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(3 Agosto 2012) Enzo Apicella

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(Call center e lotta di classe)

Call center: triplicati gli addetti

(21 Ottobre 2004)

Intervistatori telefonici, televenditori, addetti all'assistenza clienti, addetti al recupero crediti, consulenti finanziari; è assai vario il mondo dei call center, un fenomeno globale che sta investendo tutti i settori produttivi ma sopratuttto Tlc, Tv e Internet.

Un boom che in quattro anni ha fatto triplicare il numero degli addetti che passano così da 73mila a 192mila. Dati alla mano, secondo quanto rilevato dall'Osservatorio Contact Center, lo sviluppo del settore è stato vertiginoso anche a causa degli strumenti della legge Biagi, con gli oltre 10mila contratti a progetto conclusi nel corso del 2004. In Italia, la maggiore concentrazione di call center è in Lombardia e Lazio (rispettivamente con 22.100 e 16.100 postazioni-operatore). Seguono poi le 8.800 postazioni di Sicilia e Sardegna, le 6.300 del Piemonte, le 6.000 dell'Emilia-Romagna, le 5.350 della Toscana e le 4.800 della Campania.

Complessivamente l'età media degli addetti è di 28 anni, con una prevalenza significativa di donne (62%). Elevato anche il livello di istruzione: il 67% degli operatori sono diplomati e il 31% laureati. I lavoratori dei call centre sono dunque prevalentemente giovani: hanno maggior dimestichezza con le nuove tecnologie, tempi di apprendimento brevi e una maggiore disponibilità ad un lavoro flessibile, per certi aspetti molto stressante. L'attività è infatti spesso caratterizzata da sovraccarichi di lavoro, rigidi sistemi di controllo, monotonia e ripetitività dei compiti, forte intensità dei ritmi, saturazione dei tempi.

Per il campione intervistato, la Legge Biagi produrrà nei call center un significativo aumento della flessibilità (45% delle aziende intervistate), ma i tempi di attuazione saranno necessariamente medio-lunghi (39%). Sempre secondo il parere degli intervistati le forme contrattuali più valide sono i contratti a progetto (50%), la somministrazione di lavoro a tempo determinato (44%) e il part-time riformato (37%).

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