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(15 Febbraio 2014)
È ancora bufera sull’aeronautica campana: dopo le vicende che hanno coinvolto gli stabilimenti Alenia e Selex, questa volta è la DEMA ad essere nell’occhio del ciclone. Dipinta come fiore all’occhiello dell’aeronautica made in Italy, gioiello tecnologico all’avanguardia, con commesse dalle stesse Alenia e Selex, oltre che da Boeing, Agusta, Airbus Military, Bombardier, MBDA, Avio Aero e altri. Eppure DEMA ha da poco annunciato 61 licenziamenti e 40 mancati rinnovi di contratti a termine per gli addetti degli stabilimenti di Somma Vesuviana e Pomigliano d’Arco (altre sedi produttive sono presenti a Paolisi (BN), Brindisi, Tunisi, Montreal).
A dire il vero, non si tratta di un fulmine a ciel sereno. Già nel maggio del 2013 i dipendenti di Somma, Pomigliano e Brindisi (e quelli di Tunisi in solidarietà con i colleghi italiani) erano entrati in sciopero per i ritardi nel pagamento degli stipendi, il mancato versamento dei contributi previdenziali all’Inps e al fondo Cometa e l’annuncio del piano di ristrutturazione industriale.
All’epoca, nonostante la crescita delle commesse dimostrata dal regolare ricorso al lavoro straordinario, i vertici dell’azienda dichiararono di aver contratto circa 80 milioni di debiti con Inps, Cometa, vari fornitori e Enel (tanto che gli stabilimenti restarono senza fornitura elettrica per alcuni giorni).
Il piano di ristrutturazione industriale, che dovrebbe concludersi nel 2017, è giustificato dalla necessità di accedere ai prestiti necessari a coprire i debiti. Prestiti che, a sentire i sindacati, pare le banche non siano disposte a concedere senza una significativa riduzione del personale.
In assenza di significative novità e con le 61 procedure di mobilità e i 40 mancati rinnovi ancora sul piatto, a Somma e a Pomigliano i lavoratori hanno reagito in questi giorni con uno sciopero di due ore a turno.
Fonti:
Il Mediano 1 - 2
Per approfondire:
Finmeccanica: è l’ora delle lacrime per i lavoratori
clashcityworkers.org
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