">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

A.D. 2010

A.D. 2010

(21 Maggio 2010) Enzo Apicella
Creata la vita in laboratorio. Lo scienziato Craig Venter ha creato una cellula a partire da sostanza chimiche.

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Stato e istituzioni)

ARTICOLO 138: DIRITTO COSTITUZIONALE, PRINCIPI SUPREMI

(10 Settembre 2013)

L’attacco frontale alla Costituzione da parte della maggioranza delle “larghe intese” è già stato avviato perseguendo la strada della modifica dei tempi previsti dall’articolo 138.
Una brusca accelerazione per rendere, come ha spudoratamente dichiarato il capogruppo del PDL in Commissione Affari Costituzionali: “produttivo il procedimento di riforma”.
Come se cambiare la Costituzione costituisse un fatto di “produttività”.
Nel quadro di una ferma opposizione che deve essere condotta al riguardo di questo pericoloso processo che si è messo in moto e ricordando come, nel 2006, il referendum bocciò una proposta di revisione costituzionale avanzata dal centrodestra che già conteneva elementi che saranno riproposti in questa in occasione in particolare sul terreno del restringimento dei margini di agibilità democratica, è il caso allora di approfondire alcuni temi legati a lettera e spirito – appunto – dell’articolo 138.
Il doppio binario che i Costituenti tracciarono per l’applicazione di quest’articolo fu frutto di grande saggezza.
Il tema da sviluppare nel corso di questo intervento è però quello della revisionabilità della Costituzione, partendo dal principio che vi sono parti “intoccabili”.
“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”: se questo principio di fondo fosse collegato strettamente all’articolo 139 si dovrebbe propendere per un’interpretazione restrittiva della locuzione “forma repubblicana”, riducendola cioè a quella scelta della repubblica, anziché della monarchia, che gli elettori espressero nel 1946.
Invece è fin qui prevalsa un’interpretazione estensiva, che deve essere confermata, tale da comprendere la “forma repubblicana” tale da comprendere non solo il carattere elettivo del Capo dello Stato, ma il principio stesso della sovranità popolare.
Perciò, nell’interpretazione che ha fin qui prevalso il collegamento deve essere compiuto tra l’articolo 139 e l’articolo 1 considerando cioè il carattere democratico della Repubblica strettamente connesso con la “forma repubblicana”.
In questo modo il “limite esplicito” alla riforma costituzionale si allarga e si arricchisce di molto perché si pongono al riparo della revisione anche quei principi che sembrano indispensabili per poter definire “democratico” un ordinamento politico e che, in particolare, negli ultimi tempi sono stati clamorosamente violati come nel caso della legge elettorale vigente che non pone l’elettore sul piano di eguaglianza: non a caso siamo in attesa di un giudizio di costituzionalità da parte della suprema Corte. Un esempio unico al mondo.
L’ordinamento democratico che la nostra Costituzione prevede è fondato, nella parte in cui si disegna la struttura istituzionale, nella centralità del Parlamento e delle assemblee elettive locali: principio apertamente violato dall’inserimento di norme tese a privilegiare e porre al riparo dal dibattito politico gli esecutivi in nome di una governabilità intesa quasi come un feticcio, e dall’elezione diretta a cariche monocratiche.
La sostanza del disegno che emerge dalla Costituzione Repubblicana in tema di forma di governo escluderebbe dunque l’ipotesi presidenzialista che, invece, appare essere in campo in una visione bipartisan collegata all’esercizio che di questa carica ha fatto l’attuale presidente della Repubblica, schieratosi apertamente nei fatti se non nelle parole con un’ipotesi di esercizio sostanzialmente autoritario e personalistico del suo mandato.
Recentemente la Corte Costituzionale ha più volte affermato la non derogabilità dai “principi supremi”.
Ebbene: nel condurre una ferma opposizione al disegno di revisione costituzionale è necessario far passare, sul terreno culturale e sul piano politico, l’idea che il disegno della repubblica parlamentare contenuto nella Costituzione fa parte, sicuramente, di questi “principi supremi”.
L’impianto della democrazia parlamentare si basa, infatti, su norme che garantiscono il carattere rappresentativo delle istituzioni, l’eguaglianza nel voto (si dovrebbe aprire qui un discorso sulla legge elettorale, che come è noto non fa parte delle leggi di tipo costituzionale, ma appare evidente che sia il sistema proporzionale quello che garantisce proprio l’effettiva eguaglianza del voto), la piena possibilità di espressione per tutte le “sensibilità” politiche presenti nel Paese.
Insomma: il minimo delle garanzie esigibili per poter considerare un sistema politico come effettivamente democratico.
Ci stiamo incamminando, insomma, su di un percorso sbagliato e molto pericoloso per la qualità della nostra democrazia: in tutte le sedi possibili, sia dal punto di vista giuridico, sia sotto l’aspetto delle possibili espressioni di un dissenso di massa è necessario far sentire la voce dell’opposizione.
Avendo chiaro, però, un principio questa volta di tipo squisitamente politico: di opposizione deve trattarsi a livello di sistema, perché coloro i quali propongono questo tipo di modifiche (PD e PDL tanto per intenderci) dimostrano ampiamente di avere elementi in comune sul terreno di una visione autoritaria e “non costituzionale” della democrazia.
E’ necessario demistificare il quadro che abbiamo di fronte: la battaglia per l’attuazione piena del dettato costituzionale deve essere collegata al quadro di lotte sociali in corso dentro al dramma della crisi capitalistica in atto e ad un’ipotesi politica di autonoma costruzione di un’alternativa.

Franco Astengo

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «"Terza Repubblica"»

Ultime notizie dell'autore «Franco Astengo»

7354