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(29 Marzo 2012) Enzo Apicella
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I Sindacati e il Governo

(12 Gennaio 2012)



In una nota del 20 dicembre avevo lanciato la idea di promuovere un Governo tecnico dei Sindacati in sostituzione del Governo tecnico dei capitalisti.
Questa proposta puó sembrare senza base reale. Peró qual è la base reale del Governo Monti? Il suo non é un governo formalmente legittimo ma é un governo imposto dalla Corte europea rappresentante degli interessi dei grandi capitalisti. Esso é direttamente un governo di classe, della classe capitalista. Non si nasconde nemmeno sotto la finzione di elezioni democratiche. Nominato direttamente dalle banche. (Lasciamo stare per un momento Napolitano e tutta la messinscena della nomina a senatore e poi l’incarico a formare un “governotecnico”). Si tratta di un governo cosí sfacciato che dichiara apertamente che una situazione di crisi traumatica puó finalmente creare le condizioni per fare accettare alle masse un corso nuovo nell’economia: concetto espresso quasi testualmente da Fornero. Evidentemente anche lei si é nutrita da Naomi Klein, solo che invece di denunciare la schokdoctrine cerca di applicarla. Le misure che ha giá preso e che prenderá questo governo sono quelle di trasferire in maniera diretta o indiretta una parte del reddito dei lavoratori nelle casse dei grandi capitalisti-finanzisti: una redistribuzione del reddito dai piú poveri verso i piú ricchi.
Finora questo governo non ha nemici. Al massimo gli si rivolgono suppliche, suggerimenti, incoraggiamenti. Una grande nube di illusioni copre il Paese.
Se questo é un governo apertamente della classe capitalista, l’unica classe che gli si puó opporre é quella dei lavoratori, ovvero dei suoi antagonisti. Ma i lavoratori in Italia, e ormai quasi dappertutto, non hanno un proprio partito. Cosa fare?
I Sindacati sono organizzati secondo una struttura burocratica centralistica non dissimile a quella della Chiesa cristiana. Ma di cosa vivono? Da dove prendono la ragione della propria esistenza? Queste sono questioni che bisogna affrontare non un punto di vista statico - loro sono cosí e basta - ma da un punto di vista attivo, dinamico. Proprio nel momento in cui gli attacchi alle condizioni di vita dei lavoratori (comprendendo in questo termine anche gli studenti, i pensionati, le donne e gli uomini senza lavoro, e naturalmente gli immigrati) diventano piú diretti, questi tendono a difendersi e i Sindacati devono intervenire per difendere la propria base di esistenza. Magari per poi svendere eventuali conquiste. Ma non hanno altra scelta che atteggiarsi a difensori dei lavoratori. Ora se si trattasse di un intervento solo verbale da parte della burocrazia sindacale, la base troverebbe altri mezzi per esprimersi. Non a caso Camusso evoca possibili “scontri sociali”. Ovvero, mette in guardia il capitalismo: alla nostra capacitá di controllo della massa c’é un limite!
La risposta corretta al “Governo tecnico dei capitalisti” sarebbe quella di un “Governo dei lavoratori” con delegati eletti e revocabili dai lavoratori delle fabbriche e dei campi, degli studenti, della popolazione dei quartieri. Ma questi organismi ancora non esistono. Peró potrebbero prodursi come risultato dello scontro sociale. Nel frattempo é necessario non dare tregua a Monti, non credergli, non dargli il vantaggio di colpire per primo, di darsi una forma di rappresentante legittimo. Contestare direttamente il governo. Se i capitalisti hanno messo al governo i banchieri, i lavoratori rivendicano invece un governo dei propri organismi, che al momento sono solo i Sindacati. Si tratta di una proposta che ha lo scopo di essere prima di tutto un momento di presa di coscienza della propria posizione: loro sono lí e noi siamo quí. Ma che puó avere una azione di stimolo alla discussione a pensare reali alternative di lotta. Perché i Sindacati di fronte alla necessitá di far fronte alla mobilitazione e alla rabbia delle masse, indirranno scioperi, faranno dei raduni, senza con questo scalfire la politica del governo.
La proposta di sostituire questo governo con un Governo dei Sindacati puó servire a promuovere la presa in esame di quale alternativa, anche formale, si potrá imporre quando la massa ne avrá la capacitá.
Il fatto é che bisogna uscire dall’impasse. Ormai c’é un solo protagonista a occupare la scena e che ha una piece da rappresentare. Per farlo scendere dal podio é necessario un altro protagonista e con un altro programma. Siamo in una fase di transizione e anche i Sindacati sono in questo processo. In vari Paesi i Sindacati stanno andando incontro a un processo di rotture, ristrutturazioni, democratizzazione. Non c’é ragione per escludere che un processo del genere non avverrá anche in Italia. Le mobilitazioni del 1967-68 fecero sorgere i Consigli di fabbrica, all’epoca esempio mondiale, I tempi certamente sono cambiati, ma le classi sono rimaste: capitalisti contro lavoratori



10/1/2012

Nicolai Caiazza

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