? Si sono dimostrate ottime occasioni per una gestione sempre più autoritaria dei territori, per sperimentare nuove forme di controllo sociale e per accumulare profitti. Naturalmente sulle spalle della povera gente.

Un recente decreto dirigenziale della Giunta Regionale della Campania ci dà un po’ l’idea di questo legame “emergenza”-business. Dopo una conferenza tra governo, regioni, province autonome ed enti locali, tenutasi il 30 marzo, si è deciso di avviare le procedure per l’accoglienza dei “minori stranieri” arrivati in questi giorni a Lampedusa. A chi è attribuito questo compito? A “soggetti pubblici-privati che gestiscono strutture sociali per l’accoglienza in regime residenziale di minori”. Ma questi soggetti non sono dei benefattori, non fanno del volontariato. Sono delle vere e proprie imprese e riceveranno un compenso per le proprie “prestazioni”. Quanto? “60,00€ al giorno per ogni minore”, spese “a carico del Governo Italiano, anche tramite i Comuni”. Chissà che a breve non esca fuori qualche telefonata (come quella in cui due imprenditori all’indomani del terremoto abruzzese si rallegravano della sciagura ed erano pronti a mettersi subito in moto, perché “un terremoto non capita tutti i giorni”), in cui i nostri capitani d’impresa non esulteranno per questa nuova “emergenza”. In fondo i profitti non guardano in faccia a nessuno. Che ci sia da passare sopra alla salute, all’ambiente, alla vita di uomini, donne e bambini non importa. Il business viene prima di tutto. E non saranno certo alcune migliaia di “negri” a farci cambiare idea.



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