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(1 Settembre 2011) Enzo Apicella

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NARDÒ (LE): I BRACCIANTI IMMIGRATI IN SCIOPERO

(2 Agosto 2011)


A Nardò (Le) centinaia di braccianti immigrati sono in sciopero da tre giorni: nessuno va nei campi a raccogliere pomodori. L’obiettivo dichiarato è il rispetto del contratto provinciale di lavoro, che prevede un tariffario preciso per la raccolta dipomodori: 5,92 euro a ora e 38,49 a giornata (6 ore e 30). La realtà, invece, parla di cifre molto diverse: 3,50 euro a cassone (pari a un’ora di lavoro), quasi la metà del previsto. Alla paga già ridotta (35 € per 10 ore di lavoro) si deve poi sottrarre la mazzetta da versare al caporale per entrare a far parte dei gruppi che quotidianamente vanno sui campi (da 3 a 5 euro) e il prezzo da pagare per essere portati sui luoghi di lavoro (3 euro). Alla miseria retributiva si aggiunge il fatto che gli ingaggi legali sono quasi inesistenti, la maggior parte del lavoro viene svolto in nero, l’assistenza sanitaria è assente e i contributi previdenziali pure.
Lo sciopero è iniziato sabato 30 luglio. Due sono stati gli episodi che hanno fatto esplodere la protesta.
40 braccianti migranti stavano raccogliendo pomodori: quando il caporale ha chiesto loro di svolgere un’ulteriore mansione, la suddivisione dei pomodori per calibro, hanno chiesto un adeguato aumento di compenso. Ovviamente non lo hanno ottenuto, come è accaduto altre volte. Ma a differenza delle altre, questa volta tutti e 40 i braccianti hanno deciso di non prestarsi all’ennesimo sopruso e di spontanea iniziativa hanno abbandonato il campo interrompendo la raccolta.
L’altra miccia è stata la morte di un tunisino di 34 anni, stroncato da un infarto mentre lavorava. Dopo la sua morte, i connazionali hanno bloccato la strada statale 101 Lecce-Gallipoli. Nella masseria dove dormono è stata indetta una assemblea auto-organizzata a oltranza. Gli immigrati rifiutano di tornare nei campi finché i proprietari non aumenteranno la paga.
Da 20 anni nelle campagne leccesi cresce lo sfruttamento, strutturale e diffuso, di centinaia di stagionali migranti. Le condizioni di indigenza e la drammatica precarietà in cui vivono li costringono, ogni mattina, a cercare di essere reclutati dai caporali per paghe da miseria. La quantità di forza lavoro disponibile eccede di gran lunga la reale necessità di impiego, producendo il livellamento verso il basso dei salari e il peggioramento delle condizioni di sfruttamento.
Mentre i braccianti scioperano a Nardò, a Bari altri migranti rinchiusi nel Cara di Palese sono evasi da quello che di fatto è un carcere, hanno occupato i binari delle FS e della Bari Nord e la tangenziale, rivendicando il rilascio dei documenti, permesso di soggiorno o asilo politico, e ingaggiando duri scontri con la polizia in assetto antisommossa che alle loro sassaiole ha risposto con lacrimogeni e idranti.
Tra i migranti del Cara, quelli che passano (non si sa per quanto tempo e con quale trattamento “civile”) dalla tendopoli di Manduria e quelli che vengono sfruttati nelle campagne pugliesi, c’è un forte legame: sono a disposizione degli interessi delle imprese, agricole e non solo, e del caporalato per fornire forza lavoro a basso costo. Di questo meccanismo sono responsabili e complici sia il Governo nazionale, che li chiude nei Cara o li lascia volutamente nella clandestinità per essere più ricattabili, sia la Regione Puglia, che col suo ipocrita “buonismo democratico” cerca di mascherare la falsa accoglienza istituzionale presente in Puglia.
Operai, appoggiamo la lotta dei migranti in sciopero e in rivolta. La loro lotta per i diritti e la liberazione dallo sfruttamento è la nostra lotta.
SALUTI OPERAI DALLA PUGLIA

www.operaicontro.it

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